Molte persone non credono che i poteri forti esistano… In effetti, la locuzione non è chiarissima, ma mostreremo che l’approccio psicologico a essa è lo stesso di chi asserisce che la mafia non esiste (magari in buona fede, con l’errore razionale di credere in tale affermazione perché il 99% della popolazione della sua zona non è mafiosa!).
Gli inquietanti scenari che sono dietro alla sindemia da Covid-19 si basano proprio sull’esistenza e sull’azione dei cosiddetti poteri forti.
Poteri forti: la definizione
Tante sono le definizioni, ma molte non sono accettabili perché derivano proprio da chi nega l’esistenza di tali poteri.
I poteri forti sono ogni forma di organizzazione che considera il singolo individuo come insignificante, ma avente ragione di essere solo in funzione di un determinato obiettivo.
Nel Regno animale la regina è un esempio di potere forte che coordina le formiche operaie con l’obiettivo di assicurare la riproduzione della specie.
Dalla definizione consegue immediatamente che il singolo individuo è una forma di “schiavo” al servizio dei poteri forti. Il livello di “schiavitù” può essere accettabile (il singolo accetta una diminuzione della sua libertà in funzione di altri vantaggi), soprattutto se il cittadino è pienamente consapevole di cosa cede e di cosa ottiene in cambio.
Già nello Spirito delle leggi (1748), Montesquieu aveva espresso la teoria della separazione dei poteri: “chiunque abbia potere è portato ad abusarne; egli arriva sin dove non trova limiti… Perché non si possa abusare del potere occorre che… il potere arresti il potere”. Montesquieu individuò i tre poteri fondamentali dello Stato (legislativo, esecutivo e giudiziario) e molti pensano che ci si fermi lì, ma già nel 1941 uscì il capolavoro di Orson Welles Quarto potere che portò la sociologia ad associare la locuzione espressa dal titolo al potere dei mezzi di comunicazione. In seguito, nel 1976 Sidney Lumet parlò di Quinto Potere, distinguendo il quarto (l’editoria, i giornali) dal quinto (la televisione). Oggi si potrebbe parlare di Sesto potere (Internet), ma ciò è del tutto scorretto perché Internet è comunque dominata dai poteri forti tradizionali che illudono i cittadini di “poter contare qualcosa”.
Vediamo chi sono i poteri forti.
Nell’analogia con la mafia, occorre subito dire che il potere forte se ne differenzia perché tende a operare nella legalità, anche se il concetto può risultare fumoso visto che spesso è il potere forte che definisce la legalità dell’ambiente in cui opera.
Partiti politici – Sembrerebbe assurdo inserirli fra i poteri forti, visto che è il cittadino a supportarli, ma la storia anche recente insegna che spesso, una volta ricevuto il mandato elettorale, il partito devia dalle promesse elettorali in funzione degli interessi degli eletti (i politici stessi, le classiche “poltrone”). Il potere forte della politica è tanto più forte quanto maggiore è la corruzione e quanto più basso è il livello di democrazia del Paese. L’obiettivo è squisitamente di potere, di controllo dell’organizzazione sociale. L’individuo è solo un voto da conquistare.
Magistratura – Se il potere legislativo ed esecutivo è nelle mani della politica, quello giudiziario è in mano alla magistratura. Non a caso, spesso la magistratura interviene (anche se non dovrebbe) nell’azione politica per partigianeria, praticamente fondendosi con la politica nella ricerca del potere. Anche quando ciò non accade, la magistratura è un potere forte perché il singolo è asservito, non tanto alla giustizia, quanto alle leggi, diventa una “pedina dei codici”.
Banche e organizzazioni finanziarie – Poiché l’obiettivo è economico, si tratta di organizzazioni che tendono a controllare l’economia e i mercati (si pensi alle agenzie di rating come Standard&Poor’s). L’individuo è solo un mezzo, tramite il lavoro, di raggiungere obiettivi economici, sia privati sia pubblici.
Media – L’obiettivo dei media è la popolarità, il consenso da tradurre poi in risorse economiche. L’audience diventa l’obiettivo primario, grazie al quale il potere forte in questione può indirizzare (informazione) e quindi controllare la vita dei cittadini. L’individuo conta finché incrementa l’audience.
Multinazionali – Sono aziende che operano su scala mondiale o comunque extranazionale. Le loro dimensioni assicurano un potere economico riservato a pochi, basato sulla capacità di usare i singoli cittadini come fruitori di beni e servizi. Si pensi ai giganti del Web e alla loro capacità di servirsi di dati sensibili.
Organizzazioni religiose – Con l’obiettivo di dirigere eticamente le pecorelle smarrite (i singoli cittadini che perdono la loro individualità diventando “gregge”).
Lobby – Sono organizzazioni che operano per gli interessi economici di gruppi di cittadini particolari; fra questi possiamo inserire anche le associazioni di categoria, i sindacati ecc. A torto, molti considerano che non tutte le lobby siano poteri forti, ma è indubbio che ogni organizzazione che possa fare pressioni sulla società a scapito dell’individualità di altri cittadini, sia un potere forte (si pensi alla lobby delle armi negli USA).
Associazioni paramilitari – In molti Paesi dove la democrazia è scadente, l’esercito è sicuramente un potere forte. Anche in Paesi avanzati non si può non notare il potere in mano alle Forze Armate, anche se, a onor del vero, sono spesso molto più propense di altri poteri forti a essere al “servizio del cittadino” (tanto che si parla di “deviazioni” quando ciò non accade). Esistono però molte organizzazioni paramilitari (dove cioè esiste una gerarchia di comando) che considerano il singolo in funzione della sua posizione all’interno dell’organizzazione; la massoneria ne è un esempio, ma anche molte organizzazioni che operano alla luce del sole lo sono: si pensi a tutti i circoli privati dove si “deve essere ammessi”. Ovviamente in molti casi il potere non è certo forte, ma si scimmiottano solo organizzazioni ben più importanti.

I poteri forti sono ogni forma di organizzazione che considera il singolo individuo come insignificante, ma avente ragione di essere solo in funzione di un determinato obiettivo.
Le interazioni fra poteri forti
Dalla definizione sembrerebbe che sia tutto lecito, visto che i poteri forti operano od opererebbero nella legalità. Sembrerebbe quindi che non siano che organizzazioni che “naturalmente” perseguano i loro interessi. Ciò che amplifica la loro azione è l’interazione fra loro, amplificandone anche la pericolosità.
Riprendiamo l’analogia con la mafia. Esistono tantissime organizzazioni mafiose che interagiscono fra loro; probabilmente, per quanto siano forti, non avrebbero un grande impatto sociale se non interagissero, a volte facendosi la guerra, ma più spesso sinergizzando la loro azione su scala mondiale. Per capirci, se i cartelli della droga colombiani agissero solo in Colombia non sarebbero un grave problema mondiale; lo sono perché hanno sancito patti con le mafie di mezzo mondo.
Analogamente, i poteri forti interagiscono nei vari salotti che raggruppano “persone influenti” (chi li ha frequentati sa come funzionano…), in manifestazioni e celebrazioni (a cui è invitato solo “chi conta”) oppure in eventi (Forum Ambrosetti di Cernobbio), congressi ecc.
Si pensi all’interazione fra media e multinazionali in campo pubblicitario: nessuna azienda di piccole o medie dimensioni riesce ad approdare sui grandi media perché non sarebbe in grado di sostenere economicamente una campagna pubblicitaria decente; in tal modo un potere forte (media) garantisce di fatto il monopolio di un mercato ad altri poteri forti (le multinazionali).
“Servirsi” dei poteri forti
Cosa può fare il povero cittadino contro i poteri forti? Il Personalismo suggerisce di “servirsene”, per quanto possibile.
Vediamo prima alcune strade sbagliate.
L’arrivato (felice) – Non fa nessuna attività di promozione, tanto lui è felice. È una persona miope e lo è quanto più è giovane. In una generazione il salto sociale è enorme. Se ha 80 anni la sua posizione è ragionevole, ma se ne ha 25, pensi a come era la società nel 1960 e capirà che in 50 anni sono cambiate tantissime cose che hanno permesso un significativo cambiamento.
L’arrabbiato (insofferente) – Non gli va bene nulla, la società è uno schifo, vorrebbe cambiare tutto (alcuni arrabbiati sono “rivoluzionari”). Non si accorge che la maggioranza della popolazione non la pensa come lui (a differenza di quanto accade per le grandi rivoluzioni) e quindi la sua azione è destinata a non ottenere alcunché di significativo. Per di più, la qualità della sua vita è scadente, visto che non sa adattarsi al mondo in cui vive, ma pretende che questo si adatti al suo ideale di mondo.
Il martire sociale – Il martire sociale può essere definito semplicemente come colui che antepone il bene della comunità o della società in cui vive alla propria qualità della vita. Spesso sono i condizionamenti ricevuti che indirizzano la personalità verso il “martirio”: la necessità di avere una società giusta, di fare del bene, di eliminare la povertà, di promuovere il processo culturale ecc. sono valori che il martire sociale amplifica, ottenendo in cambio un’autostima forte basta su valori che per lui sono eccelsi.
Valgo perché mi basta promuovere il progresso sociale per sentirmi buono. Questa idea irrazionale è tipica del patosensibile idealista, ma può anche essere di derivazione romantica o semplicistica. L’irrazionalità dell’idea consiste nel fatto che il martire sociale non verifica minimamente se il progresso che lui auspica è fattibile in tempi brevi, se è libero da penalizzazioni gravi alla sua vita e se soprattutto non diventa una condizione necessaria alla sua felicità.
Probabilmente questo è il punto più critico perché il martire tende a diventare un utopista (quando continua ad agire differendo a un tempo imprecisato la riscossione del frutto delle sue azioni) oppure un insoddisfatto quando si rende conto che la società, nonostante i suoi sforzi, non è come vorrebbe. Solo se non è dotato di molto spirito critico si saprà accontenterà di successi modesti.
Poiché in genere non è un insofferente, raramente il martire sociale diventa un arrabbiato sociale.
Per far riflettere chi è su questa strada, pensi come lui ha contribuito al successo dei poteri forti che vorrebbe comunque limitare: da chi con la sua pagina Facebook o con l’acquisto su Amazon ha foraggiato una multinazionale a chi per tenere un “alto tenore di vita” si prende una macchina più costosa, una casa più grande ecc. facendosi un mutuo che lo rende schiavo per anni delle banche. Certo, il mondo può essere migliorato, ma chi si illude in un cambiamento rapido e definitivo pecca solo di ingenuità: i miglioramenti avvengono lentamente e i frutti si vedono dopo diverse generazioni.
Vediamo ora cosa significa la locuzione “servirsi dei poteri forti”.
in cambio di una cessione della sua libertà, il singolo si muove fra i poteri forti avendo il massimo incremento della qualità della sua vita.
La sua azione sarà tanto più efficace quanto più il bilancio del do ut des sarà a suo vantaggio. Alcuni esempi.
- In politica il soggetto non sarà un destrorso o un sinistrorso, ma si appoggerà al partito che “in quel momento” sarà più sensibile al problema che lui vede come “prioritario”.
- Con una semplicità di vita (tipica del Personalismo) si farà beffe di banche e di tutti coloro che lo invitano a spendere offrendo in cambio un lavoro che prosciuga la sua vita.
- Ben cosciente della legge, la userà per avere il massimo “legale” dalla società ecc.
Insomma: intelligenza contro poteri forti. Il primo passo per servirsi dei poteri forti è proprio di evitare i condizionamenti che essi ci propinano (vedasi I dieci condizionamenti).
L’impegno sociale
L’impegno sociale può essere compatibile con la crescita individuale che propone il Personalismo? Sicuramente sì, anzi, deve esserlo! Infatti alla domanda: “La dimensione sociale del Personalismo non rischia di dare troppo rilievo a chi fa parte del nostro mondo neutro?” si deve rispondere: “L’azione sociale non c’entra nulla con l’amore; non si tratta di riproporre il vecchio adagio di amare tutti (e quindi anche il mondo neutro), ma di organizzare la società in cui si vive per viverci ancora meglio“.
Il Personalismo è reso possibile da condizioni sociali avanzate; limitarsi a servirsene è sicuramente un atto individualistico che pone un freno alla propria crescita e ciò per il Personalismo è un limite della persona. Ovviamente
(1) l’impegno sociale non deve penalizzare la qualità della propria vita e quindi deve armonizzarsi con la propria esistenza.
Trovare questa armonia non è sicuramente facile, ma è tipico della persona intelligente.
Due sono le strade possibili:
- Si entra far parte di uno dei poteri forti, cercando di limitarne la negatività sui singoli cittadini, soprattutto di quelli che non la pensano come noi. Così, chi decide di entrare in politica cercherà di non anteporre interessi personali alle proprie idee; chi entra in economia cercherà di vedere i limiti di posizioni del tipo “gli affari sono affari” ecc. Dovrà avere uno spessore etico non indifferente.
- Si “servirà” dei poteri forti, conscio che la strada a) da un lato non è facilmente praticabile (etica e poteri forti spesso vanno difficilmente d’accordo!) e dall’altro penalizzerebbe la propria vita.
Cosa distingue l’arrivato felice dal personalista che s’impegna socialmente? Semplice: la diffusione di soluzioni che promuovono un miglioramento sociale. L’arrivato felice non diffonde una visione più moderna della società, è una specie di parassita che si limita a cogliere i frutti che la società gli offre.
Cosa distingue il martire sociale dal personalista impegnato? Semplice. La diffusione non avviene con rivoluzioni che s’illudono di cambiare il mondo in pochissimo tempo (l’ingenuo), ma con la parola che tende a cambiare chi è attorno a lui. Il personalista impegnato non si nasconde (come fa l’arrivato felice) e non ha vergogna di mostrare le proprie idee
Perché il male trionfi è sufficiente che i buoni rinuncino all’azione (Edmund Burke)
L’azione per il personalista è proprio l’opera di diffusione delle idee che stanno alla base di una società più moderna.
Indice materie – Sociologia – Poteri forti