La politica è la scienza e l’arte di governare. Il Personalismo è una strategia di vita individuale che deve comunque necessariamente confrontarsi con la politica (dal greco politiké, che riguarda la polis, la città-stato, avendo come sottinteso técne, arte, tecnica: arte che si occupa della città-stato). Infatti, poiché per vivere al meglio è necessario adattarsi al mondo, in ogni epoca e in ogni società non si può prescindere dalla realtà che ci circonda.
Per arrivare a qualcosa di concreto è innanzitutto necessario fissare un modello di società.
La società
Per il Personalismo tale modello è quello delle società occidentali, sicuramente quelle (con tutti i difetti che possono avere) dove il benessere della popolazione e i diritti umani sono al massimo livello: questa è una constatazione pratica e non vuole avere nessuno spessore ideologico.
Pertanto, requisiti di applicabilità del Personalismo sono:
- un regime democratico
- le leggi come espressione della civiltà.
Poiché lo scopo del Personalismo è la qualità della vita del singolo, dalla ricerca del benessere è nata (2011-2016) la proposta sociale del Personalismo, fulcro del quale è la democrazia del benessere. In realtà, tale democrazia è un punto d’arrivo, probabilmente gli Stati occidentali non sono ancora pronti per attuarla, ma i suoi principi possono modulare tante scelte.
Per molti ciò non sarà sufficiente, ma fa parte della flessibilità del Personalismo: fissare un grande recinto in cui lasciar scorrere idee anche diverse per arrivare ogni volta alla soluzione migliore per i singoli.
In particolare, la visione politica del Personalismo non è quella dell’arrabbiato sociale, che spesso contesta persino il fatto che in Italia, in Europa e in molti altri Paesi ci sia un regime democratico (magari semplicemente perché tutto non va come lui vorrebbe; cioè scambia la democrazia con il risultato che produce); non è nemmeno quella di chi pretende uno sforzo maggiore per arrivare con “certezza” a stabilire cosa sia giusto e cosa no, dimenticandosi che la realtà che ci circonda non è uno scenario logico, ma è uno scenario incerto. In politica è veramente presuntuoso pensare di avere ragione su tutto (anzi, per il Personalismo una vera mentalità democratica è pensare che nelle idee dell’avversario ci sia almeno qualcosa di giusto).
Fatte queste premesse è poi necessario calarsi nella realtà del Paese che si vuole gestire.
Il Personalismo non è né di destra né di sinistra, è per il progresso dell’uomo.
La vecchia divisione fra destra e sinistra è superata perché ormai in entrambi gli schieramenti c’è qualcosa di vecchio e comunque nessuna delle due parti sa conquistarsi l’apprezzamento di tutto il Paese.
La regola dei due terzi
In un Paese democratico quando mai un partito ottiene il 66,66% dei voti (i due terzi)? Vi siete mai chiesti il perché? Semplice: perché di fatto non sa rappresentare tutti. Grande utopia con cui la politica vuole darsi una grande dimensione etica è di parlare nel nome del giusto, quando in realtà il giusto non è che quello di una parte della popolazione, quello dei poteri forti cui le idee del politico fanno riferimento (ricordiamo che un potere forte può anche difendere le classi più deboli).
Molto ingenui sono coloro che per tutta la vita sposano una parte (come “si tiene” per una squadra di calcio), perché esprime idee “giuste, sacrosante, non negoziabili”. Il Personalismo non è né di destra né di sinistra e irride sia il destrorso sia il sinistrorso.
Politica 2.0
Ancora oggi ci sono esperti di geopolitica che vorrebbero che la politica dei vari Stati rispettasse equilibri di potenze; la politica dello Stato come espressione delle influenze di tali potenze. Non c’è dubbio che il concetto di potenza (per esempio, USA, Russia, Cina ecc.) sia ancora attuale, ma diventa sempre meno importante all’interno della singola nazione.
Nel dopoguerra e prima della caduta del muro di Berlino, all’interno di uno Stato occidentale prevalevano le ideologie: in Italia era molto probabile che chi nasceva democristiano, morisse democristiano e chi nasceva comunista morisse comunista. Le elezioni spostavano di pochissimo gli equilibri, pur essendoci alte affluenze alle urne. Il cittadino era servo della politica o meglio dell’ideologia che rappresentava. Negli ultimi 20-30 anni le cose sono radicalmente cambiate. Nel 1970 molti italiani avrebbero preferito un regime sovietico, altri adoravano Mao e il suo libretto, altri erano per gli USA. Ora non c’è più dubbio: su 100 italiani pochissimi preferirebbero vivere in Cina o in Russia rispetto a vivere negli USA anche se magari non apprezzano il governo statunitense. Forse perché gli USA sono una democrazia? In parte è vero, ma soprattutto perché in una democrazia occidentale il politico è diventato “servo del cittadino”, cosa che in Russia e in Cina non è vera.
Ciò che è cambiato è che in molti Paesi il livello della qualità della vita è sufficiente per un’alta percentuale della popolazione e ciò di fatto è contrario agli sforzi di rendere quel Paese una “potenza”. In questi Paesi “essere una potenza” non deve più essere lo scopo della politica.
In Russia, per esempio, solo un’informazione di regime può far credere a quella parte di popolazione che vive comunque bene che il suo status sia minacciato. La vecchia politica vuole legare il cittadino alle sorti dello Stato, con riunioni oceaniche nelle dittature e con “alte percentuali di votanti” nelle democrazie. Da noi ormai quasi il 50% della popolazione se ne frega della politica e vede nel politico una specie di prostituta che, vendendosi in cambio del soddisfacimento della sua ambizione, deve “far funzionare la società” oppure un semplice dipendente dello Stato che ha i cittadini come suoi datori di lavoro. L’Occidente non ha bisogno né della Russia né della Cina per continuare a migliorare la reale qualità della vita (non necessariamente la ricchezza) dei suoi popoli (e la guerra in Ucraina lo ha fatto capire).
Chi si vota?
Chi ha ben compreso il significato di politica 2.0, quando deve votare deve seguire uno schema logico.
- Qual è il problema attualmente più grave del Paese?
- Quali partiti propongono la soluzione più concreta e attuabile in tempi brevi? Si noti che concreta non coincide con la semplice volontà di risolvere il problema (dopo dobbiamo diminuire la disoccupazione, dobbiamo diminuire le tasse, dobbiamo tutelare l’ordine pubblico ecc.: tutte frasi vuote e senza senso).
- Quali sono i partiti che osteggiano tale soluzione?
- In caso di vittoria, quali partiti del punto 2 mai si alleerebbero al governo con partiti del punto 3?
Alla fine delle quattro domande, se emerge un partito che ha superato l’esame lo si vota, altrimenti non si vota nessuno e con la propria astensione si portano i partiti a riconsiderare la loro pochezza politica, figlia ancora della vecchia politica.
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