L’aikido è una disciplina marziale sviluppata da Morihei Ueshiba a cominciare dagli anni trenta del ‘900 in Giappone partendo dagli insegnamenti di scuole precedenti (si veda Wikipedia per la storia dell’aikido). Il nome “aikido” è formato da tre caratteri sino-giapponesi: ai, ki, dō: ai significa “armonia” e nel contempo anche “congiungimento” e “unione”; ki indica il “vapore che sale dal riso in cottura”, cioè il soffio vitale, l’energia vitale; dō significa letteralmente “ciò che conduce” nel senso di “disciplina”. L’aikido è un’arte giapponese tradizionale; pertanto, si pratica in palestre specializzate (“dojo”) dotate di apposito tatami (tappetino) la cui presenza è opportuna per eseguire proiezioni del partner e relative cadute (“ukemi”).
Caratteristiche e tecniche dell’aikido
A differenza di karate, judo e altre arti, l’aikido non ha componenti sportive/competitive (non si fanno gare, combattimenti). Le lezioni sono caratterizzate invece dall’esecuzione di tecniche ed esercizi a turno con il proprio partner, con lo scopo di un progressivo miglioramento reciproco. Periodicamente si fanno esami per il passaggio di grado (“kyu”), che viene riconosciuto da associazioni a livello nazionale e internazionale (a condizione che la palestra a cui si è iscritti sia affiliata alle suddette associazioni).
Le tecniche fondamentali della disciplina sono 17, che sono eseguite in difesa da diversi attacchi (colpi e prese) e con molteplici varianti. Le tecniche di programma in totale sono quindi alcune decine. I programmi ufficiali variano a seconda dei diversi stili, alcuni dei quali includono anche lo studio delle armi tradizionali (Jo, Ken e Tanto, rispettivamente bastone, spada di legno e coltello di legno).
Come ricorda correttamente Wikipedia, “la finalità dell’aikido non è rivolta al combattimento né alla difesa personale, pur utilizzando per la sua pratica uno strumento tecnico che deriva dal Budo, l’arte militare dei samurai giapponesi; l’aikido mira infatti alla “corretta vittoria” […] che consiste nella conquista della “padronanza di sé stessi“.
Gli esercizi e le tecniche dell’aikido hanno insomma lo scopo ultimo di migliorare la nostra capacità di approcciare e gestire i conflitti relazionali. Questo non toglie che tale disciplina non possa avere anche finalità di allenamento fisico, in particolare in favore di agilità, riflessi, propriocettività (controllo motorio).
Il valore dell’aikido come allenamento fisico
L’estensore di questo articolo pratica l’aikido da circa 25 anni e ha conseguito il quarto dan, oltre a essere un (molto modesto) praticante della corsa. A fronte di questa esperienza, è possibile descrivere quale sia il valore allenante dell’aikido.
Gran parte dell’allenamento è basato su proiezioni e cadute, che i due praticanti eseguono a turno e con (idealmente) brevi pause.
Cadere e rialzarsi decine di volte durante la lezione allena gambe, glutei e ischio-crurali in modo simile a serie di squat a corpo libero con molte ripetizioni. Le cadute in sé, che possono essere più o meno acrobatiche a seconda dell’esperienza del praticante, ne allenano anche l’agilità.
È indubbia inoltre l’utilità di imparare a cadere correttamente senza farsi male. Personalmente, grazie all’esperienza dell’aikido, negli ultimi vent’anni in numerosi casi ho potuto evitare o ridurre danni fisici causati da cadute accidentali in strada o a casa. In un caso ho minimizzato l’impatto con un’auto che mi stava investendo sulle strisce, eseguendo una caduta rotolata in avanti (capriola).

I tre caratteri che compongono la parola aikido
A parte questi vantaggi, l’allenamento cardio-vascolare ottenuto con l’aikido, per mia esperienza, può essere paragonabile a una camminata veloce. Incidono sulla qualità dell’allenamento aerobico le numerose pause (quando il maestro descrive la tecnica successiva). L’eccezione sono gli allenamenti con brevi sessioni (un minuto) ad alta intensità, con difesa da attacchi multipli o durante la preparazione di esami, ma non sono la norma. Per questo motivo, giudico insufficiente l’aikido come allenamento per la protezione cardio-vascolare, per il controllo del peso (molti maestri sono in marcato sovrappeso) e come strategia anti-invecchiamento. Si può risolvere integrando l’aikido con uno sport aerobico ad alta intensità, preferibilmente la corsa (data la complementarietà con l’allenamento dell’aikido). L’allenamento dei gruppi muscolari della parte superiore del corpo, invece, è di solito ottenuta dai praticanti di aikido con esercizi a corpo libero (come quelli di core stability o altri, che sempre più spesso sono integrati nella sessione iniziale degli allenamenti di aikido, dopo il riscaldamento generale e prima di quella tecnica).
Il valore dell’aikido come allenamento mentale e psicologico
Ma l’utilità precipua dell’aikido, come anche la sua finalità profonda, è più mentale-psicologica che fisica. In questo, trovo una certa affinità tra questa disciplina e i valori del Well-Being. L’aikido allena alla forza calma, come migliore strategia per affrontare i conflitti nei rapporti personali e lavorativi.
L’idea di fondo, propugnata dallo stesso fondatore dell’aikido, è che nella società contemporanea i conflitti sono tipicamente su un piano socio-relazionale. Ha poco senso allenarsi a una difesa personale fisica fine a sé stessa, dato che è molto improbabile al giorno d’oggi dover affrontare una situazione di lotta per la vita. È molto comune invece affrontare conflitti sociali e relazionali. Secondariamente, è possibile trovarsi in situazioni in cui si rischia un conflitto fisico per futili motivi (evitabile, al solito); ma anche in questo caso è utile la strategia dell’aikido, che insegna per prima cosa a mostrare una forza calma utile a scoraggiare/dissuadere la controparte. Il che è sempre l’esito più desiderabile. Arrivare alle vie di fatto ha sempre conseguenze negative anche nel caso in cui si dovesse prevalere nello scontro (si può essere denunciati o esposti a ritorsioni).
Per esempio, personalmente mi è capitato di riuscire a “spegnere” l’aggressività di sconosciuti che sembravano sul punto di voler alzare le mani per futili motivi. E l’ho fatto con un sorriso, mostrando sicurezza e calma, con le parole e l’atteggiamento facendo loro capire che a nessuno dei due conveniva una escalation del conflitto.
Un aneddoto forse può servire a comprendere meglio. Qualche anno fa, ho notato che un vicino parcheggiava sempre male la propria auto, rendendo difficoltoso il passaggio di altre persone. Gliel’ho fatto notare e quello, probabilmente colto in un momento di nervosismo, si è messo a urlare, persino arrivando a dirmi che poteva uccidermi/accecarmi con le sue chiavi, che brandiva in direzione del mio viso.
Non costituiva una reale minaccia fisica perché era troppo lontano per offendere. Allora l’ho guardato e con calma gli ho detto: “ma si rende conto che mi sta minacciando seriamente per una sciocchezza? Minacciare di morte è un reato”. Lui a queste parole si è calmato subito, ha borbottato qualcosa e si è allontanato. Forse qualcun altro avrebbe mostrato paura (dando all’altro la possibilità di comportarsi come un bullo, per altro in presenza della sua ragazza). Oppure, con un allenamento diverso (da sport di combattimento), l’avrebbe colpito innescando un conflitto fisico del tutto inutile (oltre che pericoloso). Se avesse cercato di colpirmi, avrei potuto confidare invece sull’allenamento dell’aikido per provare a fermarlo senza fargli (troppo) male. Anche in questo si può notare la modernità dell’aikido. La nostra legge, infatti, punisce l’eccesso di difesa (un pugile rischia una condanna per omicidio preterintenzionale se uccide con un pugno una persona disarmata che pure stava cercando di colpirlo). In aikido, questo si chiama “controllare” l’avversario.
Per i conflitti di tipo relazionale, invece, l’aikido insegna a difendere le proprie posizioni in modo intelligente: evitando uno scontro frontale (per esempio con urla, insulti), ma dimostrando implicitamente all’avversario che la nostra posizione è quella più sensata. In questo modo, lo si porta dalla nostra parte, laddove possibile (nei termini dell’aikido, lo si porta “nel nostro centro”); laddove la distanza tra le due posizioni è incolmabile, si minimizza il conflitto impedendogli di guastare la nostra qualità della vita (lo si porta fuori da noi, “nel vuoto”: si impara l’arte dell’indifferenza consapevole).
Dal punto di vista pratico, tutte le tecniche dell’aikido interiorizzano questo spirito e così educano ad applicarlo in ogni momento della propria vita. Le tecniche infatti finiscono sempre con una neutralizzazione non violenta degli attacchi, portandoli prima “nel nostro centro” e poi “nel vuoto” (come si dice).
Idealmente, lo scopo è far capire agli altri che la violenza è insensata e persino dannosa per chi la esercita.
- Alessandro Longo
- Giornalista professionista
- (praticante di aikido quarto dan)
- Twitter: @alesslongo
- alex@alongo.it
Indice delle materie – Sport – Arti marziali – Aikido