Le proteine idrolizzate si ottengono attraverso un particolare processo di idrolisi, cioè una reazione chimica di scissione di un composto in cui si ha l’intervento dell’acqua; in questo caso si parla di idrolisi proteica). La fonte proteica può essere animale o vegetale (proteine dell’uovo, proteine del siero del latte, proteine del grano, proteine della soia ecc.).
Esistono varie modalità attraverso le quali è possibile effettuare l’idrolisi delle proteine, ma il procedimento dal quale si ottengono le proteine idrolizzate destinate all’uso umano (integratori, impieghi in ambito clinico ecc.) sfrutta l’azione di alcuni enzimi (idrolisi per via enzimatica); sostanzialmente, si effettua una sorta di “imitazione” di ciò che avviene durante il processo di digestione; le proteine idrolizzate, quindi, sono proteine pre-digerite (denominazione questa spesso usata come sinonimo di proteine idrolizzate).
Ciò che di fatto avviene è la rottura, grazie all’intervento degli enzimi, delle lunghe catene amminoacidiche che costituiscono le proteine, scomponendole in molecole meno complesse come i dipeptidi, i tripeptidi e gli oligopeptidi (a livello apparato digerente intervengono enzimi quali peptidasi, pepsina, tripsina, proteasi che agiscono scindendo le proteine di derivazione alimentare rendendole più facilmente digeribili).
Il ricorso all’idrolisi enzimatica piuttosto che ad altre modalità è dettato dal fatto che, grazie a questa procedura, si evita l’inattivazione di alcune componenti di una certa importanza e se ne migliorano le caratteristiche organolettiche.
Proteine idrolizzate – A cosa servono
Diversi sono gli ambiti di utilizzo delle proteine idrolizzato; in ambito agricolo, per esempio, sono impiegate per attirare alcune specie di insetti in miscele velenose come, per esempio, il piretro (un insetticida di origine naturale consentito in agricoltura biologica) o il rotenone (un insetticida e acaricida naturale); in ambito zootecnico, le proteine idrolizzate sono utilizzate nell’alimentazione degli animali d’allevamento ruminanti e no.
Le proteine idrolizzate per uso umano, invece, sono utilizzate principalmente nell’ambito dell’integrazione alimentare, in particolar modo
- nel campo dell’integrazione per gli sportivi
- nel settore dei prodotti destinati a soggetti allergici o intolleranti.
Per quanto riguarda il secondo caso, lo scopo è quello di fornire fonti proteiche evitando, nel caso di soggetti allergici o intolleranti, lo scatenarsi di reazioni indesiderate legate all’assunzione di proteine nella loro forma originale (si pensi, per esempio, a coloro che sono allergici al latte); in linea generale, le proteine idrolizzate, sono meno problematiche a livello gastrointestinale e i tempi richiesti per la loro digestione sono ridotti.

Le proteine idrolizzate si ottengono attraverso un particolare processo di idrolisi, cioè una reazione chimica di scissione di un composto in cui si ha l’intervento dell’acqua
Proteine idrolizzate e integrazione alimentare per gli sportivi
Nell’ambito dell’integrazione alimentare per coloro che praticano attività sportive, ferme restando le perplessità sull’effettiva necessità di un’integrazione proteica in chi segue un regime alimentare equilibrato (anche se possono esservi alcune eccezioni nel caso di particolari categorie di persone), le proteine idrolizzate hanno alcuni vantaggi rispetto alle tradizionali proteine isolate:
- sono caratterizzate da minori problematiche a livello gastrointestinale e, conseguentemente, si riscontrano meno frequentemente effetti indesiderati quali dolori addominali, gonfiore intestinale, flatulenza ecc.
- Sono più velocemente assorbibili e, di conseguenza, l’aumento dei livelli degli aminoacidi nel circolo sanguigno sarà più rapido.
Il punto b) risulta particolarmente interessante per quanto concerne la fase che segue l’attività fisica, il post-allenamento perché si velocizzano i tempi di recupero e, teoricamente, si sfrutta in modo più efficiente il periodo, non particolarmente lungo, successivo a un’intensa sessione di allenamento fisico ovvero la cosiddetta “finestra anabolica”, lasso di tempo in cui i muscoli scheletrici sono maggiormente “predisposti” a immagazzinare e a sfruttare i nutrienti forniti allo scopo di sintetizzare nuovi tessuti e riparare quelli danneggiati dall’attività fisica.