Il problema dell’immigrazione ha assunto proporzioni così ampie da rendere inutile ogni analisi dei dati relativi agli anni precedenti. Ormai tutti i continenti sono interessati dal fenomeno.
Prima di proporre eventuali soluzioni (peraltro non facili) è importante capire i motivi che spingono all’accoglienza o al respingimento.
Immigrazione: perché accogliere
Due sono i motivi principali dell’accoglienza, la solidarietà e la forza lavoro.
- Il primo punto è tipico soprattutto dei Paesi dove la matrice cattolica è sicuramente più forte e la patosensibilità spesso fa dimenticare che solo una parte dei migranti fugge dalle guerre; in Italia la pressione del Vaticano rende molti media incapaci di essere critici nei confronti di quella fetta dell’immigrazione che non ha diritti da vendere (se non economici).
- Il secondo punto è legato al fatto che nei Paesi avanzati nessuno vuol fare più certi lavori a paghe che consentano la redditività per chi il lavoro lo offre. Questo rende il migrante una risorsa per il Paese che lo ospita. Il problema è che i vari paesi UE non sono egualmente appetibili: i migranti più colti e più motivati a farsi un futuro roseo vanno in Germania o in Svezia, la maggior parte degli altri resta nei Paesi d’arrivo, rischiando di ampliare la forbice economica fra Paesi d’Europa ricchi e Paesi meno abbienti (Italia compresa).
Perché respingere
- Un migrante che fugge dalla guerra deve essere accolto (e solo questi), ma risulta decisamente insostenibile il fatto che voglia scegliere dove andare.
- Accogliere significa di fatto rimpinguare le casse dei trafficanti di uomini. Significa anche favorire il business dell’immigrazione, spesso un modo di far soldi a scapito dei migranti stessi che vengono sfruttati sia nei Paesi di partenza che in quelli d’arrivo.
- Accogliere significa complicare la vita dei residenti che si devono accollare la convivenza forzata con usi, religioni e costumi diversi.
- Il vantaggio sulla forza lavoro va a beneficio solo di chi può usufruire in maniera massiccia della manodopera, quindi di grandi aziende e di imprenditori (di fatto già ampiamente benestanti), mentre per la classe media o per i più deboli esiste solamente la competizione sulle risorse da parte dei nuovi arrivati.
- Ci saranno problemi strutturali che vanno dall’ordine pubblico all’ambiente (aumento dell’antropentropia) nonché un costo pro capite che i cittadini devono subire.
Quando l’integrazione diventa difficile: il mondo islamico
Le politiche di accoglimento globale (su base umanitaria) rischiano di rendere la situazione esplosiva nei prossimi decenni. I fautori dell’accoglienza globale o per lo meno ampia (cioè con un X rapportato più alla domanda che all’offerta) sostengono che il problema dell’immigrazione si risolverebbe semplicemente con ottime politiche di integrazione.
Purtroppo fra i migranti esistono gruppi a priori piuttosto incompatibili con i nostri valori (per esempio quelli di fede musulmana che per esempio hanno una visione della donna molto diversa dalla nostra) e un’accoglienza ottimistica rischia di creare centri di scontro poi difficilmente gestibili.
Prendiamo pertanto in esame soprattutto l’integrazioni fra gruppi di religione diversa, gruppi per i quali il separatismo sarebbe la soluzione migliore. Infatti, la parola integrazione in bocca a chi non spiega come farla è pura demagogia e si farebbe bene a diffidare di tutti i politici che la pronunciano senza spiegarne in dettaglio la realizzazione. Alcune premesse.
La falsa integrazione – Quella realizzata in un contesto dove sono presenti due realtà incompatibili, delle quali una decisamente in maggioranza. Mostrare che ci sono, per esempio, islamici che si sono ben integrati nella nostra società occidentale, attribuendo questa integrazione al fatto che le nostre democrazie garantiscono i diritti delle minoranze è veramente ipocrita e superficiale. Non basta infatti che i diritti siano garantiti per legge perché in una società che non promuove i valori della minoranza questa sarà sempre penalizzata se ha comportamenti incompatibili. Facciamo un banale esempio: siete occidentali, gestori di un negozio d’abbigliamento e dovete assumere una commessa. Due candidate di PARI capacità; una è una ragazza che si presenta in minigonna e ombelico in vista (è estate e fa caldo), l’altra, islamica, con un abbigliamento molto più morigerato con velo integrale e abito lungo fino alle caviglie. Quale assumete? L’esempio vi potrà sembrare estremo, ma se ne possono fare tantissimi altri che vi faranno capire che oggi molti immigrati islamici trovano lavoro perché sono maschi e perché gli italiani quei lavori non li vogliono più fare. In altri termini, una minoranza, per quanto abbia i diritti salvaguardati sulla carta, è comunque penalizzata dalle incompatibilità con il resto della popolazione.
Rovesciamo l’esempio. Si supponga che, a seguito del maggior incremento della popolazione islamica (nuovi arrivi, maggiore natalità ecc.), l’Italia diventi una repubblica islamica (vedi Islam: il sorpasso per sapere quando). Questo a molti fautori dell’integrazione non interessa (ed è facile parlare quando le cose non ti toccano o pensi non ti toccheranno mai) perché, quando accadrà, saranno già morti. Speriamo però che a loro interessi il futuro dei loro figli e dei loro nipoti. Bene, questi figli e nipoti vivranno in una repubblica islamica, cioè una nazione con leggi e costumi improntati a quelli della maggioranza, una nazione che non potrà essere laica per il semplice fatto che la maggioranza non vuole una repubblica laica, ma orientata ai principi islamici. Può anche darsi che a parole siano tutelate le minoranze, ma rovesciamo lo scenario precedente (se ne possono costruire decine dove un occidentale si troverebbe a disagio).
Il gestore di un negozio è islamico e deve assumere una commessa. Due candidate di PARI capacità; una è una ragazza che si presenta in minigonna e ombelico in vista (è estate e fa caldo), l’altra con un abbigliamento molto più morigerato che rispetta khimar e hijab (se non sapete cosa sono, vedete qui). Quale assume? Quindi, incominciate ad abituare le vostre figlie e le vostre nipotine a vestire in modo consono alla religione islamica in modo da avere più possibilità nella loro vita.
La vera integrazione – Come visto, è facile parlare di integrazione quando siamo noi dalla parte maggioritaria. Ma cosa accade quando passiamo dall’altra parte oppure quando i due insiemi si equivalgono? L’unica soluzione possibile è un’integrazione basata sulla laicizzazione dello Stato. Quanto più ci si laicizza quanto più le Chiese non comandano come scimmiette i cittadini che sono liberi di avere una religiosità più moderna (si pensi a quanti cattolici neofarisei infrangono la bigotta morale cattolica avendo rapporti prematrimoniali, usando pillole contraccettive, divorziando ecc.).
Il flusso migratorio non può essere incontrollato, ma essere gestito con una quota fissa che tiene conto della laicizzazione dello Stato e delle minoranze religiose: quanto più queste sono costituite da praticanti asserviti alle Chiese e tanti più problemi ci saranno.
Ovviamente in Italia è controproducente parlare di integrazione se prima non si laicizza veramente lo Stato, di fatto escludendo la Chiesa cattolica dal potere politico; in altri termini, gli ostacoli che la Chiesa cattolica pone alla laicizzazione della società italiana impediscono anche una naturale laicizzazione delle comunità islamiche e quindi una reale integrazione fra le due religioni.

Il tema dell’immigrazione non viene affrontato con obiettività da nessuna parte politica
Immigrazione: la soluzione
Sintetizziamo i punti ragionevoli della soluzione all’immigrazione.
Occorre bloccare i trafficanti. Nonostante si sia parlato di “interventi”, i governi occidentali tentennano persino a voler affondare i barconi fermi nei porti sulle coste libiche, timorosi che se un nostro soldato dovesse rimetterci le penne o se per caso qualche civile (magari un bambino) ci andasse di mezzo nell’operazione, ecco che scatterebbero i rimproveri buonisti, dei media e di tutti coloro che il lassismo ha trasformato in autolesionistici nullafacenti.
Occorre evitare che i migranti economici avanzino le pretese di andare dove vogliono. Un cittadino italiano non può andarsene negli USA o in Australia o entrare senza regole in moltissimi Paesi. Non si capisce quindi perché un pakistano (Paese dove non c’è nessuna guerra) possa pretendere di andare dove vuole. I migranti economici che non hanno un lavoro devono essere rimpatriati, se eccedono la quota di accoglienza.
Sulla quota di accoglienza, una qualunque persona ragionevole dovrebbe capire che questo è uno dei casi cui applicare il principio di convergenza: in base ai vari parametri (per esempio anche il principio di reciprocità: accogliere immigrati preferenzialmente da quei Paesi che sul loro suolo garantiscono agli italiani di vivere da italiani) si fissa una quota annua X di immigrati accettabili e si provvede alla loro integrazione. Tale quota X può essere piccola o grande, ma finché non si lavora con questo numero (o addirittura se ne vuole negare l’esistenza e/o la necessità) ogni proposta suona solo demagogica, filosofica e utopistica.
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