Correre a 60 anni dipende anche da come si è invecchiati. Abbiamo già visto che la prestazione è collegata all’età del soggetto, nel senso che decade di circa 1-1,5″/km ogni anno dopo i 40 anni e fino ai 55. Questo risultato è l’approssimazione della ricerca di W. Bortz, un professore dell’università di Stanford (oltre che valente maratoneta settantenne…). Bortz, in effetti, parla dello 0,5% circa della prestazione (cioè 1″/km per chi va a 3’20″/km e 1,5″/km per chi va a 5’/km). Purtroppo si rileva che la media degli atleti peggiora molto più velocemente di quanto previsto da Bortz, i cui studi sono orientati non alla media della popolazione, ma al miglior modo di invecchiare. In parole povere la stragrande maggioranza dei runner invecchia male. Vediamo i motivi di questa “catastrofe”, molti dei quali sono già stati trattati nel sito.
Stile di vita – Lo stile di vita è sicuramente il problema maggiore. Peso, fumo e alcol sono i tre maggiori colpevoli di uno scadimento impressionante delle prestazioni. L’effetto dei tre killer diventa esponenziale con l’età ed è del tutto illusorio pensare di fare sport, ignorandoli. Anche i runner più attenti al lato salutistico, con il calo della motivazione, mettono su qualche chilo e ciò si riflette naturalmente sulla prestazione.
Età psicologica – Molti runner sono già vecchi da giovani. Hanno cioè un’età psicologica troppo avanzata. Ciò comporta un eccessivo adattamento a una vita “da vecchi” e ciò si riflette anche in campo sportivo: allenamenti troppo blandi, eccessivo timore per la propria salute, il riposo visto come mezzo rigenerante (!) ecc.
Gli infortuni – Molti runner non sanno gestire gli infortuni. Banali infortuni diventano gravi problemi cronici (di solito per incapacità di accettare degli stop sportivi, per problemi economici che portano verso terapeuti e cure sbagliate, per ignoranza del problema ecc.) oppure infortuni seri non curati, ma “accettati” (il caso classico è la paura dell’operazione chirurgica). In molti di questi casi il runner continua a fare sport, ma si trascina con i suoi problemi.
E l’allenamento? – Ovviamente un professionista che si allenava due volte al giorno che passa ad allenarsi 4 volte alla settimana vedrà scadere le sue prestazioni molto rapidamente; esiste anche il caso di molti professionisti che, ritornati ad allenarsi seriamente, non sono più riusciti a ottenere prestazioni decenti (tipo il maratoneta da 2h20′ che a 50 anni non riesce a scendere sotto le 3h10′). A prescindere da discorsi sull’età psicologica del soggetto, è importante trarre subito un insegnamento fondamentale:
l’invecchiamento è ottimale se l’atleta non si ferma mai.
Ogni pausa sportiva completa si paga a caro prezzo dopo i 40 anni. Quindi, durante l’anno, è giusto rallentare, ma non fermarsi. Non importa il ritmo, ma non smettete di correre (il caso classico è chi a ogni stagione sospende ogni attività nei mesi invernali).

Correre a 60 anni: chi non attua strategie antinvecchiamento non può sperare di invecchiare in maniera ottimale.
È altresì importante (e dimostrato) che
chi non attua strategie antinvecchiamento non può sperare di invecchiare in maniera ottimale.
È importante che il soggetto si ponga il problema, lo capisca e lo affronti per risolverlo: l’invecchiamento è una malattia.
A prescindere dai sopraesposti principi generali, vediamo gli errori più comuni per fasce d’età.
40-50 anni
- L’errore più comune è di gareggiare troppo. In genere il soggetto si sente ancora giovane e immune da ogni infortunio. L’infortunio non si previene certo facendo stretching o potenziandosi in palestra, ma evitando di gareggiare da stanchi.
- Esagerare con la qualità. Troppe sedute in pista, ripetute, medi tiratissimi, allenamenti in gruppo che diventano vere e proprie gare. Non solo si ricade nel punto precedente, ma l’allenamento ne soffre drasticamente. La parte aerobica scade (molti runner agonisti non arrivano ai 40-50 km settimanali, pur allenandosi 5 o 6 volte alla settimana) e il corpo è comunque impreparato ad affrontare la corsa di resistenza.
50-60 anni
- In genere verso la fine dei 40 si sono provate le prime distanze lunghe. Il soggetto scopre che può migliorare facilmente sulla maratona (o sull’ultramaratona) illudendosi di una seconda giovinezza (in realtà dovrebbe parametrare il suo tempo sui 10000 m alla maratona per capire se il risultato attuale è veramente “giovane”; chi a 25 anni correva i 5000 in 15′ a 45 anni dovrebbe correre la maratona a 3’35″/km e a 55 anni a 3’45″/km). Nulla di sbagliato in tutto ciò. In molti runner però il correre la maratona diventa l’unica forma di competizione. Chi supera le 6-8 maratone all’anno non può sperare di mantenersi giovane. Il problema non è solo l’usura che produce la prova, ma soprattutto il fatto che correre tante maratone impedisce di fatto un allenamento programmato e scientifico. È illusorio sperare di allenarsi “correndo”.
- Contrariamente alla fascia d’età precedente si abbandonano ogni forma di allenamento qualitativo, il potenziamento muscolare, le sedute tecniche di elasticità ecc. Probabilmente si è convinti che per le lunghe distanze tutto ciò non serva (tanto si corre lentamente…), commettendo invece un grandissimo errore.
60-70 anni
- L’errore più comune è: correre da soli. Vengono a mancare i confronti e gli obiettivi e l’allenamento non riesce a essere sufficientemente stimolante. Non usate la corsa per socializzare durante le gare, ma usatela per socializzare durante gli allenamenti.
- Gli errori della fascia precedente vengono amplificati.
70 anni e oltre
- Non correte solo perché gli altri “apprezzano la vostra età”, ma correte per stimolare il vostro fisico.
- Cercate di abbinare un altro sport alla corsa per evitare che i traumatismi di quest’ultima possano bloccare la vostra carriera.
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