Lo xilitolo (talvolta indicato con il termine inglese xylitol) è un polialcole a 5 atomi di carbonio (C5H12O5); è presente anche, seppure in piccole quantità in diversi tipi di frutta e altri vegetali. Altri termini utilizzati per indicarlo sono arabitolo, lixitolo, Xylit, Xylite, D-Xylitol e D-Xylit.
È stato sintetizzato per la prima volta nel 1891 da un chimico tedesco, Emil Fischer (futuro premio Nobel), e da un suo dottorando, Rudolf Stahel; i due chimici denominarono inizialmente il prodotto da loro scoperto Xylit.
Si presenta sotto forma di polvere cristallina bianca; è inodore, è insolubile in acqua ed è dotato di notevole igroscopicità.
Utilizzi dello xilitolo
I primi utilizzi dello xilitolo quale sostanza dolcificante risalgono agli anni ’60 del XX secolo.
Lo xilitolo viene utilizzato soprattutto nell’industria alimentare come dolcificante nei dolciumi acariogeni e anche, seppur meno frequentemente, nel confezionamento di cibi dietetici come, per esempio, quelli destinati ai diabetici; è presente anche in alcuni prodotti cosmetici (per le sue caratteristiche idratanti e umettanti).
Piccole percentuali di questo zucchero si ritrovano anche in alcune bevande allo scopo di migliorare il loro gusto e accentuarne la dolcezza. Nelle etichette dei prodotti che lo contengono è spesso indicato con la sigla E967.
Lo xilitolo è una sostanza che ha proprietà inibenti nei confronti della crescita e dell’attività di fermentazione dei lieviti; ne va quindi sconsigliato l’utilizzo in tutti quei prodotti per i quali è necessario ricorrere ai lieviti naturali per la lievitazione.
Il suo potere dolcificante è pressoché lo stesso del saccarosio (il comune zucchero da cucina), ma è decisamente meno calorico (240 kcal/100 g contro le 387 kcal/100 g del saccarosio).
Caratteristiche dello xilitolo
Moltissimi studi, effettuati su cavie animali per valutare la tossicità della sostanza, hanno mostrato che essa è bassissima e che può manifestarsi solo nel caso di dosaggi molto elevati; questo a prescindere dalle modalità di somministrazione.
Lo xilitolo è una sostanza acariogena (cioè non induce la carie) e non mutagena (ovvero non induce mutazioni genetiche) .
Talvolta viene usato, come accennato in apertura, come sostituto del saccarosio nel confezionamento di prodotti destinati a coloro che sono affetti da diabete mellito (l’indice glicemico dello xilitolo è pari a 7, mentre quello del saccarosio è circa 10 volte superiore).
Altri studi, che attendono però ulteriori conferme, mostrano che lo xilitolo potrebbe avere una certa efficacia (con dosi giornaliere di 40 g) sul benessere dell’apparato scheletrico in quanto tale sostanza sembra favorire l’aumento della densità ossea con conseguente rallentamento dell’insorgenza di osteoporosi.
Sono in attesa di conferma anche le affermazioni che lo indicano come sostanza antibatterica e antiallergica.
L’assunzione di xilitolo non sembra avere effetti collaterali degni di nota, tranne il fatto che un suo uso eccessivo può avere effetti lassativi.

Lo xilitolo è noto anche come zucchero del legno o zucchero di betulla
Lo xilitolo fa male? È cancerogeno?
In linea generale, non si può affermare che lo xilitolo faccia male o sia una sostanza cancerogena, tant’è che può essere assunto in dosi medicinali che arrivano fino a 50 g al giorno nel caso di persone adulte e fino a 20 g nel caso di soggetti in età pediatrica.
Alcuni autori hanno ipotizzato che l’assunzione prolungate di dosi molto elevate per un periodo di tempo superiore ai 3 anni possa incrementare il rischio di tumori.
Produzione
Lo xilitolo viene detto zucchero del legno perché a livello industriale viene ricavato tramite procedimenti piuttosto complessi dalla corteccia di alberi ad alto fusto, in particolar modo da quella degli alberi di betulla; è possibile estrarlo anche dalla fibra di mais, dai lamponi, dalle prugne e dal grano.
Il processo produttivo di estrazione avviene in diverse fasi partendo da una sostanza nota come xilano; inizialmente si disintegrano i materiali ricchi di xilano dopodiché si idrolizza questa sostanza in xilosio.
Si procede poi isolando lo xilosio dall’idrolizzato fino ad arrivare all’ottenimento di xilosio puro. A questo punto lo xilosio viene idrogenato a xilitolo grazie alla presenza di catalizzatori a base di nichel.
L’ultima fase consiste nella cristallizzazione dello xilitolo.
Attualmente, il maggior produttore mondiale è una compagnia danese, la Danisco.
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