Prima di affrontare nel dettaglio il tema dell’allenamento di mantenimento è opportuna una breve premessa: osservare fluttuazioni di efficienza e prestazione fisica fa parte dell’esperienza di tutti coloro che praticano sport in modo continuativo. L’allenamento è in grado di modificare e incrementare le capacità aerobiche di un soggetto e i miglioramenti di solito sono osservabili anche dopo poche settimane di allenamento. Per quantificare in termini oggettivi questa sensazione comune, si può prendere in considerazione una grandezza tipica della capacità aerobica, il massimo consumo di ossigeno (VO2max); per esempio, è stato evidenziato un andamento lineare crescente tra il massimo consumo di ossigeno e le settimane di allenamento, per un intervallo di tempo fino a 10 settimane [1]. Ci si può quindi chiedere: esiste una tipologia di allenamento in grado di mantenere la capacità aerobica?
Lo scopo dell’allenamento di mantenimento
Lo scopo dell’allenamento di mantenimento è, come dice quest’ultimo termine, mantenere costante un livello soddisfacente delle capacità aerobiche grazie al programma seguito.
L’allenamento di mantenimento quindi segue quello specifico (con aumento della capacità aerobica) e comporta generalmente una riduzione del carico di lavoro, pur senza compromettere l’efficienza raggiunta. Esistono diversi esperimenti condotti per studiare gli effetti dell’allenamento di mantenimento e una sua corretta impostazione.
Allenamento di mantenimento a parità di intensità e durata (riduzione della frequenza). In uno studio del 1981, Hickson [2] ha riportato i risultati di un esperimento di allenamento di un gruppo di adulti. Il protocollo dell’allenamento era stato suddiviso come esposto nei seguenti punti.
Periodo di costruzione – Per sei giorni alla settimana i soggetti effettuavano un allenamento misto di pedalata al cicloergometro e corsa per 40 minuti. Questo periodo si è protratto per 10 settimane, durante le quali è stato evidenziato un aumento lineare del massimo consumo di ossigeno.
Periodo di mantenimento – I soggetti studiati al punto precedente sono stati divisi in due gruppi: il primo ha ridotto le sedute di allenamento a 4 alla settimana, il secondo a solo due sedute. In entrambi i casi non si è registrato un calo del massimo consumo di ossigeno. Questo risultato può sembrare sorprendente, ma occorre sottolineare che in questo caso il periodo di mantenimento ha ridotto solo il numero di allenamenti settimanali, senza alcuna riduzione di carico allenante (durata e intensità).
Allenamento di mantenimento a parità di frequenza e intensità (riduzione di durata) – Il periodo di costruzione era analogo al precedente, mentre nell’allenamento di mantenimento si riduceva la durata (da 40 minuti di corsa rispettivamente a 26 e 13 minuti per i due gruppi). Anche in questo caso non è stata registrata alcuna diminuzione del massimo consumo di ossigeno.
Allenamento di mantenimento a parità di durata e frequenza (riduzione di intensità) – A differenza dei due casi precedenti, il protocollo dell’esperimento prevedeva una diminuzione dell’intensità dell’allenamento di un terzo, mantenendo costanti il numero di allenamenti settimanali e la loro durata. Si tratta dell’unico caso in cui gli autori della ricerca hanno evidenziato un calo del massimo consumo di ossigeno, mettendo in evidenza quindi come l’allenamento di mantenimento così strutturato non fosse efficace.
Ciò è spiegabile probabilmente dal fatto che l’aumento di VO2max e il suo mantenimento costante non sono il risultato degli stessi fattori allenanti:
per mantenere costanti le capacità aerobiche, a parità di intensità di allenamento, la frequenza e la durata dell’allenamento di mantenimento possono essere inferiori rispetto a quelle necessarie per far aumentare le capacità aerobiche.
Viceversa, per garantire il mantenimento delle capacità aerobiche, è fondamentale mantenere costante l’intensità dell’allenamento.
I risultati dei lavori sperimentali di Hickson e dei suoi collaboratori però hanno il limite di considerare una sola grandezza per stimare le capacità aerobiche dei soggetti, ovvero il valore di VO2max. Considerando solo questo parametro, si giunge a una conclusione riduttiva, ovvero che è possibile ridurre di molto la durata e la frequenza dell’allenamento, mantenendo invariata l’intensità. Tuttavia, se si considerano altre grandezze, come la concentrazione di glicogeno nei muscoli e la capacità dei soggetti di sopportare un carico di lunga durata submassimale (il 75% della massima potenza aerobica), si è visto che tali grandezze si riducono nell’arco di 4 settimane di allenamento di mantenimento durante il quale sono diminuite solo frequenza e durata dell’allenamento.

Esiste una tipologia di allenamento in grado di mantenere la capacità aerobica?
E la forza?
Nel ciclo di allenamento che modernamente descrive un atleta abbiamo visto che è necessario, non solo mantenere le caratteristiche aerobiche, ma anche quelle di forza e di flessibilità. Il modo più semplice di richiamare tali caratteristiche è di utilizzare le salite. Per esempio, questa è la tabella settimanale per un atleta che corre i 5000 m in 19’10” (3’50”/km):
- L FP 10 km
- M 10 km di corsa su percorso collinare (salite mediamente impegnative) oppure 5×1000 m con recupero 500 m di fondo lento
- M FL 15 km o riposo
- G FP 10 km
- V FL 8 km + 12×100 m in salita con buona pendenza
- S FL 10 km o riposo
- D FP 12 km o FM 9 km (a 4’30″/km)
[1] R. C. Hickson et al: Linear increases in aerobic power induced by a program of endurance exercise, J. Appl. Physiol. pagg. 42-373, 1977.
[2] R. C. Hickson e M. A. Rosenkoetter: Reduced training frequencies and maintenance of aerobic power, Med. Sci. Sports Exerc, pag 13, 1981.
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