I succhi di frutta, secondo la definizione Direttiva 2001/112/CE, sono “il prodotto fermentescibile ma non fermentato, ottenuto da frutta sana e matura, fresca o conservata al freddo, appartenente ad una o più specie e avente il colore, l’aroma e il gusto caratteristici dei succhi di frutta da cui proviene. L’aroma, la polpa e le cellule del succo che sono separati durante la lavorazione possono essere restituiti allo stesso succo“.
Sostanzialmente, i succhi di frutta sono bevande analcoliche che si ottengono, tramite determinati processi di lavorazione, da varie tipologie di frutta quali, per esempio, albicocca, ananas, arancia, fragola, mela, mirtillo, pera, pesca, pompelmo ecc. Alcuni succhi di frutta contengono anche ortaggi (il tipico esempio è rappresentato dai succhi di frutta ACE (arancia, carota e limone; l’acronimo fa riferimento alle principali vitamine contenute nei costituenti principali, le vitamine A, C ed E).
I processi produttivi di un succo variano a seconda del tipo di frutta; nel caso della mela, per esempio, si deve procedere con una macinazione particolarmente spinta (non è frutto da cui è facilissimo estrarre il succo) con l’aggiunta di un coadiuvante che faciliti l’estrazione e aumenti la resa (di norma si ricorre a cellulosa, nella misura dell’1-2% circa); dalla lavorazione con apposite presse si ricava il succo fresco che ha un aspetto piuttosto torbido che viene mantenuto (è un requisito organolettico che molti consumatori richiedono) grazie a un trattamento termico che inattiva gli enzimi pectinolitici che altrimenti attaccherebbero la pectina. Terminata questa fase, si procede con l’aggiunta di acido ascorbico che serve a prevenire variazioni del colore. Le fasi successive sono la filtrazione e un ulteriore trattamento termico. Nel caso in cui si voglia ottenere un succo di mela limpido è necessario un trattamento di chiarificazione che può essere effettuato con caseina o con bentonite.
La maggior parte dei succhi di frutta vengono diluiti con acqua; se il processo di diluizione non viene effettuato, il succo di frutta può essere definito come “concentrato di frutta”.
Quando si utilizza anche la polpa del frutto (che sarò presente sotto forma di purea), si ha il “nettare di frutta”, altrimenti detto “succo e polpa di frutta”; nella gran parte dei casi la percentuale minima della polpa si aggira sul 50%.
I succhi di frutta sono veri e propri cibi; apportano infatti macronutrienti, fibre alimentari (seppure in percentuali molto ridotte), vitamine, sali minerali ecc. Risulta però immediatamente ovvio che un paragone con il consumo di un frutto vero e proprio è improponibile in quanto l’indice di sazietà di un succo è decisamente inferiore; vengono infatti a mancare il processo di masticazione e una buona parte del processo di digestione.
Succhi di frutta fatti in casa
Naturalmente una valida alternativa ai succhi di frutta acquistati è quello di farseli in casa. Questa scelta presenta vantaggi e svantaggi:
- tra i vantaggi, il principale è quello di poter variare a piacere l’aggiunta di zucchero, o, al limite, eliminarlo per realizzare succhi ipocalorici. Inoltre, si può aggiungere anche la polpa frullata per un maggiore contenuto di fibre.
- Tra gli svantaggi, sicuramente è quello della reperibilità della frutta, non sempre disponibile, e del fatto che deve aver raggiunto un ottimo grado di maturazione, altrimenti la qualità del succo sarà decisamente inferiore
Un succo fatto in casa può essere conservato qualche ora in frigorifero, ma si consiglia di consumarlo appena fatto per gustarlo al meglio.
Il Decreto Legislativo n. 20 del 19.02.2014
Di relativamente recente pubblicazione è il Decreto Legislativo n. 20 del 19.02.2014 “attuazione della Direttiva 2012/12/UE che modifica la Direttiva 2001/112/CE concernente i succhi di frutta e altri prodotti analoghi destinati all’alimentazione umana”.
Il provvedimento in questione ha apportato migliorie al D.lgs. 151/2004 (“Attuazione della Direttiva 2001/112/CE, concernente i succhi di frutta ed altri prodotti analoghi destinati all’alimentazione umana”) vietando l’aggiunta di zucchero o di edulcoranti nei succhi di frutta; conseguentemente, i produttori, nella commercializzazione di questi prodotti (leggasi nella pubblicità, nelle etichette e via discorrendo), non possono più utilizzare quali, per esempio “senza zuccheri aggiunti”. La dicitura “senza zuccheri aggiunti” potrà essere ancora usata nel caso dei nettari di frutta che non contengono monosaccaridi o disaccaridi aggiunti e, ovviamente, sostanze edulcoranti. In questi casi si può utilizzare la dicitura “contiene naturalmente zuccheri”.

I succhi di frutta dei marchi più all’avangaurdia vengono a volte arricchiti da verdure per migliorare i valori nutrizionali
Con o senza zucchero?
I succhi di frutta hanno una produzione regolamentata da una serie di norme rigide, al fine di evitare frodi alimentari o la commercializzazione di alimenti non genuini.
La legislazione italiana prevede la commercializzazione di quattro tipi: quelli semplici, ottenuti dal solo processo meccanico di spremitura, i succhi concentrati (concentrazione superiore al 50%) in cui una parte dell’acqua presente viene eliminata, i succhi disidratati, ridotti quindi in polvere e i nettari di frutta, ove al succo e alla polpa del frutto (in percentuale variabile dal 30% al 50%) viene aggiunto lo zucchero diluito in acqua.
Nei casi di succhi di frutta lo zucchero aggiunto non può essere superiore a 100 g/litro, mentre nel nettare la percentuale può salire fino a costituire un quinto del peso complessivo. Fanno eccezione i succhi di limone, lampone e ribes per i quali, data la natura aspra del frutto, è consentita l’aggiunta di zucchero fino a 200 g per litro. Anche la percentuale di frutta (succo o purea) è garantita per legge, e varia a seconda del frutto (da un minimo di 25% del ribes a un massimo di 50% delle mele).
Tutti i vari tipi di succhi di frutta sono sottoposti a un processo di pastorizzazione, al fine di garantire la sterilizzazione ed evitare il fenomeno della fermentazione, processo chimico in cui microrganismi detti fermenti (lieviti, muffe, batteri) demoliscono i carboidrati.
La frutta, per il suo elevato contenuto di amido e zuccheri, è particolarmente sensibile a questo processo chimico. La pastorizzazione, come molti processi termici, diminuisce il contenuto di vitamine che è quindi decisamente inferiore a quello della frutta fresca. Nei succhi è vietata l’aggiunta di coloranti, mentre è ammessa quella dell’acido ascorbico (antiossidante), dell’acido citrico (fino a 5 g per litro), dell’acido lattico (fino a 5 g per litro), dell’acido malico (fino a 3 g per litro), oltre a carbonati di calcio e tartrati di potassio.
Nel processo di filtraggio del succo sono consentiti anche l’uso di chiarificanti per renderlo più limpido, di aromi per esaltare il gusto e di anidride solforosa (usata come stabilizzante, esattamente come per il vino, in quantità non superiore a 10 mg per litro).
Si deve osservare che l’apporto di zucchero aggiunto rende il prodotto inutilmente più appetibile della frutta fresca: in sostanza meno ricco nutrizionalmente della frutta fresca, inutilmente più calorico e più appetibile. Per questi motivi (ved. Zucchero) la dieta italiana ne sconsiglia l’uso.
Queste bevande vengono commercializzate in diversi formati: tetra pak, bottigliette in vetro o in plastica di varie forme e dimensioni.
Di norma, possono essere consumati senza nessun problema da chi soffre di celiachia e comunque è sufficiente verificare l’etichetta per controllare se contengono o no glutine.
I maggiori produttori italiani sono Santal, Valfrutta, Zuegg e Yoga; esistono poi moltissime realtà di minori dimensioni.
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