Prima di parlare di integrazione nel gioco del calcio sono necessarie alcune brevi premesse. Il gioco del calcio si può considerare come uno sport con elevata componente di destrezza e buona applicazione cognitiva, con il coinvolgimento dei metabolismi aerobici e anaerobici; sempre dal punto di vista teorico risultano importanti l’esplosività, la rapidità e la capacità di reiterare sforzi intensi senza calo della potenza. I meccanismi coinvolti nella genesi della fatica sono diversi: 1) a livello muscolare il calo di glicogeno, la modificazione dell’equilibrio acido-base ecc.; 2) a livello del sistema nervoso centrale (influenzando quindi la concentrazione e la coordinazione) l’ipoglicemia, la disidratazione, l’iperammoniemia, lo status ormonale ecc.; 3) a livello motivazionale le aspettative, il comportamento del pubblico e l’esito del gioco influenzano notevolmente la percezione della fatica da parte dei giocatori. Per l’elevata variabilità delle caratteristiche di questo sport è particolarmente difficile creare protocolli valutativi che possano definire con precisione il grado di preparazione fisica specifica.
Il miglior metodo attualmente conosciuto è la match analysis: senza approfondire eccessivamente (la traduzione dice già molto: analisi della partita), possiamo dire che consiste nell’analisi minuziosa (quantitativa) dei movimenti dei giocatori durante la partita tramite immagini o l’utilizzo del GPS o dell’LPS. In linea di massima, per atleti professionisti, si possono dare i seguenti numeri:
- distanza totale coperta durante la partita: 9-13 km;
- distanza coperta camminando o correndo lentamente: poco più del 50% dei chilometri percorsi;
- numero di sprint o tratti ad alta velocità (oltre i 21 Km/h): 45-70 per un totale di 600-1.100 m totali.
Chiaramente questi risultati variano anche in base all’assetto tattico della squadra, da giocatore a giocatore (i centrocampisti coprono una distanza maggiore mentre le punte fanno più sprint) e dipendono in particolar modo dalla squadra avversaria. Purtroppo queste tipologie di analisi sono molto costose, quindi possono permettersele solamente club di alto livello (che difficilmente poi le divulgano) o altre strutture grazie a grossi finanziamenti. Una volta dimostrate le difficoltà a cui si va incontro nei protocolli sperimentali nel mondo del calcio, cercheremo di presentare quelle che sono le certezze riguardo all’integrazione in questo sport.
Alimentazione e integrazione fondamentale – Tenendo in considerazione che la maggior parte di calciatori a livello agonistico (cioè dalla terza categoria in su) ha un’età inferiore ai 35 anni, si raccomanda di seguire particolarmente le avvertenze che riguardano una dieta corretta e l’eventuale integrazione con un multivitaminico ad alto dosaggio (se la si ritiene una posizione sostenibile) e/o acidi grassi essenziali (posizione sostenibile solamente se si introduce una quantità insufficiente di queste sostanze con la dieta). Per atleti over 35 può essere consigliata l’integrazione fondamentale. Appare inoltre scontato limitare l’assunzione di alcol, non fumare e riposarsi in modo adeguato.
Carico di glicogeno – È stato dimostrato che i calciatori di livello professionistico finiscono la partita con le riserve di glicogeno molto basse; diverse sperimentazioni hanno dimostrato come il carico glicidico pre-partita possa permettere al calciatore professionista di correre più metri e a intensità maggiore [3]. Diversi anni fa sono stati sollevati dubbi sull’educazione alimentare del calciatore professionista (cioè sulla capacità di alimentarsi correttamente) e di effettuare un corretto carico di glicogeno prima della partita; oggi si pensa che, almeno a livello professionistico, questi accorgimenti siano ben acquisiti. I problemi insorgono quando si considerano le squadre semiprofessionistiche e dilettantistiche, in particolar modo quando si parla di carico di glicogeno pre-partita.
Infatti:
- in bibliografia non esiste un numero sufficiente di ricerche per dare indicazioni corrette per le categorie dilettantistiche sul carico di glicogeno.
- La supposizione dell’importanza del carico di glicogeno vale esclusivamente nei casi in cui un giocatore abbia la capacità di accumulare glicogeno in quantità elevate. Tradotto, significa, che deve avere una capacità glicogenosintetica (cioè di immagazzinamento del glicogeno) elevata, che deriva dall’allenamento alla resistenza specifica (cioè la capacità di ripetere diversi sprint ad alta intensità durante i 90′ senza calo di potenza). Quindi, tale capacità è dipendente dal livello di allenamento.
- È opportuno ricordare come i meccanismi coinvolti nella fatica non siano solamente dovuti alla concentrazione totale di glicogeno negli arti inferiori (vedi introduzione). Inoltre sarebbe importante focalizzare gli studi anche sulla concentrazione di glicogeno nelle fibre muscolari specifiche del lavoro muscolare ad alta intensità, oltre alla concentrazione totale.
Praticamente si deve attuare una strategia dietetica ad alta percentuale di carboidrati al fine non solo di compensare le perdite di glicogeno dell’ultimo allenamento prima della partita, ma di supercompensarlo (cioè superare le riserve presenti prima dell’ultimo allenamento); come accennato sopra, una supercompensazione significativa è attuabile solamente grazie a un elevato livello di allenamento.
In parole più semplici, il protocollo consiste nel distribuire i macronutrienti nei pasti, del giorno precedente e del giorno della partita, nel seguente modo: 70% carboidrati – 15% proteine – 15% lipidi seguendo un dieta normocalorica. Se questo protocollo è valido per le squadre professionistiche, per le categorie dilettantistiche esistono alcuni dubbi; ecco alcune indicazioni sulla possibile utilità del carico di glicogeno nelle varie categorie:
- Prima, Seconda e Terza categoria: il carico di glicogeno è praticamente inutile.
- Categoria Promozione ed Eccellenza: il carico di glicogeno può essere utile in alcuni casi (elevati livelli di allenamento specifico corrispondenti ad allenamenti impegnativi durante il venerdì).
- Campionato Nazionale Dilettanti (serie D): vedi “Categoria Promozione ed Eccellenza” più le volte in cui ci si allena il sabato mattina.
N.B.: nelle categorie dilettantistiche, l’allenamento è il fattore più importante (visti anche gli altri fattori responsabili della fatica), più di quanto lo sia il carico di glicogeno, per contrastare l’effetto della fatica durante una partita.
NOTA (R. Albanesi) – Notiamo come le ricerche siano arrivate a una conclusione errata partendo da riscontri esatti: scoperta la carenza di glicogeno a fine partita, si suggerisce di caricare di glicogeno. Visto che:
- il calciatore percorre al più 7 km camminando o spostandosi lentamente, altri 5 spostandosi a velocità media, ma comunque in assoluto molto bassa, e circa 1.000 metri in scatto;
- non è pensabile che affronti la partita a digiuno o con scorte di glicogeno molto basse;
- un mezzofondista veloce dopo una gara di 800 m (fra riscaldamento, allunghi veloci e gara percorre i 5 km a velocità media e 1000 m al massimo) non è in deplezione di glicogeno;
dovrebbe apparire chiaro che
i giocatori di calcio a causa del loro scarso allenamento aerobico hanno riserve di glicogeno molto limitate.
Se questo assunto è valido, è opportuno aumentare la capacità di stoccare glicogeno con l’allenamento piuttosto che supercaricare prima della partita, dirottando comunque verso i grassi gran parte dei carboidrati assunti perché l’organismo non ha la tendenza a immagazzinarli.
Acqua e soluzioni idrosaline durante la partita – È un aspetto che è fortemente dipendente dalle condizioni ambientali; l’importante è non perdere più dell’1,5% del proprio peso dall’inizio alla fine della partita. Il giocatore dovrebbe bere a piacimento (in questo caso difficilmente si andrebbe sotto la perdita dell’1,5%), ma l’importante è
metterlo nelle condizioni di bere quando ha sete.
Infatti non sempre le soste nella partita (infortuni, cambi ecc.) consentono ai giocatori lontani dalla panchina di reidratarsi correttamente; per questi motivi è necessario individuare dei punti dove mettere le borracce, come dietro le porte e all’altezza del centrocampo nella fascia opposta alla panchina. Esistono diverse ricerche a sostegno del fatto che una soluzione al 5-7% di carboidrati possa (rispetto alla sola acqua) causare un minore decremento delle scorte di glicogeno rispetto alla sola acqua, incrementando la distanza percorsa e metri percorsi a velocità elevata [3]; questi accorgimenti possono essere utili, ma non necessari quanto un adeguato livello di allenamento; è quindi da valutare, da parte dello staff, l’utilizzo di queste strategie, in base al rapporto costi/benefici.
Sulla comparazione tra soluzioni con o senza elettroliti, durante la partita, non esiste un numero di ricerche sufficienti; l’utilizzo di elettroliti (il sodio) può essere utile per la prevenzione dei crampi da calore (cioè quelli indotti da un’eccessiva perdita di acqua e sodio con il sudore) ma solo in alcune condizioni (per soggetti predisposti e in ambienti molto caldi). Alcuni autori affermano come sia importante la gradevolezza della bevanda, in quanto incoraggerebbe l’atleta a bere maggiormente rispetto alla sola acqua.
In allenamento è importante dare la possibilità ai giocatori di bere acqua ogni volta che lo richiedono e utilizzare soluzioni saline in ambienti particolarmente caldi e quando ci si allena più volte al giorno come nei periodi di preparazione pre-campionato.

Il giocatore dovrebbe bere a piacimento, ma l’importante è metterlo nelle condizioni di bere quando ha sete
Razione pre-partita e durante l’intervallo – È stato dimostrato, a livello professionistico, come l’ingestione di una piccola quota di soluzione glicidica immediatamente prima di una partita e nell’intervallo, possa permettere al calciatore di correre più metri e a intensità maggiore; in bibliografia internazionale non esiste comunque accordo comune sulle calorie da assumere. Il buon senso suggerisce di non esagerare con le dosi (massimo 50-75 grammi di carboidrati) per evitare il rimbalzo insulinico pre-partita e per non affaticare l’apparato gastrointestinale durante l’intervallo; usando bassi dosaggi, si rischia comunque di avere effetti inferiori a quelli attesi.
Per cui, questi accorgimenti possono essere utili [3], ma non necessari quanto un adeguato livello di allenamento; è quindi da valutare, da parte dello staff, l’utilizzo di queste strategie in base al rapporto costi/benefici.
Utilizzo di altri integratori – In ogni caso è sempre importante valutare il rapporto quantità/prezzo, l’efficacia del prodotto, la facilità di assorbimento, le avvertenze, ecc.
Minerali: integrazione specifica di un minerale va fatta solamente se gli esami ne hanno rilevato la carenza: i minerali per i quali si potrebbe verificare una carenza sono ferro, magnesio, calcio e potassio. Attenzione alle interazioni tra i minerali e le altre sostanze. È un errore grave quello di integrare con minerali senza averne accertato la carenza.
Proteine: in linea di massima non è consigliato un consumo supplementare se si segue una dieta corretta.
Creatina: attualmente non esistono evidenze che testimoniano l’utilità della creatina per i giocatori di calcio; inoltre, considerando gli effetti collaterali, è sconsigliabile assumerla.
Antiossidanti: attualmente, la possibilità di rendere più efficace il recupero grazie all’assunzione di antiossidanti è da ritenere un effetto possibile piuttosto che un effetto certo; è quindi sostenibile un utilizzo corretto di antiossidanti per migliorare il recupero a patto che vengano rispettate le seguenti condizioni:
- Può essere utile a chi si allena (partite comprese) in maniera sufficientemente intensa almeno 4-5 volte la settimana.
- Ha la sua utilità a medio-lungo termine.
- È da seguire un piano di integrazione che sia realmente efficace oltre che economico: per esempio 200 UI di vitamina E più vitamina C (tra i 400-800 mg in più somministrazioni). Prestare attenzione alle avvertenze.
Aminoacidi ramificati: nelle dosi consigliate (1 g per ogni 10 kg di peso, distribuiti nelle 24 ore successive all’allenamento) può essere efficace nei casi in cui ci si alleni duramente in giorni consecutivi (per esempio il martedì e il mercoledì nelle categorie dilettantistiche), oppure nel ritiro precampionato. Se l’apporto proteico con la dieta copre il 20% del fabbisogno calorico, la necessità può essere minore. L’efficacia dell’uso degli aminoacidi ramificati si dimostra con il miglioramento del recupero. Attenzione alle avvertenze.
Integratori per la prevenzione dei malanni da raffreddamento: fermo restando che l’utilizzo corretto della vaccinazione antinfluenzale è uno dei metodi migliori per prevenire questo tipo di disturbi, l’echinacea angustifolia (1 g al giorno) può aiutare nella prevenzione. L’importante è attenersi ai dosaggi efficaci; l’assunzione potrebbe essere effettuata in cicli di 15 giorni. Naturalmente il ricorso a questo integratore è consigliabile solamente per quei soggetti che, nonostante il vaccino, vanno incontro facilmente a questi malanni nel periodo invernale.
Caffeina: sono assolutamente da evitare dosaggi superiori ai 4 mg per kg di peso corporeo in quanto si corre il rischio di superare la soglia definita dall’antidoping, a ogni buon conto, una volta verificata la compatibilità con le avvertenze, l’utilizzo della caffeina potrebbe essere comunque sconsigliabile poiché detta sostanza potrebbe causare una leggera perdita di coordinazione dato l’effetto che essa ha sull’eccitazione muscolare.
Integratori per la prevenzione e la cura degli infortuni: è improponibile pensare di prevenire e guarire dagli infortuni grazie all’utilizzo di integratori; una particolare attenzione all’allenamento e un dialogo costante con lo staff (allenatore, massaggiatore/fisioterapista, preparatore ed eventualmente medico) sono gli accorgimenti realmente efficaci. L’utilizzo di farmaci antinfiammatori non steroidei per 2-3 giorni in alcuni casi (traumi contusivi di lieve-media intensità e fenomeni infiammatori in assenza di processi degenerativi) risulta più efficace, anche se i FANS sono farmaci, quindi soggetti a tutte le attenzioni del caso (eventuale prescrizione, consulto medico, avvertenze ecc.).
Sostanze ad azione adattogena: tra queste sono da annoverare i ginsenoidi e gli eleuterosidi; non è consigliabile l’assunzione di queste sostanze per la poca chiarezza che attualmente esiste sui reali effetti.
Altre sostanze: non è consigliabile l’uso di altri integratori se non in casi particolari e comunque sempre dietro indicazione medica.
Conclusioni – Dalla letteratura internazionale emerge che l’elemento di maggior importanza per quanto riguarda la supplementazione nel gioco del calcio è uno, cioè
mettere il giocatore nelle condizioni di bere quando ha sete.
È importante non esagerare con l’utilizzo di soluzioni glicidiche prima e durante la partita; infatti, un’assunzione maggiore di quella che la portata dell’apparato digerente sopporta durante lo sforzo, potrebbe causare problemi allo stesso apparato. L’utilizzo di questa tipologia di integrazione deve essere scelta tenendo in considerazione il rapporto costi/benefici.
L’utilizzo di altri integratori può, in alcune situazioni, essere necessario; è il caso di alcuni minerali di cui si è accertata la carenza. Per alcune sostanze, nei casi di elevato affaticamento ed elevato stress psico-fisico, può essere sostenibile l’integrazione; è il caso di antiossidanti e aminoacidi ramificati. Per altri integratori si ritiene sconsigliabile l’utilizzo di integratori, a meno di diverso parere medico.
Bibliografia
[1] Bangsbo J. La preparazione fisica nel calcio. Teknosport Libri.
[2] Burke LM, Hawley JA. Fluid balance in team sports: guidelines for optimal practices. Sports Medicine 24, 38-54; 1997.
[3] Kirkendall DT. Creatine, carbs, and fluids: how important in soccer nutrition?
Indice delle materie – Sport – Calcio – Integrazione nel gioco del calcio – Vai a Corsa e sport