Il kendo è un’arte marziale di origine giapponese che ha le sue radici nelle tecniche di combattimento con la spada tradizionale giapponese (la katana) utilizzate anticamente dai samurai. Il termine kendo significa letteralmente “la via della spada”, stando a indicare l’evoluzione della disciplina verso una dimensione di crescita personale da mettere in atto attraverso l’allenamento, più che lo sviluppo fine a sé stesso di tecniche di combattimento con la spada. Il kendo è quindi una forma di scherma in cui si studia l’utilizzo della spada giapponese, la katana, che viene però sostituita da specifici attrezzi per poter essere praticata in sicurezza. In particolare, durante il combattimento e nelle fasi dell’allenamento in cui è previsto di colpirsi, si utilizza uno shinai, un attrezzo costituito da quattro stecche di bambù tenute insieme da specifici lacci e dall’impugnatura cilindrica. Durante lo studio dei kata (sequenze codificate di tecniche aventi una particolare rilevanza didattica) è invece usato un bokken o bokuto, ovvero una katana di legno.
Il kendo a livello mondiale si omologa alle prescrizioni della World Kendo Federation. Nonostante questo, il kendo non è mai divenuto sport olimpico in quanto la federazione mondiale non ha approvato finora tale decisione, probabilmente per il timore di ledere la parte più tradizionale della disciplina in funzione di un approccio eccessivamente orientato allo sport e alle competizioni.
Abbigliamento
Il kendo si pratica con uno specifico abbigliamento composto da una casacca a maniche lunghe, il keikogi, sopra la quale si indossa un indumento particolare, chiamato hakama che di fatto consiste in pantaloni con le gambe molto larghe (tanto da sembrare una tunica) e con numerose pieghe, che si lega ai fianchi con degli specifici lacci. Entrambi questi indumenti sono tradizionalmente di colore blu scuro, anche se è ammesso, ma molto meno usato, il bianco. Al contrario del karate o del judo, nel kendo non si indossano cinture colorate, sebbene esista comunque un analogo sistema di gradi che si acquisiscono a livelli, superando specifici esami.
Sopra questa tenuta è poi indossata una caratteristica corazza, chiamata bogu, che consente di colpirsi in sicurezza con lo shinai. Il bogu è costituito da un cinturone con delle parti rettangolari sporgenti che proteggono genitali e cosce (tare), un corpetto rigido che protegge busto e fianchi (do), dei guantoni che proteggono mani, polsi e avambracci (kote) e una maschera rinforzata con una gabbia metallica frontale che protegge il viso, le spalle e la gola (men). Prima di indossare il men ci si avvolge attorno alla testa una specie di largo fazzoletto che ha la funzione di impedire ai capelli di finire davanti agli occhi, di trattenere il sudore e di migliorare la comodità del men.

Abbigliamento da kendo: men, kote, do, tare and shinai
Kendo – Tecniche
Il kendo prevede esclusivamente colpi portati con lo shinai o il bokken, mentre non sono previste proiezioni e colpi a mani nude. Essendo la katana una spada che presenta un solo lato tagliente, le principali tecniche sono fendenti. I colpi di base sono solo quattro, nonostante esistano tantissime varianti: il fendente alla testa (chiamato “men”, come la maschera che protegge il viso), il fendente al polso (chiamato kote), il fendente al fianco (do) e un unico affondo con la punta dello strumento, lo tsuki, che può essere portata alla gola. Quest’ultimo colpo va praticato solo se si è esperti in quanto è il più rischioso.
Oltre ai colpi, esistono poi le tecniche di contrattacco (oji waza), che, nella logica del kendo, non sono mai una semplice parata fine a sé stessa o la neutralizzazione del colpo avversario, bensì dovrebbero comunque essere sfruttate per creare un’apertura nella guardia dell’avversario e permettere un attacco. Il kendo è quindi un’arte marziale decisamente orientata a un combattimento attivo.
Se la guardia avversaria risulta molto statica o chiusa è considerata assolutamente centrale la capacità di crearsi l’opportunità per effettuare un colpo valido (ippon), incalzando l’avversario per portarlo a scomporsi. Questo atteggiamento di pressione e minaccia è assolutamente centrale nel kendo e prende il nome di seme. Il seme può essere messo in atto in vari modi: mediante piccoli movimenti o passi in avanti per accorciare la distanza e far sentire “sotto scacco” l’avversario, ma anche con apposite tecniche in cui, per esempio, si rompe fisicamente il centro dell’avversario sbalzando lateralmente il suo shinai con un movimento circolare del proprio attrezzo. In ogni caso quello che risulta determinante è l’atteggiamento, con i praticanti più avanzati che generalmente inducono l’avversario a scoprirsi con il minimo dispendio di energie e movimento.
Nel kendo la distanza di studio da cui generalmente si portano i colpi è a medio-raggio, con le punte degli shinai o dei bokken che si toccano. Esiste però anche la possibilità, per esempio a seguito di un attacco che è stato bloccato, di trovarsi a distanza ravvicinata in un corpo a corpo (tsubazeriai) a seguito dell’iniziale collisione (taiatari). In questo frangente è possibile portare colpi muovendosi all’indietro.
Kendo – Allenamento
Come avviene per molte altre arti marziali giapponesi, come il karate, anche nel kendo l’allenamento può essere diviso in tre momenti distinti, il kihon, i kata e il gigeiko.
Il kihon rappresenta lo studio dei fondamentali e di tutte le tecniche di base. Tale studio non è esclusivo appannaggio dei principianti, bensì è portato avanti tutta la vita. Le tecniche possono essere eseguite in diverse modalità, individualmente, in gruppo oppure a coppie.
I kata sono costituiti da sequenze precodificate di tecniche che rappresentano duelli con la spada ideali e dallo scopo fortemente didattico. I kata nel kendo sono dieci e una particolarità che li contraddistingue è che si eseguono in due (occorre quindi imparare venti sequenze perché i due “ruoli” sono diversi). I primi sette kata prevedono che entrambi i contendenti utilizzino un bokken che rappresenta la katana, la spada lunga, mentre gli ultimi tre kata prevedono che uno dei due praticanti utilizzi la spada lunga e l’altro un bokken più corto.
Il gigeiko invece consiste nel combattimento libero. Sebbene esistano anche forme di esercizio intermedie fra lo studio delle singole tecniche e il combattimento libero, il gigeiko è considerato fondamentale e la parte finale di ogni lezione è tendenzialmente riservata a tale pratica.
L’allenamento inizia e finisce con una cerimonia di saluto in cui ci si dispone in fila in ordine di grado di fronte all’istruttore (sensei) e da questa posizione ci si siede sui talloni (seiza), si pratica qualche momento di respirazione per concentrarsi dopodiché si eseguono due inchini successivi (sia gli allievi che l’istruttore si inchinano due volte) come gesto di rispetto reciproco rivolto all’istruttore e ai compagni di pratica.
Il kendo, non prevedendo proiezioni o cadute, non è praticato su tappeti morbidi come avviene nel karate o nel judo (tatami), bensì su pavimentazioni rigide, possibilmente in legno.

Praticanti del kendo in allenamento
Caratteristiche
I colpi sono pressoché sempre portati con un passo particolare e caratteristico di questa disciplina, chiamato fumikoshi ashi, il cui corretto apprendimento risulta spesso ostico per il praticante. Tale movimento consiste in un lungo slancio frontale (ma esiste anche la versione all’indietro), con il baricentro in avanti, in cui la gamba posteriore risulta in fase di spinta. Il momento di appoggio della gamba anteriore sfrutta l’energia del movimento per richiamare repentinamente la gamba posteriore e proseguire lo slancio, con una sorta di rimbalzo. Tale movimento risulta quindi in attacchi molto esplosivi (spesso quasi simultanei fra i due contendenti). Per poter realizzare un colpo valido (ippon) l’impatto al suolo con la gamba anteriore dovrebbe essere pressoché simultaneo all’impatto dello shinai sul bersaglio (per esempio un colpo alla testa). Inoltre, per essere riconosciuto come valido ogni colpo deve essere necessariamente accompagnato dall’utilizzo della voce, ovvero occorre “urlare” mentre si colpisce per manifestare determinazione, energia e completa presenza mentale. Questo “urlo” prende il nome di kiai. Generalmente si urla il nome del colpo che si sta eseguendo. Si può realizzare così una delle condizioni fondamentali perché il colpo portato possa essere riconosciuto come valido (per esempio nel contesto di un torneo o di un esame per il passaggio di grado), ovvero il concetto di ki-ken-tai no ichi, che tradotto letteralmente significa che “spirito, spada e corpo sono una cosa sola”. I colpi, molto veloci e definitivi, dal momento che ci si getta in avanti con tutto il corpo, obbligano il praticante a coltivare un’azione immediata, intuitiva e priva di tentennamenti. A volte si usa dire che, in questo contesto specifico, l’azione arriva prima del pensiero.
Kendo – Gradi
I gradi nel kendo vanno inizialmente da quello di sesto kyu fino al primo kyu, grado al quale è comunque possibile accedere in tempi anche relativamente brevi (non vi è nessun obbligo temporale prima di poter tentare l’esame che permette di acquisire questo grado). Dopodiché inizia il sistema dei dan, molto più difficili da ottenere all’aumentare del livello. Si va dal primo all’ottavo dan e, a differenza di molte arti marziali dove gli ultimi dan sono conferiti per meriti, tutti i dan del kendo richiedono un esame che consiste essenzialmente in due combattimenti, compresi gli ultimi gradi (settimo e ottavo dan) che tendenzialmente sono tentati in tarda età. Durante tali combattimenti, generalmente piuttosto brevi, l’aspirante deve dimostrare alla commissione esaminatrice la qualità del proprio kendo e di aver maturato i requisiti necessari a scalare il proprio grado. Se si passa la fase di combattimento si deve confermare la promozione eseguendo correttamente i kata. In alcuni casi è prevista anche una prova scritta.
Competizioni
Come anticipato in apertura, il kendo non è una disciplina olimpica. Tuttavia, esiste comunque una dimensione agonistica della pratica. Tornei individuali o a squadre sono frequentemente organizzati ed esistono i campionati del mondo. La competizione fra due avversari prende il nome di shiai, e consiste in un combattimento, generalmente di tre o cinque minuti, in cui vince il praticante che riesce a ottenere due colpi validi, gli ippon, oppure che risulta in vantaggio allo scadere del tempo. In caso di parità si procede allo spareggio. Un aspetto interessante è che soventemente nei tornei di kendo non esistono categorie di peso o categorie diverse in funzione del grado, dell’età, dell’altezza ecc. Nel caso di contesti ufficiali, come i campionati del mondo, ci si divide invece generalmente per sesso, ma nei tornei “locali” spesso nel kendo gli scontri sono completamente misti.
Kendo – Benefici
Il kendo è un’arte marziale molto intensa, che consente di allenarsi vigorosamente e impegnativamente anche una volta raggiunta la maturità, contribuendo a mantenere il corpo elastico e reattivo. I movimenti devono essere ben padroneggiati affinché possano essere praticati tutta la vita riducendo al minimo le probabilità di infortunio. A discapito dell’impatto visivo iniziale, nel kendo praticato correttamente, non ci si fa male colpendosi col lo shinai sulle apposite protezioni e anzi per essere efficace necessita di grande rilassatezza e scioltezza, qualità che, infatti, generalmente non mancano ai praticanti più esperti.
Da un punto di vista meno atletico, è giusto sottolineare come molte arti marziali, fra cui sicuramente anche il kendo, esaltano valori etici come il rispetto reciproco. Un chiaro esempio è legato al saluto: all’inizio e alla fine dell’allenamento istruttore e allievi si scambiano un gesto di rispetto (un inchino reciproco e simultaneo). La stessa forma di saluto è ripetuta ogni volta che si esegue un combattimento. Altri valori importanti promossi da arti marziali come il kendo sono legati al concetto di miglioramento continuo: ogni torneo, allenamento o ripetizione di un kata rappresenta un potenziale stimolo per capire meglio i segreti della disciplina. Il kendo, inoltre, aiuta sicuramente a sviluppare la sicurezza in sé stessi, avviando progressivamente il praticante al combattimento, ma in una forma codificata e inserita nel contesto di un regolamento, senza mai enfatizzare gli aspetti puramente violenti dello scontro, ma concentrandosi invece sullo studio delle dinamiche del combattimento.
Kendo – I video
Kata
Gigeiko