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Sette re di Roma

La prima fase della vita di Roma è caratterizzata da un’origine leggendaria e dai sette re che precedono l’epoca della Roma repubblicana.

Le informazioni sulla nascita di Roma sono ancora più leggendarie che storiche. Secondo Tito Livio, il troiano Enea, scampato alla guerra di Troia, fondò la città di Albalonga che per otto secoli fu governata dai suoi discendenti. Il fondatore di Roma è considerato Romolo, figura mitica, figlio di Marte e Rea Silvia, figlia del re di Albalonga, Numitore e gemello di Remo. Alla loro nascita, lo zio Amulio ordinò che fossero gettati nel Tevere. Furono salvati e allattati da una lupa. Il pastore Faustolo li allevò e, una volta adulti, Romolo depose lo zio usurpatore, restituendo il trono al nonno. I gemelli fondarono sul colle Palatino la città di Roma, secondo la tradizione il 21 aprile del 753 a.C. Romolo uccise il gemello Remo dopo un litigio.

Per popolare la città, la leggenda narra che Romolo, invitati i sabini a una manifestazione di giochi, rapì le loro donne (ratto delle sabine). Il conflitto venne evitato in nome di una convivenza pacifica.

Gli storici attribuiscono la nascita di Roma alla fusione di insediamenti di pastori e contadini (Roma Quadrata). Tuttavia, alcuni elementi della leggenda trovano qualche collegamento con la storia, come la figura del primo re, Romolo, e la presenza della lupa, venerata come animale sacro caro al dio Marte dalle popolazioni del luogo. Roma è in seguito governata da una serie di re (sette per la leggenda, dopo Romolo, Numa Pompilio, Tullo Ostilio e Anco Marzio), con l’alternanza di un re sabino e uno romano, fino agli ultimi tre, di origine etrusca.

Durante il regno di Tullio Ostilio, la leggenda racconta che la rivalità fra Roma e Albalonga si concluse per accordo comune con la disfida fra tre fratelli Orazi (romani) e tre fratelli Curiazi; l’ultimo Orazio rimasto in vita finse ogni volta la fuga, inseguito da un Curiazio che venne regolarmente ucciso: Albalonga cadde sotto il dominio di Roma.

Attorno al 700 a.C. iniziò il dominio della famiglia etrusca dei Tarquini, con Tarquinio Prisco, Servio Tullio e Tarquinio il Superbo, gli ultimi tre re di Roma. Sotto il regno degli etruschi, Roma conosce l’inizio di notevoli opere architettoniche, come il Circo Massimo e i portici del Foro. Il territorio di Roma si espande sui sette colli (Palatino, quello originale, Campidoglio, Celio, Aventino, Quirinale, Viminale ed Esquilino). La costruzione del tempio di Diana fece diventare la città un centro di culto e meta di pellegrinaggi. Il dominio crudele e tirannico di Tarquinio il Superbo, giunto al potere assassinando il suo predecessore, portò alla rivolta contro il dominio etrusco (509 a.C.), guidata da Bruto, alla caduta della monarchia e all’inizio della repubblica, retta dai patrizi. Il potere venne affidato a due consoli.

Alcune note leggende riguardano proprio la lotta dei romani contro gli etruschi.

La prima racconta che gli etruschi cercavano di arrivare a Roma attraverso il ponte Sublicio sul Tevere. Il romano Orazio Coclite fronteggiò ai nemici mentre gridava ai suoi di tagliare il ponte. Il ponte crollò, trascinando con sé i soldati etruschi e lo stesso Orazio Coclite che però riuscì a raggiungere Roma a nuoto.

La seconda racconta che Caio Muzio, travestito da soldato etrusco, era riuscito a entrare nel campo nemico per uccidere il re etrusco Porsenna; sbagliò però tenda, venne catturato e portato alla presenza di Porsenna. Per punirsi dell’errore commesso, Caio Muzio pose la mano destra sul braciere. Colpito dal gesto e consapevole che altri romani avrebbero provato a ucciderlo, Porsenna stipulò la pace con Roma. A Caio Muzio fu dato il soprannome di Scevola (mancino).

La terza racconta che, per stipulare la pace, Porsenna aveva chiesto nove fanciulle. Le nove ragazze però fuggirono dall’accampamento etrusco e, poiché il ponte Sublicio era andato distrutto, Clelia invitò le sue compagne ad attraversare il Tevere a nuoto. I romani però le rimandarono indietro e Clelia, davanti a Porsenna, si assunse la responsabilità della fuga. Porsenna rimase ammirato dal coraggio di Clelia cui consentì di tornare a Roma riportando con sé altre cinque ragazze.

Sette re di Roma

Dalla leggenda delle origini di Roma deriva il simbolo della città, la lupa che allatta Romolo e Remo, capostipiti dei sette re di Roma

L’ordinamento politico e sociale

Nell’antica Roma il potere era affidato al re (non ereditario, sommo sacerdote, comandante dell’esercito e giudice supremo del popolo), al senato (composto da membri dell’aristocrazia) e ai comizi curiati (formati da cittadini facenti parte delle 30 curie che costituivano la popolazione). Il Foro era il luogo dove si tenevano le riunioni politiche.

Le classi sociali erano due: i patrizi e i plebei. I primi erano aristocratici e proprietari terrieri, mentre i secondi commercianti, artigiani e contadini. Solo i patrizi accedevano alle cariche pubbliche. Infine gli schiavi erano prigionieri di guerra oppure plebei insolventi; gli schiavi liberati dai loro padroni erano detti liberti.

La religione era nelle mani dei collegi sacerdotali, il più importante dei quali era quello dei pontefici, retto dal Pontefice massimo. Altri collegi erano demandati ai vari culti, come le Vestali (Vesta era simbolo dell’eternità romana) o gli Auguri (che predicevano il futuro osservando il volo e il canto degli uccelli e le viscere degli animali sacri). I tre dei più importanti erano Giove, Marte e Quirino. Notevole l’importanza delle divinità familiari, i Lari (spiriti degli antenati) e i Penati (protettori della dispensa).

Sette re di Roma – Cronologia

21 aprile 753 a.C – Fondazione di Roma con il primo re Romolo.

715.672 a.C – Numa Pompilio.

672-641 a.C – Tullo Ostilio.

640-616 a.C – Anco Marzio.

616-579 a.C – Tarquinio Prisco.

578-535 a.C – Servio Tullio.

534-509 a.C – Tarquinio il Superbo. Secondo la leggenda questo re non fu mai approvato dal popolo e dal Senato e cadde quando il figlio abusò di Lucrezia, una nobile, che si suicidò: la famiglia della ragazza guidò la ribellione e la cacciata di Tarquinio, segnando la fine della monarchia.

 

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