Come hanno dimostrato diverse migrazioni (vedasi la carovana di persone che fuggivano dall’Honduras, ottobre 2018), è ormai chiaro che la stragrande maggioranza di chi esce dai propri Paesi è costituita da migranti economici. Parlare di rifugiati è molto ingenuo quando si scopre che molti che partono come rifugiati da guerre in corso si trasformano in migranti economici quando pretendono di scegliere la destinazione di origine.
Migranti economici: la storiella del colonialismo e dell’imperialismo
Guardiamo i principali flussi migratori. Secondo dati OCSE, Messico, Cina, Regno Unito e India sono i maggiori Paesi di origine di flussi migratori verso Paesi dell’OCSE. Il Messico ha 11 milioni di emigranti, seguito dalla Cina (3,8 milioni), dal Regno Unito (3,5 milioni) e dall’India (3,4 milioni). Questi dati vanno però interpretati. Per esempio, l’alto numero di emigranti dal Regno Unito si giustifica con il ritorno ai propri Paesi originari (appartenenti al Commonwealth) di cittadini britannici provenienti da quei Paesi.
La “giustificazione” dell’accoglienza “senza se e senza ma” a causa delle barbarie del colonialismo è tanto cara a marxisti della vecchia guardia e a certe frange della Chiesa. Perché parlo di storiella? Perché chi ha un minimo di conoscenza della storia recente arriva a un’altra conclusione. Immaginate un Paese che da soli 60 anni ha raggiunto l’indipendenza, sfruttato per secoli dalle potenze coloniali, oggi con decine, centinaia di milioni di poveri. Bene, pensate che questi milioni di poveri fuggano dal loro Paese e “giustamente” aspirino a entrare in Paesi oggi ricchi. Bene, non succede. Il Paese in questione è l’India, circa 1,3 miliardi di persone, centinaia di milioni sotto la soglia della povertà. Perché non accade? Perché la classe dirigente ha creato nella popolazione il senso della nazione. Solo il 3 per mille di cinesi o di indiani emigra contro il 10% dei messicani!

Come hanno dimostrato diverse migrazioni (vedasi la carovana di persone che fuggivano dall’Honduras, ottobre 2018), è ormai chiaro che la stragrande maggioranza di chi esce dai propri Paesi è costituita da migranti economici
Un altro fatto da considerare è che i cinesi che per esempio arrivano in Italia hanno un approccio simile a quello di molti italiani che si trasferiscono all’estero: vengono con un minimo di capitali per cercarsi una casa e, magari, aprire un’attività economica. Da queste considerazioni nasce la definizione di migrante economico:
il migrante economico è colui che si trasferisce senza risorse in un Paese straniero, con lo scopo di farsi prendere in carico dal Paese accogliente.
I nostri oltre 100.000 italiani che vanno all’estero non sono quindi migranti economici e il paragone che è stato fatto da certi esponenti della Chiesa con i veri migranti economici non regge.
Tornando alla carovana honduregna è facile capire che è composta da migranti economici che fuggono dalla criminalità locale. A questo punto altre due considerazioni. Cosa muove i migranti? La povertà? La paura della criminalità? Certo, ma a monte ci sta un sentimento molto più forte: l’egoismo. Il sano egoismo di migliorare la propria qualità della vita. Analogamente chi tenta di fermarli usa il proprio egoismo per non peggiorare la qualità della propria vita. Egoismo contro egoismo, nessuno è un santo. Come già sosteneva Hobbes homo homini lupus (ogni uomo è un lupo per l’altro uomo, la massima è ripresa da Plauto): la natura umana è fondamentalmente egoistica. Anche chi vende buonismo e santità lo fa per “sentirsi meglio”, “per apparire migliore”, “per aumentare la propria autostima” (sono buono quindi valgo) ecc.
Certo, a questo punto c’è chi mi dice che 10.000 persone negli Stati Uniti non possono peggiorare di molto la qualità della vita degli americani. Il problema è che chi ragiona così non conosce il principio di ripetibilità: se accetto i primi 10.000, come posso rigettare tutti gli altri?
Inoltre, chi prova empatia verso i marciatori honduregni dovrebbe essere così onesto da accettare anche su sé stesso la strategia dell’accoglienza. In Italia un italiano su dodici vive sotto la soglia della povertà; bene, sono convinto che chi mi legge molto probabilmente, per sua fortuna, non è fra questi. Se un Paese deve accettare migliaia di migranti economici, perché tu non accetti un senzatetto in casa tua? Dai, siete in quattro? E che vuoi che sia vivere in cinque? Dici che non è la stessa cosa? Ma perché, forse perché quello è sporco, poco istruito, magari di religione diversa ecc.? Hai appena descritto molti migranti economici. Dai, con un po’ di sforzi vuoi non riuscire a integrarlo nella tua famiglia, tu che continui a parlare di integrazione?
L’altra considerazione è rivolta a tutti quelli che (giustamente) parlano di antifascismo, di lotta partigiana ecc. Se fra di loro ci sono fautori dell’accoglienza, vorrei far loro presente che stanno irridendo quei partigiani che hanno combattuto per la libertà dell’Italia. Questi honduregni sono 10.000 e cosa fanno? Senza nessun senso della nazione, fuggono invece di opporsi alla criminalità. Capisco il singolo, ma migliaia? Preferiscono affrontare un percorso carico di insidie piuttosto che difendere il loro Paese. Una volta arrivati nel nuovo, che cittadini potranno essere?
Migranti economici: il ruolo della Chiesa
L’ultimo punto deve essere letto anche come conseguenza dell’indottrinamento che la Chiesa fa dei poveri: non preoccuparti, avrei un premio nell’aldilà, porgi l’altra guancia ecc.
Perché il male trionfi è sufficiente che i buoni rinuncino all’azione (Edmund Burke). Questa massima dell’impegno sociale i nostri honduregni la disattendono. Nei Paesi dove dominano le gang, la maggioranza della popolazione è stata così narcotizzata dal buonismo cattolico che è ormai incapace di reagire. Avete mai visto un sacerdote opporsi con le armi ai narcotrafficanti? Solo con la parola, magari rimettendoci la vita. Certo, una grande ingenuità che però ha reso la popolazione lo zimbello dei criminali.