Formaggio pecorino è una dicitura piuttosto generica con la quale si fa riferimento a una notevole varietà di formaggi; più precisamente, i pecorini sono formaggi a pasta dura (umidità inferiore al 40%) prodotti con latte di pecora intero. La produzione di questi formaggi viene effettuata in varie regioni italiane; l’Italia ha infatti una tradizione antica e variegata per quanto riguarda i formaggi pecorini tant’è che sono diversi i prodotti che ottenuto il riconoscimento DOP (vedasi più avanti); altri pecorini degni di nota sono il pecorino di Pienza, il pecorino di Abruzzo, il pecorino di Farindola, il pecorino di Atri, il pecorino di fossa, il pecorino bagnolese, il pecorino di Moliterno e il pecorino rosso.
Riconoscimento DOP
Fra tutte le varietà presenti nel territorio italiano ve ne sono otto che hanno ottenuto il riconoscimento D.O.P.:
- pecorino crotonese
- pecorino di Filiano
- pecorino di Picinisco
- pecorino romano
- pecorino sardo
- pecorino siciliano
- pecorino toscano
- pecorino delle Balze Volterrane.
Le caratteristiche organolettiche fra un tipo e l’altro variano sostanzialmente. Di seguito analizziamo brevemente le caratteristiche di cinque degli otto formaggi sopraccitati.
Nota – Le diciture “toscano” e “romano” sono ricollegabili a una tipologia di lavorazione DOP che può essere effettuata anche al di là della zona specificata (anche se in zone limitrofe ben determinate); questo perché sia la materia prima che il processo di lavorazione di questi due formaggi danno origine a due prodotti pressoché analoghi, anche se ci si trova a effettuare le lavorazioni poco al di fuori delle zone native (per esempio, il pecorino toscano viene realizzato anche in alcuni comuni delle regioni Umbria e Lazio).
Pecorino di Filiano
Il pecorino di Filiano ha ottenuto il riconoscimento D.O.P. nel 2007 (Reg. CE n. 1485 del 14.12.07; GUCE L. 330 del 15.12.07). La zona di produzione è la provincia di Potenza. È un formaggio a pasta dura ottenuto con latte intero di pecore di determinate razze (Gentile di Puglia e Lucania, Leccese, Comisana, Sarda e incroci di queste) allevate nei territori indicati nel disciplinare di produzione; l’alimentazione degli ovini è regolamentata dal sopraccitato disciplinare il quale prevede diverse limitazioni.
Il latte scelto per la produzione proviene da una o due mungiture e deve essere lavorato al massimo entro 24 ore dalla prima mungitura. Il latte crudo, dopo opportuna filtratura, viene progressivamente riscaldato nelle caldaie fino a che non raggiunge la temperatura di 40° C, la massima consentita.
Quando il latte raggiunge valori di temperatura che vanno dai 36 ai 40 °C, si procede con l’aggiunta del caglio, rigorosamente proveniente da animali che devono essere allevati nelle zone di produzione previste dal regolamento. Dopo che la cagliata si è formata, si procede alla rottura di quest’ultima tramite un mestolo di legno (il cosiddetto scuopolo o ruotolo) fino a che non si ottengono dei grumi dimensionalmente simili a dei chicchi di riso.
La cagliata viene fatta riposare qualche minuto dopodiché si procede all’estrazione della massa e al successivo inserimento nelle fuscedd, particolari fuscelle di giunco dalla caratteristica sagomatura. La fase successiva è la pressatura manuale (la frugata) che consente al siero di fuoriuscire; le forme vengono poi messe nel cosiddetto liquido di scotta per un periodo di tempo massimo di 15 minuti. Si procede poi alla salatura che può essere fatta a secco oppure tramite immersione in salamoia.
Nel caso della salatura a secco, la procedura è protratta per alcuni giorni (al massimo 10); la salatura tramite salamoia dura invece 10-12 ore. La maturazione delle forme (almeno 180 giorni) avviene in grotte di tufo o in appositi locali interrati mantenuti a temperatura costante (12-14 °C, umidità relativa 70-85%); dopo il ventesimo giorno si procede generalmente alla sfregatura della crosta con olio extravergine di oliva prodotto in Basilicata e con aceto di vino. La stagionatura dura circa 8 mesi e la produzione dura tutto l’anno.
In commercio si trovano diversi tipi di forme (si va dai 2,5 ai 5 kg circa) che devono essere appositamente contrassegnate; il colore della crosta varia dal giallo dorato al bruno scuro mentre la pasta va dal bianco (stagionatura più breve) al giallo paglierino (stagionatura più lunga). Il sapore del pecorino di Filiano varia dal dolce, nelle forme più giovani, al piccante nelle forme ben stagionate. È un ottimo formaggio da tavola e da grattugia.
Pecorino romano
Il pecorino romano ha ottenuto il riconoscimento D.O.P. nel 1996 (Reg. CE n. 1107 del 12.06.96; GUCE L. 148 del 21.06.96). Le zone di provenienza del latte fresco di pecora intero che verrà utilizzato per la produzione del pecorino romano sono l’intero territorio della regione Lazio, l’intero territorio della regione Sardegna e la provincia di Grosseto, uno dei capoluoghi della Toscana.
Il latte che arriva ai caseifici è inizialmente filtrato dopodiché può essere lavorato crudo oppure dopo termizzazione a 68 °C per circa 15 secondi. La fase successiva è quella della coagulazione che avviene, tramite l’aggiunta di caglio di vitello, a una temperatura che va da 38 a 40 °C.
Il latte viene acidificato con l’aggiunta di sieroinnesto prodotto tramite la coltura di fermenti lattici (S. thermophilus, L. bulgaricus, L. casei e L. lactis). Dopo che la cagliata si è formata, si procede alla sua rottura fino a che non si ottengono granuli grandi come chicchi di riso.
La fase successiva è la cottura, fase durante la quale il latte viene portato fino alla temperatura massima di 48 °C. Avvenuta la cottura si procede con l’estrazione della cagliata e successivo spurgo tramite pressatura. La pasta viene poi messa in fascere di resina e qui rimane per circa dodici ore. In questo lasso di tempo le forme vengono ripetutamente rivoltate.
Fasi successive sono la marchiatura e la salatura. La fase della salatura è piuttosto lunga, viene effettuata a secco per circa 180 giorni in locali inizialmente molto umidi (i primi 70 giorni) e successivamente più asciutti e freddi. Per il pecorino romano destinato al pasteggio è previsto un periodo di stagionatura che va dai 150 ai 180 giorni; per il formaggio destinato invece alla grattugiatura, la stagionatura arriva fino a 8 mesi. Nel periodo della stagionatura le forme vengono periodicamente rivoltate e lavate con acqua salata. La pasta del pecorino romano ha colore bianco o leggermente paglierino. Il gusto è piuttosto forte e salato, tipicamente piccante.
Pecorino sardo
Il pecorino sardo ha ottenuto il riconoscimento D.O.P. nel 1996 (Reg. CE n. 1263 del 01.07.96; GUCE L. 163 del 02.07.96). La zona di produzione è l’intero territorio della regione Sardegna. Il pecorino sardo, emblema caseario della regione, viene distinto in due tipologie, entrambe previste dal rigoroso disciplinare di produzione: pecorino sardo dolce e pecorino sardo maturo. Le due tipologie si differenziano sia per caratteri organolettici sia per dimensione delle forme.
Il latte intero di pecora, rigorosamente proveniente da allevamenti ubicati nella zona di produzione, viene inoculato con fermenti lattici dopodiché si procede alla coagulazione, tramite aggiunta di caglio di vitello, a una temperatura compresa tra i 35 e i 39 °C.
La fase di coagulazione dura circa 35-40 minuti al massimo. Si procede poi alla rottura della cagliata fino a che non si ottengono granuli grandi circa come una nocciola per la tipologia di pecorino sardo dolce e grandi come un chicco di granturco per la tipologia di pecorino sardo maturo.
La fase successiva è una semicottura a una temperatura che non supera i 43 °C. Dopo la semicottura, il prodotto viene messo negli appositi stampi dimensionalmente diversi a seconda della destinazione futura del prodotto finito.
La lavorazione continua con la stufatura e/o pressatura, procedure che consentono lo spurgo del siero. Finita la spurgatura è il momento della salatura che può avvenire a secco o in salamoia. La fase finale è la stagionatura, fase che differenzia le due tipologie; la maturazione del pecorino sardo dolce prevede un periodo che va dai 20 ai 60 giorni mentre quella del pecorino sardo maturo non può essere inferiore ai 4 mesi.
La tipologia dolce ha crosta liscia e sottile, il colore è bianco o leggermente paglierino, la pasta è bianca, morbida e compatta e ha un gusto piuttosto dolce.
Le forme in commercio arrivano fino ai 2 kg. Il pecorino sardo maturo ha crosta liscia, piuttosto consistente, di colore bruno che si intensifica man mano che la stagionatura si prolunga. La pasta è compatta, bianca, ma tende al paglierino man mano che la stagionatura progredisce. Il gusto è intenso e piccante. Le forme in commercio arrivano fino a 4 kg. Entrambe le tipologie sono ottime per il pasteggio e per la grattugia.
Pecorino siciliano
Le origini del pecorino siciliano sono antichissime. Ha ottenuto il riconoscimento D.O.P. nel 1996 (Reg. CE n. 1107 del 12.06.96; GUCE L. 148 del 21.06.96). La zona di produzione è l’intero territorio della regione Sicilia anche se la produzione maggiore di picurinu (così viene anche chiamato il pecorino siciliano) è concentrata nelle provincie di Agrigento, Caltanisetta, Enna e Trapani. È un formaggio a pasta dura e cruda ottenuto tramite la lavorazione di latte intero di pecora. Il bestiame deve provenire da allevamenti ubicati nella zona di produzione, produzione che è tipicamente stagionale, inizia infatti a ottobre per terminare nel mese di giugno.
Dopo la coagulazione effettuata con caglio di agnello, si procede con la spurgatura, procedura eseguita manualmente dopo che il prodotto è stato posto in appositi canestri di giungo (le fascedde). Si passa poi alla fase di maturazione, fase in cui la pasta viene posizionata su appositi tavolieri di legno; durante questa fase le forme vengono ripetutamente rivoltate all’interno dei canestri che le contengono allo scopo di donare loro la tipica forma.
Dopo la prima fase di produzione si procede alla salatura secco dell’intera forma dopodiché si passa alla fase di stagionatura, fase che dura non meno di 4 mesi. Il prodotto viene commercializzato in forme che vanno dai 4 ai 12 kg. La crosta è rugosa, di colore bianco-giallognolo mentre la pasta va dal bianco al giallo paglierino.
Il pecorino siciliano ha gusto piuttosto deciso, fruttato e piccante, caratteristica quest’ultima accentuata dal prolungarsi della stagionatura. È un formaggio che può essere utilizzato nei modi più disparati, può essere consumato da solo, utilizzato come formaggio da grattugia o anche per insaporire i primi. Un uso tipico è quello di mangiarlo insieme a pane e olive.
Sebbene il disciplinare di produzione consideri come pecorino siciliano solamente il formaggio stagionato per almeno quattro mesi, si trovano in commercio anche pecorini freschi (la tuma e il primo sale) e semistagionati (secondo sale).
Pecorino toscano
Il pecorino toscano ha ottenuto il riconoscimento D.O.P. nel 1996 (Reg. CE n. 1263 del 01.07.96; GUCE L. 163 del 02.07.96). La zona di produzione è piuttosto estesa e comprende tutta la regione toscana e alcuni comuni delle regioni Umbria e Lazio. È un formaggio a pasta tenera o semidura ottenuto con latte intero di pecore allevate nei territori indicati nel disciplinare e alimentate con foraggi verdi o affienati provenienti dai pascoli delle zone di produzione.
Il latte destinato alla produzione di questo formaggio viene fatto coagulare, mediante l’aggiunta di caglio di vitello, a una temperatura compresa tra i 33 e i 38° C. La coagulazione deve avvenire entro 25 minuti al massimo.
Dopo che la cagliata si è formata, si procede alla fase di rottura che continua fino a che non si raggiungono grumi grandi come una nocciola per il pecorino a pasta tenera e grandi come un chicco di granturco per il pecorino a pasta semidura; se la preparazione riguarda quest’ultima tipologia di pasta, la cagliata deve essere sottoposta anche a cottura (40-42 °C per circa 10-15 minuti).
La fase successiva è l’inserimento nelle forme per poter procedere allo spurgo del siero, spurgo ottenuto tramite pressatura fatta a mano oppure con stufatura a vapore.
Si procede poi alla salatura, procedura che può essere eseguita tramite aggiunta diretta di sale oppure con immissione in salamoia (17-19% cloruro di sodio). La permanenza in salamoia varia a seconda del tipo di pasta (minimo 8 ore per il pecorino a pasta tenera e 12-14 ore per il tipo a pasta semidura; la permanenza è in riferimento a kg di peso). Il disciplinare di produzione consente un trattamento antimuffa esterno. La maturazione del pecorino viene effettuata in appositi locali (temperatura compresa fra i 5 e i 12 °C, umidità relativa del 75-90%).
Il formaggio a pasta tenera deve maturare almeno per 20 giorni mentre quello a pasta semidura ha un periodo di maturazione che deve protrarsi per almeno 4 mesi.
Le forme in commercio (che devono essere debitamente contrassegnate secondo le norme previste dal disciplinare di produzione) vanno dai 750 g ai 3,5 kg. La crosta esterna è gialla (tonalità più scura nel tipo tenero). La pasta va dal bianco al paglierino leggero nel formaggio a pasta tenera mentre è di colore paglierino più deciso nell’altra tipologia. È un ottimo formaggio da tavola che può essere utilizzato anche come formaggio da grattugia.
Calorie e valori nutrizionali
INFO AL. (pecorino romano) – Proteine: 31,8; grassi: 26,94; carboidrati per differenza: 3,63 (fibre: 0); ceneri: 6,72; acqua: 30,91; colesterolo: 104; sodio: 1.200; calorie: 387.
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