La pena di morte (anche pena capitale) è un argomento che può essere affrontato da moltissimi punti di vista. Storicamente parlando è indubbio che l’umanità sia diventata sempre meno violenta nell’applicazione del diritto ed è lecito predire che fra x anni la pena di morte sarà solo un esempio di barbarie. Ciò però (in parte giustamente) non convince i sostenitori di essa che, anche in tempo di pace, la ritengono ancora applicabile in certi contesti. È importante che la discussione sull’argomento non sia emotiva e anche qui molti fautori del pro e molti fautori del contro si trovano d’accordo. Quello che sfugge è l’ordine di priorità dei punti da trattare. Molte delle argomentazioni che ho sentito partono da un punto scelto a caso che viene sviluppato razionalmente bene, ma che non è detto sia il più importante. Limitandoci all’essenziale, si può ragionare così:
- una persona viene al mondo;
- viene educata dai genitori e dalla società;
- finché è minorenne (termine da definire, ma chiaro a tutti: non si può condannare a morte un bambino che a quattro anni uccide, sparando per sbaglio con la pistola del padre) la pena di morte non ha senso perché si suppone che non sia pienamente responsabile delle sue azioni;
- divenuta maggiorenne, è responsabile delle sue azioni.
Il percorso è simile a quello che compie un figlio nei confronti di un genitore e quindi
il cittadino è figlio della società.
A questo punto, per il Personalismo la situazione è molto chiara.
- Come un genitore non può usare la violenza fisica per forzare un figlio ribelle a certe scelte, così la società non può usarla nei confronti di chi sbaglia.
- Come un genitore può allontanare da sé un figlio maggiorenne che non ne vuole sapere di rigare diritto, così la società può allontanare (carcerare) chi sbaglia, ma non può andare oltre.
- Come un genitore che usa violenza a un figlio è un genitore fallito (se non ne siete convinti, siete violenti non criminali), così una società che perora la pena di morte è una società che ha fallito e che ricorre alla violenza per nascondere i propri fallimenti.
I sostenitori della pena di morte
Molti sostenitori della pena di morte (li chiameremo i boia) sono violenti non criminali che farebbero meglio a riflettere sull’ultimo punto del paragrafo precedente che dovrebbe essere illuminante. Una persona non può dire che la società non è sicura e che per renderla tale ci vuole la pena di morte perché “la società è anche lei” e, se non funziona, ne è corresponsabile.
I boia irrazionali sono soliti approvare la pena di morte emotivamente, magari dopo un atroce fatto di sangue. Sono dei “linciatori sociali” che non sanno fare altro che proporre una pezza a mali che non capiscono né mai si sono sforzati di capire.
I boia appartenenti alle personalità critiche con meno forza (deboli, fobici, patosensibili, insufficienti, sopravviventi) cercano protezione sotto le ali della legge, ma dimenticano che in ogni crimine, anche nel più efferato, esiste un concorso di colpa esistenziale della vittima; pretendono che la società di cui fanno parte sia perfetta e poi si stupiscono se non lo è. Molti di loro poi non avrebbero nemmeno il coraggio di eseguire in prima persona la sentenza, dimostrando la fragilità della loro posizione.
Quelli che mi fanno più pena sono i boia cattolici, quelli che, pur professandosi credenti (ma credenti in cosa?), in certe occasioni perdono l’occasione di stare zitti e sostengono la pena di morte con un’incredibile contraddizione con la loro fede (neofarisei).
Pena di morte: un po’ di numeri
Dati recenti sulla pena di morte nel mondo sono quelli diffusi dall’organizzazione Nessuno tocchi Caino. Il prospetto seguente (marzo 2017) riguarda i primi 6 mesi dell’anno 2016.
Almeno 1.685 esecuzioni sono state effettuate in 17 Paesi e territori nei primi sei mesi del 2016.
- Cina: almeno 1.200
- Iran: almeno 209
- Arabia Saudita: almeno 95
- Pakistan: almeno 75
- Iraq: almeno 55
- Stati Uniti: 14
- Somalia: almeno 13
- Afghanistan: 6
- Bangladesh: 4
- Malesia: almeno 3
- Palestina (Striscia di Gaza): almeno 3
- Sudan del Sud: almeno 2
- Giappone: 2
- Botswana: 1
- Taiwan: 1
- Bielorussia: 1
- Singapore: 1
Nel primo semestre 2016 non si sono registrate esecuzioni in 7 Paesi (Ciad, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Giordania, India, Indonesia e Oman) che le avevano effettuate nell’anno precedente. Viceversa, 3 Paesi, che non avevano effettuato esecuzioni nel 2015, le hanno riprese nel 2016: Botswana (1), Bielorussia (1) e Palestina (Striscia di Gaza) (3). Si ritiene che esecuzioni “legali” siano avvenute nel 2016 anche in altri Paesi (Corea del Nord, Siria, Sudan, Vietnam e Yemen), ma non vi sono conferme ufficiali.
I metodi utilizzati per le esecuzioni capitali
Sono diversi i metodi di esecuzione attualmente utilizzati per eseguire le condanne a morte:
- decapitazione (in Iraq e in Arabia Saudita)
- fucilazione (in Bielorussia, Somalia, Taiwan, Uzbekistan, Vietnam ecc.)
- impiccagione (in Egitto, Giappone, Giordania, Iran, Pakistan, Singapore ecc.)
- iniezione letale (Cina, Filippine, Guatemala, Tailandia e alcuni Paesi facenti parte degli USA)
- lapidazione (in Afghanistan e Iran)
- sedia elettrica (in alcuni Paesi facenti parte degli USA)
- pugnale (in Somalia).

La pena di morte è stata abolita per la prima volta nel nostro Paese nel 1889, anche se non per tutti i tipi di reato.
Pena di morte in Italia: brevi cenni storici
La pena di morte è stata abolita per la prima volta nel nostro Paese nel 1889, anche se non per tutti i tipi di reato (restò prevista per il regicidio, l’alto tradimento e i delitti commessi in tempo di guerra). In seguito fu reintrodotta nel 1930 dal regime fascista (codice Rocco); fu abolita nel 1944, ma torno in vigore nel 1945. Con l’avvento della Repubblica, fu espressamente vietata dalla Costituzione del 1948, fatta eccezione per tutti i casi previsti dalle leggi di guerra.
Si è dovuto attendere però l’anno 1994 prima che la pena di morte fosse totalmente abolita anche nel codice penale militare di guerra (è stata sostituita con la pena massima che il nostro ordinamento legale prevede, ovvero l’ergastolo); l’ultima esecuzione capitale effettuata in Italia risale al 1947, in quell’occasione furono fucilati tre uomini condannati per un evento criminoso ricordato come strage di Villarbasse (un comune piemontese della provincia di Torino). Nell’anno 2007 la pena di morte è stata soppressa anche dalla Costituzione (il riferimento era alle leggi militari di guerra).
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