Gli acidi grassi polinsaturi (o, più brevemente, grassi polinsaturi o anche PUFA, sigla derivata dai termini inglesi Polyunsaturated Fatty Acids) sono lipidi le cui molecole risultano formate da una lunga catena di atomi di carbonio che inizia con il gruppo COOH (detto gruppo carbossilico) e finisce con il gruppo CH3 (gruppo metilico); gli atomi di carbonio sono tenuti insieme sia da legami semplici sia da doppi legami; per poter definire un acido grasso come polinsaturo è necessario che i doppi legami siano almeno due. Il fatto di possedere due o più doppi legami distingue gli acidi grassi polinsaturi dagli acidi grassi saturi, i quali presentano soltanto legami singoli, e dagli acidi grassi monoinsaturi che invece presentano un unico doppio legame.
Gli acidi grassi polinsaturi, insieme agli acidi grassi monoinsaturi, appartengono al grande gruppo degli acidi grassi insaturi.
Come si vede dalla figura sottostante, gli acidi grassi mono- e polinsaturi hanno una struttura più elastica, con curve che non consentono una disposizione ordinata. Hanno quindi temperatura di solidifcazione più bassa e un minor grado di conservabilità. Queste proprietà dipendono dal numero di doppi legami, per cui se per esempio mettiamo in frigorifero l’olio di oliva (costituito principalmente da acidi grassi monoinsaturi) solidificherà mentre l’olio di girasole (in prevalenza costituito da polinsaturi) resterà liquido.

A sinistra un acido grasso saturo (acido stearico), a destra un acido grasso polinsaturo (acido linoleico)
A livello di stabilità quindi i monoinsaturi sono migliori dei polinsaturi che hanno molta facilità a ossidarsi, tant’è che un loro consumo eccessivo è legato a immunodeficienza e a un aumento del rischio tumorale.
Gli acidi grassi polinsaturi più comuni
Gli acidi grassi polinsaturi presenti in natura sono diversi, fra essi si ricordano l’acido linoleico, l’acido linolenico, l’acido arachidonico, l’acido stearidonico, l’acido timnodonico (sicuramente più noto come acido eicosapentaenoico, EPA), l’acido clupanodonico (certamente meglio conosciuto come acido docosaesaenoico, DHA), l’acido cervonico. I primi tre sono fra gli acidi grassi polinsaturi più noti.
L’acido linoleico (anche acido 9,12-ottadecadienoico, di formula bruta C18H32O2) è un lipide presente nell’olio di cartamo, nell’olio di vinacciolo, nell’olio di semi di girasole, nel germe di grano, nel sesamo ecc. Rientra nella categoria dei cosiddetti acidi grassi essenziali e appartiene alla famiglia dei cosiddetti omega 6. Un suo isomero, l’acido linoleico coniugato (altresì noto con la sigla CLA) è utilizzato nel campo dell’integrazione come agente favorente l’aumento della massa magra e la diminuzione della massa grassa. Può essere indicato anche con la sigla C18:2 W6, è cioè un acido grasso con 18 atomi di carbonio, 2 doppi legami di cui il primo si trova dopo il sesto atomo di carbonio a partire dall’estremità terminale (quella metilica). Si veda, per approfondimenti, il nostro articolo Acidi grassi che spiega come indicare un determinato acido grasso.
L’acido linolenico (anche acido 9,12,15-ottadecatrienoico, di formula bruta C18H30O2) è un grasso presente negli oli vegetali (per esempio nell’olio di canapa e in quello di soia) e nei pesci ricchi di grassi; la terminologia acido linolenico è generica, è importante, infatti, distinguere fra acido alfa-linolenico (ALA) e acido gamma-linolenico (GLA), il primo è un acido grasso polinsaturo che appartiene al gruppo dei cosiddetti omega 3 e può essere indicato con la sigla C18:3 W3, mentre il secondo è un acido grasso appartenente al gruppo degli omega 6.
L’acido arachidonico (anche acido 5,8,11,14-eicosatetraenoico, di formula bruta C20H32O2) è un lipide molto diffuso in natura; può essere assunto tramite la dieta, in particolare da carne, pesce e uova), ma può essere anche sintetizzato dall’organismo umano a partire dal già citato acido linoleico. Nel nostro organismo l’acido arachidonico è soprattutto concentrato a livello del tessuto muscolare e di quello cerebrale; se ne possono riscontrare discrete quantità anche nel latte materno, ove si trova in quantità decisamente superiori a quelle registrabili nel latte vaccino. L’acido arachidonico può anche essere indicato con la sigla C20:4 W6.
Omega 3 e 6
Sicuramente fra gli acidi grassi polinsaturi più noti rientrano quelli appartenenti alle famiglie omega 3 e omega 6; ricordiamo che il numero dopo il termine omega indica quanti atomi di carbonio sono presenti a partire dall’ultimo atomo di carbonio (omega è l’ultima lettera dell’alfabeto greco), fino ad arrivare al primo doppio legame. Parlando di acidi grassi vengono spesso citati i termini essenziali e semiessenziali. È opportuno spiegarne, seppur brevemente, il motivo.
Il nostro organismo è in grado di sintetizzare tutti gli acidi grassi fatta eccezione per l’acido alfa-linolenico e l’acido linoleico; per questo motivo questi due particolari acidi grassi polinsaturi vengono detti essenziali; si parla invece di acidi grassi semiessenziali per riferirsi a quegli acidi grassi che derivano dalla via biosintetica dei due acidi grassi essenziali citati poc’anzi; la sintesi dei semiessenziali è possibile grazie all’azione di enzimi che permettono l’allungamento della catena carboniosa (enzima elongasi) e di incrementare il numero dei doppi legami (enzima desaturasi).
Gli acidi grassi che originano dall’acido alfa-linolenico appartengono alla famiglia degli omega 3, mentre quelli che originano dall’acido linoleico appartengono alla famiglia degli omega 6.
Fra i principali acidi grassi polinsaturi omega 3 ricordiamo i già citati acido alfa-linolenico, anche ALA, e gli acidi eicosapentaenoico e docosaesaenoico (EPA e DHA), mentre fra i più noti omega 6 si ricordano l’acido linoleico, anche LA, l’acido gamma-linolenico (GLA), l’acido diomogamma-linolenico (DGLA), l’acido arachidonico (AA), l’acido adrenico e l’acido docosapentaenoico.

Tra gli acidi grassi polinsaturi più noti rientrano quelli appartenenti alle famiglie omega 3 e omega 6