Da qualche tempo è in circolazione tra gli addetti ai lavori un nuovo parametro con cui misurare una prestazione sportiva, in particolare nel calcio: la potenza metabolica. A introdurre questa rivoluzione nella misurazione della qualità prestativa dell’atleta è stato il prof. Di Prampero con uno studio pubblicato diversi anni fa (2005) nel quale si definisce che a differenza di quanto accade nella corsa a velocità costante, nel calcio, come in altri sport “situazionali”, il costo energetico della corsa in accelerazione è maggiore di quello a velocità costante perché il soggetto deve spendere energia anche per aumentare la propria energia cinetica. Pertanto è stata definita la seguente formula: Potenza Metabolica = Costo Energetico*Velocità. Inoltre è stato introdotto il concetto di Distanza Equivalente, parametro definito nella seguente espressione: DE=DT*1,22; per esempio, la distanza di 10.500 m percorsa, con accelerazioni, in una partita di calcio, equivale a 12.871 m corsi a velocità costante ed è stato definito con AI (Indice di Anaerobiosi) il rapporto tra i joule prodotti oltre i 20 watt e i joule totali.
Applicazioni del concetto di potenza metabolica
Dal punto di vista biomeccanico, in prima approssimazione, la corsa in piano in accelerazione è equivalente alla corsa in salita a velocità costante. In una partita di calcio vengono effettuate molte accelerazioni e decelerazioni, seguite o precedute da fasi di cammino o corsa a velocità medio-bassa, ma non si era mai potuto quantificare indirettamente la potenza erogata da queste variazioni.
Fino a ieri si continuava (e si continua tuttora) a far riferimento ai km percorsi oppure a quanta strada percorre il calciatore quando va oltre una determinata velocità stabilita arbitrariamente (in genere si considera alta intensità tutto ciò che avviene oltre i 16 km/h, ma qualcuno ha proposto anche valori maggiori). Addirittura tali indici sono stati utilizzati per la valutazione dello stato di forma del calciatore stesso: in pratica si ritiene che più metri vengono percorsi a quella velocità, più il calciatore è in forma. È sufficiente pensare che in uno sprint la potenza media nei primi 30 m (circa 4 s) è 65 W/kg. Un valore di VO2max (massimo consumo di ossigeno) di 75 ml/(kg/min) al di sopra del valore di riposo che corrisponde a 26 W/kg. Quindi, se per qualche motivo tattico, l’atleta non supera mai i 16 km/h, ma effettua continue accelerazioni e frenate anche di pochi secondi, avrebbe una potenza metabolica di oltre 50 watt/kg pari a circa 3 volte il suo VO2max, ma secondo la classificazione dell’attuale match analisys nessuno se ne accorgerebbe. Pertanto, secondo l’autore ed i suoi collaboratori, per rilevare tutte queste variazioni e misurarle, il GPS (in alternativa alla Video Analisi) risulta lo strumento più appropriato perché con questa strumentazione si possono valutare anche tratti non obbligatoriamente lineari o con cambio di senso, misurare velocità, accelerazioni e potenze su percorsi misti con cambi di direzione (CdD).

La potenza metabolica può risultare molto utile per capire in modo semplice come il peso superfluo penalizzi la corsa di resistenza
Negli ultimi tempi questa tipologia di valutazione sta diventando il lavoro principale del preparatore atletico del calcio moderno (nei club più organizzati si è creata una figura ad hoc, l’analizzatore dati), impegnato non più a proporre lavori “a secco” derivati dall’atletica leggera, ma altresì impegnato a creare “allenamenti funzionali” al calcio e “allenamenti situazionali”, cioè simili a ciò che avviene durante una partita di calcio, per poi “analizzare” quanto rilevato con i GPS e stabilire se il “volume” di allenamento sia stato più o meno adeguato allo scopo, per poi concordare con l’allenatore i lavori futuri. La tipologia di allenamento più utilizzata da questa nuova scuola di pensiero è quella degli small sided games cioè partitelle in spazi ridotti e con regole diverse.
Il limite di questa nuova metodologia di allenamento è quello rappresentato dalla difficoltà di arrivare a livelli di intensità dell’attività fisica che nel lavoro a secco si raggiungono molto più facilmente. Solo con mezzi e personale adeguato e lavorando su calciatori dotati di un notevole tasso tecnico, questo tipo di esercitazioni può sostituire efficacemente i tradizionali lavori a secco.
Abbiamo chiesto a Roberto Albanesi un parere sulle conclusioni del prof. Di Prampero. Ha aggiunto all’articolo il paragrafo seguente, paragrafo che contiene interessanti riflessioni che vanno al di là della semplice valutazione della grandezza fisiologica.

La potenza metabolica è un parametro spesso utilizzato in ambito calcistico
Potenza metabolica: il parere di Roberto Albanesi
Il concetto di potenza metabolica rischia di essere solo di interesse teorico perché, di fatto, è piuttosto astratto. In primis sulla definizione. Dal punto di vista fisico, la potenza metabolica risulta espressa da molti autori in W/kg e quindi non è una potenza (sarebbe espressa in W), ma una nuova grandezza che esprime la potenza riferita all’unita di peso del soggetto (per curiosità, W/kg è il tasso di assorbimento specifico delle emissioni dei cellulari).
In secondo luogo, appaiono forzate le relazioni fra potenza e massimo consumo d’ossigeno. La potenza espressa in uno scatto è in gran parte dovuta al meccanismo anaerobico alattacido e quindi il concetto di massimo consumo d’ossigeno (concetto che interviene nei processi anaerobici lattacidi) c’entra ben poco. Nelle molte accelerazioni submassimali (per percorrere tratti dai 5 ai 30 m) il meccanismo lattacido è marginale perché, di fatto, il soggetto simula una partenza di una gara di fondo (per esempio al suo ritmo dei 10000 m).
Se
Massima Velocità Aerobica (MVA) = (F*VO2max)/Cr
(VO2max: massimo consumo di ossigeno, F: massima frazione di VO2max sostenibile per tutta la durata della prestazione, Cr: costo energetico della corsa), più il costo energetico sarà basso e più la MVA sarà alta e, poiché, a parità di velocità, la potenza metabolica (Cr*v) influenzerà tale relazione, sembra che sia importante. Ma, da un punto di vista pratico, il costo energetico può essere abbassato solo mutando le strategie di movimento sul campo, cosa non sempre possibile. Da rilevare che se F è sufficientemente alta, la relazione dice anche che a parità di Cr, la velocità aumenta e può essere più che sufficiente agli scopi calcistici. Per intenderci, se la F fosse quella di un maratoneta (75%), la massima velocità aerobica sarebbe più che sufficiente per giocare un’ottima partita anche con i tempi supplementari! Da un punto di vista pratico l’allenamento dovrebbe aumentare F piuttosto che ridurre (ammesso sia possibile in misura significativa) Cr.
In sintesi, la potenza metabolica non misura lo stato di forma del giocatore, perché non è altro che una nuova riedizione del prodotto F*VO2max; può essere utile perché più facilmente misurabile (con le attuali tecnologie GPS) proprio per trovare F che è il parametro che dà la vera caratura aerobica dell’atleta e la bontà del suo allenamento aerobico.
Come stanno le cose – Mentre ero alle medie, una giornata di luglio molto afosa, osservando i dati delle distanze dei pianeti dal sole e quelli dei loro periodi di rivoluzione, riscoprii per caso la terza legge di Keplero, esprimendola in una forma diversa (ma sostanzialmente equivalente) a quella dell’astronomo tedesco. Andai a leggermi un libro di astronomia e scopri che ero arrivato con parecchi secoli di ritardo. L’episodio mi fece capire che è molto importante evitare di scambiare per nuove scoperte semplici riedizioni di ciò che si sa già (un po’ come accade con i remake di grandi capolavori cinematografici).
Il costo energetico della corsa non è che la quantità di energia spesa per unità di distanza. Se lo moltiplichiamo per la velocità (spazio/tempo) otteniamo un’energia. Tutto corretto: E=Cr*v.
La potenza metabolica non esprime altro che la capacità del soggetto di produrre energia nell’unità di tempo. Questo è molto importante perché chiarisce il fatto che
se è vero che il consumo nella corsa dipende praticamente solo dalla distanza percorsa e dal peso del soggetto, più la potenza metabolica è alta e più il soggetto è in grado di bruciare energie nell’unità di tempo.
Questo spiega l’errore di molti che pensano che più l’atleta è performante più brucia correndo; in realtà, a parità di peso, un jogger qualunque e un campione olimpico che percorrono 10 km bruciano la stessa quantità di calorie, ma il campione olimpico ci mette la metà del tempo perché ha una potenza metabolica doppia!
Il fattore peso – La potenza metabolica può risultare molto utile per capire in modo semplice come il peso superfluo penalizzi la corsa di resistenza. In letteratura, con calcoli anche molto complessi, si stima che un kg di peso superfluo penalizzi la corsa di resistenza di circa 2,5″/kg (per un soggetto di circa 70 kg). L’evidenza suggerisce che praticamente tale dato è sottostimato; ciò può essere compreso usando proprio il concetto di potenza metabolica. Supponiamo che, a parità di allenamento, un soggetto di 60 kg aumenti istantaneamente di 4 kg. La sua potenza metabolica resta immutata, ma la sua velocità v=E/Cr diminuisce perché Cr è aumentato del 6,66%. La nuova velocità sarà 60/64 di quella originaria: un soggetto che andava a 4’30″/km, ora andrà a 4’48″/km; perdendo 18″, cioè 4,5″/kg.
- Michelangelo Di Maio
- Dottore magistrale in scienze motorie
- Business & Sport Coach
- michelangelodimaio@ischia.it