L’indice di Gini è comunemente utilizzato per misurare il grado di disuguaglianza di grandezze quali reddito, ricchezza, voci di spesa ecc.
L’idea che sta alla base dell’indice di Gini è di calcolare la differenza (in valore assoluto) fra le varie coppie di cittadini (per esempio dei loro redditi) e poi sommare tali differenze. Quanto maggiore sarà la differenza tra redditi, tanto più alto sarà il valore della somma finale ottenuta. Questo approccio è poco pratico perché al crescere della popolazione diventerebbe grandissimo il numero delle differenze da calcolare; si preferisce pertanto un altro approccio che viene descritto più avanti.
L’indice di Gini può variare tra 0 e 1 (qualche volta è moltiplicato per 100, ottenendolo su scala 0 a 100). Un indice di Gini basso indica la tendenza all’equidistribuzione, 0 indica la perfetta uguaglianza, mentre un valore alto indica una forte diseguaglianza, 1 indica la massima concentrazione.
NOTA – Le locuzioni indice di Gini e coefficiente di Gini non sono equivalenti, anche se “praticamente” sono la stessa cosa. Si veda oltre per i dettagli.

L’indice di Gini è così denominato perché introdotto dallo statistico italiano Corrado Gini
L’indice di concentrazione
In statistica l’indice di concentrazione misura la ridistribuzione di un bene nella popolazione.
Consideriamo la ridistribuzione del reddito dei cittadini. Ovviamente se il reddito fosse omogeneo fra i cittadini, tutti avrebbero lo stesso reddito; il caso opposto si ha quando la concentrazione è massima, cioè un solo soggetto ha tutto e gli altri nulla.
Vediamo come calcolare l’indice di concentrazione del reddito.
- Ordiniamo gli N cittadini per i redditi: r(i) indica il reddito dell’i-esimo cittadino.
- Indichiamo con Q(i) la fetta dei redditi degli i individui più poveri, cioè la somma dei loro redditi divisa per la somma totale dei redditi.
- Indichiamo con P(i) la percentuale dei soggetti con reddito non superiore a r(i).
Esempio:
i | r(i) | Q(i) | P(i) |
1 | 12.000 | 0,088 | 25% |
2 | 13.000 | 0,185 | 50% |
3 | 32.000 | 0,644 | 75% |
4 | 48.000 | 1 | 100% |
Ovviamente all’aumentare di i ci potranno essere molti soggetti con reddito uguale (per semplificare le cose si potrebbe considerare il reddito arrotondato alle migliaia).
In generale, Q(i)=15% e P(i)=90% significa: il 90% degli individui più poveri realizzano tutti insieme solo il 15% del totale dei redditi.
Non è difficile convincersi che
(1) se, per ogni i, Q(i) = P(i) allora i redditi sono omogenei perché l’x% degli individui realizza esattamente l’x% del totale dei redditi.
La curva di Lorenz
Nel 1905 Max Lorenz utilizzando queste definizioni costruì la curva che porta il suo nome.
In ascissa sono rappresentate le frequenze relative cumulate, cioè le P(i), mentre in ordinata ci sono le Q(i), cioè le quantità relative cumulate.
In base alla (1), se i redditi sono omogenei, si avrà una retta, altrimenti una curva: l’area fra la retta e la curva (area di concentrazione) indica quanto la reale distribuzione differisce da quella omogenea.
Tale area è stata studiata per la prima volta da Corrado Gini (il coefficiente di Gini può essere visto come la somma delle ordinate delle due curve e quindi è l’area fra di esse).
L’indice di Gini è dato dall’area nera fra le due curve (ideale e reale) divisa per l’area totale del triangolo OAB. L’indice è così normalizzato per essere 0 in una società con redditi omogenei e 1 nel caso peggiore di un solo cittadino che produce il totale del reddito.
Indice di Gini e ridistribuzione del reddito
Esistono vari modi di verificare la ridistribuzione del reddito.
Il primo e più immediato è quello di considerare il tasso di povertà: la percentuale di popolazione che dispone di un reddito inferiore a un importo definito dal governo (soglia di povertà). Questo dato è molto fuorviante perché, di fatto, non è omogeneo fra i Paesi e si basa su un riferimento fissato dal governo stesso; ma il punto più dolente è che non tiene conto dei miglioramenti economici. Questa è per esempio la curva USA (Fonte: U.S. Bureau of Census).
Come si vede, la curva si stabilizza dopo il 1970; anche se la soglia di povertà è stata indicizzata all’inflazione, non tiene conto del fatto che comunque l’economia del Paese è migliorata e che quindi il Paese è più ricco: di fatto la condizione di vita del 1960 non può essere paragonata a quella del 1995!
Vediamo invece come l’indice di Gini sia più affidabile.
Il punto fondamentale della democrazia del benessere che indica come non ci possa essere vera democrazia senza limitazione del profitto individuale può anche tradursi teoricamente nel dire che
non c’è piena democrazia se l’indice di Gini supera un certo valore (diciamo 0,30).
La cosa più drammatica è che in molti Paesi l’indice di Gini tende a crescere; per esempio in Italia era 0,33 nel 2005 e 0,36 nel 2008; negli USA è passato da 0,4 del 1980 a 0,468 nel 2009).
I dati riguardanti l’indice di Gini non sono dati “certi” perché per un Paese si trovano dati diversi cambiando fonte e una fonte può riferirsi a un anno diverso rispetto al dato di un’altra fonte; quindi bisognerebbe fissare la fonte e l’anno di comparazione. Probabilmente i più attendibili sono quelli offerti dalla Banca mondiale (anche se risalgono a qualche anno fa). Li potete vedere qui introducendo gini nomestatoininglese, per esempio “gini denmark”.
Di seguito alcuni dati (l’indice è moltiplicato per 100, a fianco l’anno della stima):
- 25,9 Norvegia (2012)
- 27,1 Finlandia (2012)
- 27,3 Svezia (2012)
- 29,1 Danimarca (2012)
- 30,1 Germania (2011)
- 30,5 Austria (2012)
- 31,6 Svizzera (2012)
- 32,1 Giappone (2008)
- 32,5 Irlanda (2012)
- 33,1 Francia (2012)
- 32,6 Gran Bretagna (2012)
- 35,2 India (2012)
- 35,2 Italia (2012)
- 35,9 Spagna (2012)
- 36 Bulgaria (2012)
- 36,7 Grecia (2012)
- 41,6 Russia (2012)
- 42,2 Cina (2012)
- 42,7 Argentina (2012)
- 47,1 USA (2012)
- 48,2 Messico (2012)
- 61 Namibia (2009)
Ovviamente l’indice di Gini è una condizione necessaria per massimizzare il benessere interno lordo di uno Stato; è ovvio che a parità di indice, il benessere dei cittadini dipende anche da altri fattori come la ricchezza stessa degli Stati considerati.