Il metodo Feldenkrais, ideato verso la fine degli anni ’40 dall’ingegnere e fisico israeliano di origine russa Moshé Feldenkrais* (1904-1984), viene definito come un metodo di autoconsapevolezza del proprio corpo. Secondo la definizione dell’AIIMF (vedi più avanti), il metodo Feldenkrais è “un sistema educativo globale che utilizza il movimento come strumento per lo sviluppo di una piena consapevolezza del sé all’interno di un processo di auto-miglioramento permanente“. Appare quindi inesatto considerarlo, come spesso avviene, una forma di ginnastica “dolce” oppure una tecnica di riabilitazione o, ancora, una tecnica di rilassamento. Nel nostro Paese il metodo Feldenkrais ha cominciato a far parlare di sé negli anni ’80 del secolo scorso grazie all’opera di alcuni insegnanti che avevano sviluppato la loro formazione all’estero. Nel 1987, poi, è nata l’Associazione Italiana Insegnanti Metodo Feldenkrais (AIIMF). Per acquisire lo status di insegnanti del metodo Feldenkrais è necessaria una formazione professionale della durata di quattro anni per un totale di 800 ore di studio cui vanno aggiunte almeno 200 ore di tirocinio. Nei vari segmenti del corso di insegnamento, i futuri insegnanti apprendono si le tecniche CAM (Consapevolezza Attraverso il Movimento) e le tecniche di IF (Integrazione Funzionale).
Il metodo Feldenkrais è conosciuto a livello internazionale ed è diffuso in moltissimi Paesi europei, negli Stati Uniti, in Canada, in Sud America, in Australia, in Israele, in Corea e in Giappone.
Scopi del metodo Feldenkrais
Il fine ultimo del metodo Feldenkrais sarebbe quello di fare funzionare il proprio corpo in modo efficiente, individuando e conseguentemente riducendo, o addirittura evitando, dolori (spesso viene consigliato come rimedio per il mal di schiena), malesseri di tipo psicofisico, problemi posturali o funzionali; inoltre, sarebbe in grado di ristabilire l’equilibrio del proprio tono muscolare; tutto questo dovrebbe avvenire per mezzo di un processo basato sulla stretta interazione di corpo e mente. Attraverso il tocco, il movimento e la conoscenza di come ci muoviamo il metodo dovrebbe portarci a migliorare la nostra immagine e quindi la qualità della nostra vita.
Alcuni autori ritengono che il metodo Feldenkrais, incrementando coordinazione, forza e resistenza, permetterebbe anche un miglioramento delle performance sportive e artistiche (non si hanno dati certi in proposito, ma da varie fonti si apprende che sono i molti i danzatori che ricorrono al metodo Feldenkrais).
Ricapitolando, secondo i suoi sostenitori, il metodo Feldenkrais apporterebbe vari benefici fra i quali migliore flessibilità, migliore postura, riduzione del dolore e dei meccanismi distruttivi da stress, miglioramento dei processi psicomotori, migliore organizzazione motoria nel caso di problemi ortopedici e neurologici, precisione ed eleganza nei gesti, benessere psicofisico ecc.
Modalità di apprendimento del metodo Feldenkrais
Esistono due modalità di apprendimento del metodo Feldenkrais:
- lezioni di gruppo
- lezioni individuali.
Nelle lezioni di gruppo (relative alle tecniche CAM) l’insegnante, con il solo ausilio della propria voce, propone alcune sequenze di movimenti che, man mano che la lezione prosegue, acquistano maggiore complessità, anche se, in linea generale, rimangono sempre movimenti abbastanza semplici da eseguire e che non comportano un alto dispendio energetico. Generalmente le lezioni di gruppo, che hanno la durata di circa un’ora, vengono svolte settimanalmente o bisettimanalmente.
Nelle lezioni individuali (relative alle tecniche IF), attraverso un delicato contatto manuale, l’insegnante guida l’allievo allo scopo di renderlo sempre più consapevole della propria organizzazione funzionale e di suggerirgli come rendere quest’ultima sempre più efficiente. Durante le lezioni individuali il soggetto, che deve indossare abiti molto comodi, è generalmente disteso su un apposito lettino.
Comunque, al di là delle modalità, semplificando, appare ragionevole affermare che il metodo Feldenkrais, sostanzialmente, insegna come muoversi; concetti come potenziamento e postura entrano sì nel metodo, ma sono elaborati e unificati, partendo dalla condizione dei soggetti. In realtà, più che parlare genericamente di soggetti, si dovrebbe parlare più specificamente di pazienti; generalmente, infatti, chi si rivolge al metodo è una persona malata affetta da varie problematiche (dolori cronici, problemi di tipo neurologico ecc.).

Il metodo Feldenkrais è conosciuto a livello internazionale ed è diffuso in moltissimi Paesi europei, negli Stati Uniti, in Canada, in Sud America, in Australia, in Israele, in Corea e in Giappone
Alcune considerazioni
La nostra posizione nei confronti del metodo Feldenkrais è abbastanza critica. Lo accomuniamo infatti alle tante discipline (pilates, rolfing, metodo Mézières ecc.) che, agendo sulla capacità di muoversi del nostro corpo, più o meno dinamicamente, vorrebbero migliorare vari aspetti della nostra vita, salutistici e no. Queste discipline ci lasciano abbastanza perplessi perché di fatto danno per scontato che una gran parte della popolazione (se non tutta) ricavi benefici dal praticarle. Proviamo a considerare un atleta di vertice: è molto, molto improbabile che questi sia riuscito a emergere “muovendosi male”; come lui, moltissimi altri atleti sono arrivati al top delle loro prestazioni senza praticare nessun “metodo”. In genere questi metodi danno anche un grosso supporto psicologico al paziente (del tipo “ti aiuto ad assumere il controllo della tua vita”), supporto che in soggetti deboli può aiutare a ottenere risultati pratici, che sono scorrelati però dal metodo stesso.
Parlando in generale, dal punto di vista salutistico, il metodo Feldenkrais (come pure gli altri metodi citati poc’anzi) non è un metodo curativo in situazioni irrecuperabili o parzialmente tali. Se ho un’ernia del disco, cioè un’alterazione anatomica, non posso farci nulla, modificando il mio modo di muovermi (anzi, magari muovendomi meglio sposto casualmente l’ernia verso una terminazione nervosa e ho maggiore dolore: il discorso, nel miglioramento come nel peggioramento, è piuttosto casuale). Purtroppo, invece, chi si rivolge a questi metodi non capisce che possono servire in un numero molto limitato di casi in cui il sintomo (dolore) è dovuto non a un’alterazione anatomo-fisiologica, ma a una semplice conseguenza di uno scorretto atteggiamento locomotorio.
C’è inoltre una considerazione di tipo pratico che è doveroso fare. Chi segue da tempo questo sito sa che uno dei tanti aspetti che possono migliorare la qualità della nostra vita è l’ottimizzazione del tempo. In tutti questi metodi (più o meno “dolci”, senza cioè dolore e/o fatica, in definitiva forme di quello che noi definiamo salutismo soft) l’investimento di tempo è veramente notevole e, se si valuta l’efficacia, probabilmente si può parlare di efficienza (risultati in funzione del tempo investito) solo per i casi di pazienti sofferenti di patologie ortopediche da locomozione/postura errate (per altri l’alleviamento dei sintomi è solo di natura psicologica, l’avere cioè un terapeuta che si “affeziona” al nostro caso). Se, a mo’ di esempio, si devono “perdere” (nel senso che si fanno cose in cui il contenuto d’amore è nullo, ma sono finalizzate a uno scopo) anche solo tre o quattro ore a settimana per migliorare di 5″ il proprio record sui 10000 m (ammesso che ciò sia possibile!), francamente è preferibile fare altro. Non è infine giustificabile chi si avvicina a questi metodi da “abbastanza sano” come surrogato di una pratica sportiva.
Metodo Feldenkrais e prevenzione degli infortuni
Sulla prevenzione degli infortuni grazie al metodo Feldenkrais vale il commento alla fine dell’articolo generale sull’infortunio.
* Moshé Feldenkrais nacque nel 1904 a Baranovitz, in Russia; ancora giovane si trasferì in Palestina dove iniziò ben presto a lavorare; in seguito si trasferì in Francia dove consegui il dottorato in fisica all’università della Sorbona. In seguito all’invasione nazista si trasferì in Inghilterra dove lavorò per il ministero della Marina britannica. Fu proprio in Inghilterra che, in seguito a un grave incidente al ginocchio e messo di fronte alle incerte prospettive di un intervento di tipo chirurgico, iniziò a sviluppare il metodo che oggi porta il suo nome.