La laicizzazione della società è cosa ben diversa dallo Stato laico; è quel processo per cui la religione diventa un fatto puramente individuale senza che le Chiese (di qualunque religione siano) interferiscano con la vita dei cittadini cercando di forgiare la società secondo i principi religiosi. Sostanzialmente
la laicizzazione si ha con uno Stato laico dove il potere politico delle Chiese è azzerato.
Quindi non ha nulla a che fare con la separazione fra Stato e Chiesa. La separazione fra Stato e Chiesa segna, fra l’altro, la fine del concetto di religione di Stato, afferma la libertà di culto e di coscienza e propone una concezione individualista della religione (Vinet e Cavour); ma ovviamente l’influenza della Chiesa nello Stato può ancora essere molto forte.
L’Italia ovviamente non è certo laicizzata: basta osservare la presenza della Chiesa nei fatti politici del Paese con la CEI che interviene su questo e su quello e il papa che è presente sui media praticamente ogni giorno, pronto a raccontarci come i cittadini dovrebbero vivere e a colpire eventuali distorsioni, difetti e vizi della società; basta osservare che a ogni inaugurazione oltre al politico di turno c’è un cardinale o un vescovo.
Questo comporta che sia impossibile fare un discorso reale sulla convivenza fra religioni diverse perché paradossalmente l’importanza data alla Chiesa cattolica porta a sovrastimare anche l’attenzione che deve essere data alle altre Chiese.

Le leggi Siccardi stabilirono la separazione fra Stato e Chiesa del Regno di Sardegna (aprile-giugno 1850), abolendo i privilegi goduti fino ad allora dal clero cattolico
Laicizzazione: il percorso storico
Quanto più una forma sociale è arretrata quanto più è forte il potere politico della religione. Affinché il potere politico sia reale e duraturo occorre che i cittadini siano veri credenti, cioè partecipino alla vita della Chiesa e non solo seguano la religione nell’intimo del loro spirito.
Grazie al progredire della cultura, del pensiero scientifico, dei diritti civili e del benessere economico, molti credenti incominciano a vedere nelle consuetudini religiose imposte dalle Chiese dei gravi ostacoli alla miglior qualità della vita e diventano neofarisei, si dichiarano credenti, ma di fatto non seguono più alla lettera gli insegnamenti della Chiesa.
Il neofariseismo è ciò che ha “costretto” il cattolicesimo ad abbandonare l’integralismo e ha favorito la laicizzazione:
in un Paese, quando la percentuale dei neofarisei è paragonabile o addirittura supera quella dei veri credenti, è evidente che non è possibile costruire una società di ispirazione rigidamente religiosa.
In Italia questo fenomeno si è affermato solo nel dopoguerra (abolizione del reato di adulterio, 1968, divorzio, 1970, legalizzazione dell’aborto, 1978), ma non è ancora del tutto completo (riconoscimento delle coppie omosessuali ecc.). La Chiesa infatti preme per riportare i neofarisei nel suo campo, anche perché la naturale evoluzione di molti neofarisei è l’agnosticismo o addirittura l’ateismo.
Per un approfondimento di questi concetti si legga il paragrafo sui neofarisei nella sezione Religione.