Il tema dell’eutanasia ha da sempre destato un certo scalpore e generato numerosissime discussioni; nel settembre 2016, per esempio, ebbe una notevole risonanza mediatica la notizia che in Belgio era stata praticata l’eutanasia su un minore di 18 anni, malato terminale. La notizia ebbe un grande risalto in quanto si è trattato del primo caso di un minorenne a essere aiutato legalmente a morire in quel Paese da quando, nel 2014, il parlamento belga ha eliminato le restrizioni di età nella legge sull’eutanasia. In tempi più recenti, nel nostro Paese, il tema è ritornato alla ribalta dopo il caso di dj Fabo (il nostro sito affrontò la questione nell’articolo Il suicidio assistito).
Eutanasia attiva e passiva
Il termine eutanasia deriva dal greco e significa “buona morte” (eu = buono, thanatos = morte). Praticamente esistono due tipi di eutanasia, attiva e passiva.
L’eutanasia attiva è quella dove un soggetto richiede espressamente di morire (per esempio un malato terminale con alto grado di sofferenza), mentre l’eutanasia passiva è quella dove il soggetto è incosciente e altri decidono per lui semplicemente sospendendo ogni forma di assistenza, alimentazione compresa. Secondo alcuni, il termine passiva è usato a sproposito, ma è ormai comune ed è inutile cavillare sui termini, quando è chiaro cosa significhino. In realtà, c’è anche il caso in cui il soggetto è ormai incosciente e altri decidono la sua soppressione per evitare inutili sofferenze; tale caso non è di solito considerato perché entrano in gioco altri fattori, come per esempio le ricadute legali della morte.
Eutanasia passiva – Rientra ovviamente in questo caso, forse il più interessante, visti i continui episodi portati alla nostra attenzione dai media, l’eutanasia in cui si decide di sospendere l’assistenza a un malato giudicato in coma irreversibile.
Il Personalismo si propone di migliorare la qualità della vita e l’obbiettivo dà per scontato che la vita (come molti altri concetti) non è di per sé un valore positivo indiscutibile. È un valore che va quantificato, appunto con la sua qualità. Coerentemente con questa posizione è favorevole all’aborto (la qualità della vita di un embrione è nulla). Ne consegue che il Personalismo è favorevole all’eutanasia passiva in tutti quei casi in cui la scienza attuale reputi il coma irreversibile.
Resta il problema (peraltro presente anche nell’aborto, in genere si parla di “diritti dell’embrione”) di valutare il futuro della vita del soggetto, ora in coma, ma, chissà, fra mesi o anni, di nuovo cosciente. A questo punto la discussione diventerebbe infinita, ma questo modo di affrontare il problema è sostanzialmente sbagliato perché puramente dialettico e teorico.
Eutanasia attiva – Quando invece il malato è cosciente ed è lui che richiede l’eutanasia, essa è definitiva attiva. Analizzando i vari casi che negli ultimi anni la cronaca ha portato alla luce, la mia posizione è cambiata e si è diversificata, approfondendo i dettagli che rendono diverso caso da caso.
Cominciamo con il dire che bocciare tout court l’eutanasia attiva non ha senso; infatti, se vogliamo, già oggi essa è praticata da quel malato che rifiuta ogni cura per un tumore che magari (in una piccolissima parte di casi) sarebbe curabile. Chi decide di sospendere le cure a lui indirizzate e ha il coraggio e la dignità di affrontare una fine ormai segnata pratica un’autoeutanasia. È un po’ la storia del vecchio indiano che abbiamo citato a proposito dell’invecchiamento ormai irreversibile.
In realtà, occorre considerare che ogni malato ha diritto a morire con dignità. L’accanimento terapeutico è spesso il miglior modo di negare questa dignità (pensiamo a malati di tumori inguaribili in cui la chemioterapia addirittura peggiora la qualità della vita degli ultimi mesi di vita).
Esistono casi però in cui, pur sospendendo le cure, la fine non arriva e il calvario è molto lungo oppure casi in cui il malato non può o non ha il coraggio di sospendere le cure, ma vorrebbe una dolce morte. Sono questi i casi in cui ha senso discute in dettaglio di eutanasia attiva.
I problemi non sono solo sul piano affettivo e umano, ma anche su quello legale (eredità). Inoltre il punto fondamentale è distinguere eutanasia attiva da suicidio. Se un malato di cancro può richiedere l’eutanasia attiva perché non potrebbe richiederla un malato di mente, magari un grande depresso la cui qualità della vita è minima? Come si risolve il problema?
Personalmente penso che si risolva con l’AND di tre condizioni (che devono essere cioè entrambe soddisfatte):
- La morte del soggetto è comunque vicina
- La sua qualità della vita è gravemente compromessa
- Non ci sono possibilità scientificamente ragionevoli di guarigione.
Il primo punto è fondamentale per evitare da un lato che il volere del soggetto sia condizionato da una sua visione pessimistica di ciò che gli sta accadendo; per esempio nel caso di malato di AIDS la sopravvivenza può essere di diversi anni (e con una qualità della vita non minimale), anni in cui la scienza potrebbe scoprire nuove cure. Il primo punto risolve anche problematiche legali il cui scenario non cambierebbe di molto, vista la vicinanza temporale della morte.
Il secondo punto è chiaro: se il paziente per esempio è ancora autosufficiente non si può parlare di qualità della vita gravemente compromessa; diverso è ovviamente il caso del paziente che non si muove dal suo letto, soffre e deve essere continuamente assistito e nutrito.
Il terzo punto serve per modulare il concetto di “vicinanza” del primo punto. Se un determinato tumore ha il 2% di sopravvivenza, tale percentuale di sopravvivenza può ridursi a zero quando il tumore è già abbastanza progredito e altre cure non sarebbero che palliative. I medici curanti devono assumersi la responsabilità di dire che “ormai non ci sono più speranze”.
Si può sperare che presto anche in Italia ci sia una legislazione che, tenendo in considerazione i tre punti citati, sappia produrre una buona legge.
Eutanasia in Italia e nel mondo: la legge
America
- Argentina. L’eutanasia attiva è proibita e punita penalmente al pari dell’omicidio, l’eutanasia passiva è invece ammessa e prevista legalmente nei casi di “malattie irreversibili e incurabili o che sono allo stadio terminale”.
- Canada. Negli Stati di Manitoba e Ontario le direttive anticipate hanno valore legale.
- Colombia. Non esiste una legge specifica sull’eutanasia. Tuttavia, in seguito a un pronunciamento della Corte Costituzionale, la pratica è permessa.
- Stati Uniti d’America. La normativa varia a seconda degli Stati. Le direttive anticipate hanno generalmente valore legale. Nello Stato dell’Oregon è possibile, da parte del malato, richiedere farmaci letali. Una regolamentazione specifica di tale materia è tuttavia bloccata per opposizione di un tribunale federale.
Asia e Oceania
- Australia. In alcuni Stati le cosiddette “direttive anticipate” hanno valore legale. Il Territorio del Nord legalizzò (1996) l’eutanasia attiva volontaria, ma il parlamento federale ha annullato tale provvedimento nel 1998.
- Cina. Una legge del 1998 autorizza gli ospedali a praticare l’eutanasia ai malati terminali.
- Thailandia. È legale l’eutanasia passiva ed è permessa anche a cittadini stranieri.
Europa
- Albania. Secondo una legge entrata in vigore nell’anno 1999, precisando che ogni forma di eutanasia volontaria era legale, secondo gli atti precisati prima nel 1995.
- Austria. Esisteva una legge permissiva sull’eutanasia, ma fu abrogata nel 1977.
- Belgio. Dal 13 febbraio 2014 diventa il primo stato al mondo a legalizzare l’eutanasia senza alcun limite d’età.
- Danimarca. Le cosiddette “direttive anticipate” hanno valore legale. I parenti del malato possono autorizzare l’interruzione delle cure.
- Germania. Non è reato il suicidio assistito di un malato terminale o già in coma, purché il malato sia capace di intendere e di volere e ne faccia/abbia fatto esplicita richiesta. “L’accanimento terapeutico non può essere esercitato nemmeno su pazienti che non abbiano firmato il testamento biologico>> ed è reato”.
- Italia. Il suicidio e il tentato suicidio non sono reato. L’eutanasia attiva è assimilabile, in generale, all’omicidio volontario (art. 575 codice penale). In caso di consenso del malato si configura la fattispecie prevista dall’art. 579 c.p. (Omicidio del consenziente), punito con reclusione da 6 a 15 anni. Anche il suicidio assistito è un reato, giusta art. 580 c.p. (Istigazione o aiuto al suicidio), punito con reclusione da 5 a 12 anni, anche per condotta omissiva rispetto ad obblighi di legge. Seguendo la sentenza Cass. Civile Sez. I n. 21748/07, il giudice, su richiesta del tutore legale e sentito un curatore speciale, può autorizzare la disattivazione dei presidi sanitari che tengano artificialmente in vita un paziente ormai in stato vegetativo (nel caso di specie, con sondino naso-gastrico), “di cui sia accertata l’irreversibilità secondo standard internazionali, e che [..] questi, se cosciente, non avrebbe prestato il suo consenso alla continuazione del trattamento” (non è richiesto che si sia espresso esplicitamente contro, ma che sia ricostruibile anche indirettamente la sua volontà contraria), purtuttavia il “non consenso deve manifestarsi nella sua più ampia, espressa e consapevole forma” (Cass. civile, sez. III n. 23676/ 2008).
- Lussemburgo. Il 19 febbraio 2008 il parlamento ha approvato una proposta di legge che prevede l’eliminazione delle sanzioni penali contro i medici che mettono fine, su richiesta, alla vita dei malati. In particolare, il provvedimento prevede che l’eutanasia venga autorizzata per i malati terminali e coloro che soffrono di malattie incurabili, solo su richiesta ripetuta e col consenso di due medici e una commissione di esperti. A questa data il Lussemburgo si colloca terzo, dopo Paesi Bassi e Belgio, ad aver legalizzato l’eutanasia.
- Paesi Bassi. Dal 1994 l’eutanasia cessò di essere perseguita penalmente, pur rimanendo un reato. Nel 2000 i Paesi Bassi divennero il primo Paese al mondo a dotarsi di una legge che regolamentava l’eutanasia e dal 1º aprile 2002 la legge è in vigore.
- Regno Unito. L’aiuto al suicidio è perseguito a norma del Suicide Act del 1961, anche se sul piano giurisprudenziale e giurisdizionale vi sono aperture consistenti all’eutanasia passiva. È attualmente in discussione alla Camera dei Comuni l’Assisted Dying for the Terminally Ill Bill (Legge sulla morte assistita per malati terminali), che permetterebbe una forma di suicidio assistito simile a quella prevista dallo statunitense Oregon Death with Dignity Act del 1997.
- Svezia. L’eutanasia non è perseguita penalmente.
- Svizzera. È previsto il suicidio assistito. Viene praticato al di fuori delle istituzioni mediche statali da alcune associazioni come la Dignitas, che accetta le richieste indipendentemente dalla nazionalità del richiedente.
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