Con il termine falcata non si intende il semplice passo della corsa, ma la combinazione fra numero di passi e la loro lunghezza. Ne parliamo perché molti runner sono convinti che sia necessario dedicare tempo e studio alla modifica della propria falcata perché ciò consentirebbe un miglioramento della prestazione atletica. Sembrerebbe indiscutibile, ma nella realtà le cose sono un po’ più complesse. Vediamo che c’è di vero e cosa c’è di falso in tale convinzione. VERO – La prestazione atletica è correlata alla (attenzione: correlata alla non causata dalla) falcata: il numero di passi nell’unità di tempo per la loro lunghezza dà la distanza percorsa nell’unità di tempo. Se la falcata è di 1,5 m e si compiono 200 passi al minuto, in un minuto si percorreranno 300 m, un’andatura di 3’20″/km. Sembrerebbe logico lavorare su queste due grandezze per aumentarla e, conseguentemente, migliorare la prestazione. FALSO – Non è invece possibile (ed ecco l’errore) lavorare su una grandezza senza intaccare l’altra. In genere infatti ogni forzatura nella gestione della falcata comporta una diminuzione della prestazione. Cioè:
(1) la falcata migliore è quella spontanea (Heinert, 1988).
Infatti, se la cilindrata del motore resta la stessa:
- se si aumenta il numero di passi al minuto, questi inevitabilmente si accorciano;
- se si aumenta la falcata inevitabilmente il numero dei passi al minuto diminuisce.
La teoria
È importante ricordare tutta una serie di studi.
La falcata corretta non è prevedibile dalle misure antropometriche (altezza, peso ecc.) dell’atleta (Cavanagh e Kram, 1980).
Infatti, oltre alla lunghezza degli arti, un parametro molto importante è l’inerzia degli stessi, cioè la velocità con cui rispondono alle sollecitazioni (Cavanagh e Kram, 1985, e Minetti, 1994-1995).
In termini energetici è più costoso allungare il passo che accorciarlo (Hogberg, 1952).
I corridori di fondo (maratoneti) hanno un’economia di corsa (costo energetico della falcata) che è minore del 5-10% rispetto a quella degli atleti che praticano il mezzofondo (Conley e Krahenbuhl, 1980).

Con il termine falcata non si intende il semplice passo della corsa, ma la combinazione fra numero di passi e la loro lunghezza
Falcata nella corsa: cosa fare
La (1) disincentiva a fare qualcosa per variare la propria falcata. I campioni sono tali anche perché hanno naturalmente falcate da campioni.
Non è così, invece, per i bambini e per i ragazzi. Infatti, a pari velocità i essi hanno una spesa energetica superiore del 20-30% rispetto all’adulto (ciò spiega perché i ragazzi hanno prestazioni sfavorevoli sulle lunghe distanze e i loro rapidi progressi con la crescita).
Si ritiene che a 18 anni il processo di ottimizzazione naturale di un soggetto possa dirsi ormai concluso. Per cui l’allenamento (esercizi per i piedi, balzi ecc.) può orientare la crescita verso la migliore possibile fino a quell’età.
Nel principiante adulto si può discutere se gli stessi esercizi possano o no favorire un miglioramento delle falcate.
È opinione corrente, in accordo alla (1), che gli eventuali miglioramenti di un adulto siano dovuti solo e unicamente al potenziamento del soggetto, potenziamento che porta ad aumentare la lunghezza del passo.
Pertanto, la gestione delle falcate nel principiante è secondaria e superata dalle considerazioni sui benefici generali di un potenziamento muscolare.
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