I grassi vegetali sono sostanze costituite da miscele di lipidi che provengono da fonti vegetali; infatti, la dizione corretta sarebbe grassi di origine vegetale, da contrapporsi a quelli di origine animale. Usare la locuzione grassi vegetali deve pertanto ritenersi un’abbreviazione di quella corretta, anche se può ingenerare equivoci.
Un grave errore è, per esempio, ritenere che i grassi vegetali non contengano colesterolo, mentre i grassi animali sì. Premesso che la demonizzazione del colesterolo è giustificata solo in presenza di altri fattori di rischio cardiovascolare (fumo, obesità e/o ipertensione), un cioccolato fondente con una percentuale di cacao attorno al 50% contiene 8 mg di colesterolo ogni 100 g (fonte USDA) contro i 53 di 100 g di prosciutto cotto magro.
I grassi vegetali possono essere solidi (come la margarina) sia soprattutto liquidi (poiché prevalgono gli acidi grassi polinsaturi e/o monoinsaturi rispetto a quella saturi in quelli di origine animale); in tal caso, è preferibile usare la dizione oli vegetali.
Dal punto di vista salutistico, non tutti i grassi vegetali sono equivalenti, per esempio, c’è differenza fra olio d’oliva extravergine e olio di cocco. In altri casi, come nell’olio di palma, a problemi salutistici (comunque non gravissimi, se non si eccede con le quantità) si sommano problemi ambientali (la distruzione di foreste per far posto alle coltivazioni).

L’olio di canola è un olio vegetale derivato da una varietà di colza a basso contenuto di acido erucico (i semi devono contenere meno del 2% di acido erucico)
Grassi vegetali: cosa dice la legge
Grassi e oli vegetali sono presenti in moltissimi prodotti alimentari; storicamente le locuzioni “oli vegetali” e grassi vegetali” erano usate indifferentemente. Nell’ottobre del 2011, il Parlamento e il Consiglio europeo hanno adottato il regolamento n. 1169/2011 relativo alle informazioni che devono essere obbligatoriamente riportate sulle etichette dei prodotti alimentari. Il regolamento in questione entrò in vigore il 12 dicembre 2014, anche se le disposizioni relative alla dichiarazione nutrizionale furono applicate a partire dal 13 dicembre 2016. Finalmente la dizione oli (grassi) vegetali fu accompagnata dall’indicazione del tipo di olio o di grasso (per esempio: olio di colza, olio di girasole, olio di mais, olio di palma ecc.); se trattasi di miscela di oli deve essere presente la dicitura “in proporzione variabile” accompagnata dall’elenco degli oli.
Si tratta sicuramente di un notevole progresso dal momento che il consumatore adesso è in grado di sapere se gli oli contenuti in un certo prodotto sono prodotti di seconda scelta, ma comunque accettabili come quelli di mais, di palma ecc. o prodotti decisamente scadenti come per esempio l’olio di colza, veramente pessimo in quanto è costituito per circa la metà da acido erucico i cui effetti negativi sulla crescita, sul fegato e sul cuore sono ormai documentati, tant’è che per legge l’acido erucico non può superare il 5% del totale degli acidi grassi presenti negli oli di semi e nelle margarine. Negli USA è stato lanciato da tempo un olio di colza geneticamente modificato a basso tenore di acido erucico, l’olio canola.
Gli oli idrogenati e la margarina hanno perso terreno tant’è che molti produttori si premurano di utilizzare la locuzione “non idrogenati”.
Da un punto di vista salutistico, la normativa non fa però ancora abbastanza chiarezza. L’olio di cocco contiene l’87% di grassi saturi, quindi sembrerebbe logico considerarlo di qualità inferiore al burro (che ne contiene solo il 65%). I grassi saturi però (andando un po’ più in là nella nostra conoscenza) possono essere a catena media (non influenzano i valori di colesterolo) o a catena lunga (questi lo fanno).
Nell’olio di cocco una buona percentuale dei grassi saturi contenuti è a catena media (MCT) e quindi se si vuole fare un discorso corretto occorre conoscere la percentuale dei grassi saturi a catena lunga: nell’olio di cocco i grassi a catena media (caproico, caprilico, laurico e caprico) sono il 60,7%! Come si vede l’olio di cocco è molto meno dannoso di quanto si pensi. Se si passa poi all’olio di palma si scopre che in commercio esistono due oli di palma: quello “rossiccio” e quello “gialliccio”, ricavato dal “kernel”, cioè dai semi (PKO, palm kernel oil); le caratteristiche sono completamente diverse, peccato che nei prodotti venga usata la sola dizione “olio di palma”. Si legga per approfondire l’articolo L’olio di palma fa male?.
Purtroppo, la confusione non si risolve certo orientandosi al biologico: molti prodotti biologici (anche di case molto distribuite) hanno fra gli ingredienti olio di palma (da agricoltura biologica!): che bisogno c’è di usare olio di palma (meglio il burro che non dà adito a dubbi sulla raffinazione)?
Indice materie – Scienza della nutrizione – Grassi vegetali