Il reddito universale è stato proposto da diverse forze politiche a causa della possibile gravissima crisi economica dovuta al Coronavirus. Chiamiamolo pure reddito universale, ma noi l’avevamo proposto già da diversi anni (2011) come uno dei concetti rivoluzionari della democrazia del benessere, chiamandolo reddito di benessere.
Il reddito universale è il reddito che spetta per diritto di nascita, destinato a tutti, dai più poveri ai più ricchi.
Non si tratta solo di uno strumento per combattere le emergenze economiche: lo scopo della democrazia del benessere è quello di
permettere al cittadino di scegliere la propria vita.
A tutti i cittadini, non solo ai più fortunati che, grazie anche alla loro bravura, riescono a centrare l’obiettivo.
Può sembrare un obiettivo irrealistico, ma può essere molto più concreto di quanto si pensi. Si rifletta sul fatto che oggi si ritiene corretto che un cittadino vada in pensione a X anni dopo aver dato il suo contributo alla società. E perché non ritenere corretto che il lavoro di costruzione dei nostri padri, dei nostri nonni ecc. non abbia portato a una società che consente ai loro successori di scegliere la “propria” vita?
Il principale strumento per la realizzazione della democrazia del benessere è il reddito universale. Chiariamo subito un’obiezione corrente: perché anche ai più ricchi? Per due motivi:
- anche chi percepisce un certo reddito può trovarsi per strada a fronte di una gravissima crisi economica.
- il reddito universale è l’eredità (infatti riguarda solo cittadini italiani da almeno 25 anni) che ci hanno lasciato i nostri genitori, i nostri nonni, i nostri bisnonni costruendo il Paese.
Reddito universale subito!
Un breve riassunto che spiega perché si potrebbe attuare subito:
- Il reddito universale è attuabile nelle democrazie occidentali.
- Il reddito universale favorisce le inclinazioni personali.
- Il reddito universale non è il reddito di inclusione.
- Il reddito universale non favorisce l’assistenzialismo, né il disequilibrio sociale.
- Il reddito universale ha già le coperture necessarie alla sua attuazione.

Il reddito universale è il reddito che spetta per diritto di nascita, destinato a tutti, dai più poveri ai più ricchi.
Pensioni alla frutta
Prima di esaminare il reddito universale è opportuno capire perché l’attuale sistema pensionistico non potrà durare a lungo.
Cosa succede oggi nelle società occidentali? Consideriamo un soggetto che muore a 80 anni.
Per i primi 15-25 anni della sua vita è a carico della famiglia e della società; poi lavora diciamo per circa 35 anni, poi è di nuovo a carico della società, pensionato.
Il sistema della pensione ha sorretto i Paesi avanzati come modello di civiltà che premiava chi aveva contribuito al funzionamento del Paese. Oggi però va stretto, funziona male ed è molto pesante da sostenere. Si pensi che l’INPS in Italia eroga assegni per oltre 200 miliardi di euro all’anno, senza considerare il costo di gestione (personale e strutture). Senza contare i problemi che le pensioni portano con sé, impegnando spesso una parte non indifferente della vita politica del Paese.
L’aspetto più critico è che negli ultimi decenni è diminuita drasticamente la percentuale di pensionati soddisfatti della loro condizione. Se si pensa che per coloro che ora hanno 40 anni si prevede una riduzione media delle pensioni del 25% rispetto a quelle attuali, si può facilmente calcolare che fra una generazione solo un 20% della popolazione potrà avere una pensione con potere d’acquisto pari a 1.500 euro al mese, una cifra comunque non certo esaltante.
Ormai in diversi Paesi più avanzati del nostro si sta pensando di eliminare il sistema pensionistico. Si parla di reddito universale in Finlandia, nei Paesi Bassi, in Svizzera.
Cos’è il reddito universale
Si pensi di dare un reddito universale a ogni cittadino che abbia raggiunto i 25 anni di cittadinanza (per favorire l’istruzione e non l’abbandono scolastico è opportuno non fissare la soglia alla maggiore età). In Italia ci sarebbero circa 40 milioni di aventi diritto; se il reddito è di 600 euro mensili, si arriva a un costo globale di circa 290 miliardi di euro, una somma che può sembrare spropositata, ma che è del tutto in linea con gli stanziamenti dei vari governi per fronteggiare la crisi COVID-19 (2020).
Fra l’altro, permetterebbe di alleggerire nel tempo il costo delle pensioni, arrivando a una loro totale eliminazione.
Chiariamo cosa si intende per reddito universale. Non è un generico reddito di cittadinanza; infatti con la locuzione “reddito di cittadinanza” di solito s’intende una forma di sostentamento ai meno abbienti nell’attesa che si trovino un lavoro con cui mantenersi, in sostanza un modo per far sopravvivere degli “schiavi sociali”.
La democrazia del benessere tende invece a:
- liberarsi dei condizionamenti sul lavoro;
- non vedere l’accumulo illimitato di denaro come scopo dell’esistenza;
- avere la libertà di scegliere la propria vita.
La migrazione dalla pensione al reddito universale
Purtroppo l’Italia non è nazione ricca come i Paesi scandinavi (dove fra l’altro c’è una maggiore coscienza civile e quindi minore evasione fiscale con maggiori risorse del governo) o la Svizzera e quindi è opportuno fare i conti con precisione.
Per realizzare la democrazia del benessere è necessaria la graduale sostituzione delle pensioni (favorendo uscite anticipate, decurtando scandalose pensioni d’oro ecc.) con il reddito universale (che quindi originariamente potrebbe essere anche inferiore ai 600 euro). Nel momento in cui la sostituzione sarà completa si avranno tre situazioni:
- Cittadini che si accontenteranno del reddito universale e non saranno produttivi.
- Cittadini che vorranno migliorare la loro condizione economica facendo lavori inerenti alle loro inclinazioni (li chiameremo artisti, visto che il lavoro per loro è più un’arte che un’attività economica).
- Cittadini che vorranno migliorare la loro condizione economica facendo lavori non legati ai loro oggetti d’amore, ma visti solo come attività economiche che generano ricchezza con cui migliorare la qualità della propria vita.
Ovviamente, perché la società si possa sostenere, i numeri alla base del progetto devono essere realistici. Ricordiamoci che
se si parla di reddito universale occorre ragionare con i numeri, non con le parole!
Infatti, chi osteggia il progetto s’imbarca spesso in noiosi ragionamenti filosofici del tipo “ma alla fine non lavorerà più nessuno e la società andrà in malora!”. Un tale modo di ragionare è molto ingenuo o in malafede e può essere smontato semplicemente modulando i numeri del modello: per esempio è ovvio che se il reddito universale fosse di 100 euro al mese, dubito che l’obiezione “nessuno lavorerà più” possa avere senso.
Occorre quindi fornire numeri che
- non snaturino il progetto
- siano compatibili con una società efficiente.
Come detto, servirebbero circa 290 miliardi all’anno per una realizzazione globale del progetto. Vediamo come arrivarci per gradi.
La partenza – Già alla fine del 2015 il presidente dell’INPS, Boeri, ipotizzò un reddito minimo a tutti gli over 55 di 500 euro mensili; idea bocciata dall’allora governo senza una reale giustificazione. Nella proposta di Boeri (anche se non si parla di abolizione delle pensioni) c’è già il germe della partenza del reddito universale.
Al tempo zero si dovrà garantire il reddito di 600 euro (o meno, se si vuole ridurre l’impatto) a tutti coloro che sono cittadini italiani da almeno 25 anni. Ovviamente chi ha già una pensione riceverà come pensione solo la parte eccedente la somma base se la sua pensione avrà un importo maggiore, mentre vedrà un adeguamento a 600 euro se la pensione è inferiore.
Qual è il costo di una tale operazione? C0me detto circa 290 miliardi.,
per ogni 100 euro di reddito universale circa 45-50 miliardi.
Gli step successivi – Come visto, la partenza non è utopistica, si tratta solo di voler partire. Il progetto continuerà su base annuale con una cadenza di questo tipo:
- ogni anno si alzerà il reddito universale fino ad arrivare al valore (previsto attualmente) di 600 euro.
Continuiamo a focalizzare che il reddito universale va comunque a decurtare le pensioni già erogate. Realisticamente fra un paio di decenni, il concetto di pensione non esisterà più.
Lo switch – Quando il concetto di pensione non esisterà più, il cittadino saprà che, a fronte del fatto che ha iniziato a percepire il reddito universale in età molto precoce, ha perso il diritto alla vecchia pensione.
Cambierà anche la gestione della propria vita. Chi vorrà avere in tarda età (quando avrà deciso di non lavorare più) un tenore di vita non legato al solo reddito universale potrà:
- mettere via il reddito universale e continuare a lavorare;
- risparmiare dalla propria attività e farsi una pensione integrativa privata.
Con il reddito universale cambia anche l’essenza del contributo previdenziale.
Attualmente i contributi hanno una funzione soggettiva e tendono a garantire un reddito al soggetto quando questi smetterà l’attività lavorativa. In realtà, i dati mostrano che già attualmente circa il 65% dei pensionati prende redditi da 1.000 euro o meno.
Con il reddito universale i contributi versati dal cittadino non hanno più una valenza individuale, ma una valenza sociale per garantire il modello del benessere.
Vantaggi del reddito universale
I vantaggi del reddito universale sono trattati in un articolo a parte.
Obiezioni
Le obiezioni sono sostanzialmente due:
- la copertura
- il disfacimento sociale.
Sul primo punto quest’articolo dovrebbe aver fatto chiarezza.
Sul secondo punto nessuno può ragionevolmente credere che una parte significativa della popolazione possa smettere di lavorare con 600 euro al mese. In realtà, chi teme il disfacimento sociale, chi teme che la gente non lavori più vuol continuare a vedere una società in cui un lavoro non apprezzato comunque nobiliti, una specie di grande collettività di schiavi che danno la vita per mandare avanti il carrozzone.