I formaggi italiani sono moltissimi e una buona parte di essi sono noti e apprezzati anche oltre confine (basti pensare all’enorme popolarità del parmigiano reggiano). Come principale derivato del latte, i formaggi presentano una buona percentuale di proteine e una percentuale di grasso che dipende dalla lavorazione e dal tipo di latte che lo ha prodotto. Una variante di questo alimento è il formaggino, un prodotto della moderna industria alimentare, costituito da formaggio fresco spalmabile e confezionato in comode monodosi. I formaggini sono stati realizzati per la prima volta in Svizzera nei primi anni del XX secolo; oggi nella loro realizzazione sono ottenuti da formaggi già maturi e sottoposti a ulteriore elaborazione con l’aggiunta di panna, burro e ulteriore latte (generalmente in polvere) oltre a prodotti chimici per facilitare la fusione e conferirgli un aspetto più morbido (citrati e polifosfati).
Formaggio: la produzione
Il termine formaggio deriva dal latino medioevale caseum formaticum, locuzione che indicava il cacio messo in forma; si tratta sicuramente di uno dei prodotti alimentari più antichi, derivato dal latte (bovino, caprino, ovino o di bufala) per coagulazione di una delle proteine principali, la caseina.
La coagulazione è il risultato dell’innalzamento dell’acidità del latte; tale trasformazione può avvenire naturalmente, lasciando invecchiare il latte, oppure con l’aggiunta di sostanze e l’aumento termico (si porta il latte a circa 35 °C). Per far coagulare il latte si usano principalmente enzimi batterici, vegetali e il caglio, sostanza che si ricava dallo stomaco (abomaso) di vitelli, capretti e agnelli. In seguito alla coagulazione per effetto dell’acidità e della temperatura, le proteine precipitano e si separano dalla parte liquida (siero), con conseguente formazione della cagliata.
Dalla cagliata si possono ottenere diverse tipologie di formaggi; le classificazioni sono veramente tante ed è impossibile riportarle tutte; una delle più pratiche è quella che distingue i formaggi in base alla consistenza della pasta; rifacendosi a questo criterio si possono distinguere:
- formaggi a pasta molle
- formaggi a pasta semidura
- formaggi a pasta dura.
Tipici esempi di formaggi a pasta molle sono il gorgonzola dolce, il raviggiolo e lo squacquerone di Romagna. Si tratta di formaggi la cui cagliata non è soggetta a riscaldamento o a pressione e ciò fa sì che la pasta rimanga morbida anche quando il formaggio è in piena stagionatura (che comunque è in genere abbastanza breve); il contenuto di acqua è piuttosto elevato e si aggira tra il 45 e il 70% circa.
I formaggi a pasta semidura (come, per esempio, asiago, bra, caciocavallo e fontina) sono caratterizzati da un contenuto di acqua di norma compreso tra il 36 e il 45% e da tempi di stagionatura medi.
I formaggi a pasta dura, come il grana padano e il parmigiano reggiano, hanno un contenuto di acqua piuttosto basso, spesso inferiore al 36%; i tempi di stagionatura sono piuttosto lunghi.
A seconda del tipo di formaggio variano enormemente le fasi successive e possono prevedere la salatura, la stagionatura e l’aggiunta di altre sostanze (pepe, aromi, erbe ecc.).
I formaggi italiani più noti
In Italia, com’è noto, esistono molti prodotti tipici e la Commissione Europea ha creato un logo che permette di identificare prontamente i prodotti alimentari inseriti nei sistemi di tutela noti come D.O.P. (Denominazione d’Origine Protetta) e I.G.P. (Indicazione Geografica Protetta).
Ai principali formaggi italiani dedichiamo nel sito articoli a parte; di seguito un breve cenno a quelli più noti o comunque interessanti; chi è interessato ad approfondire una singola voce può cliccare, ove presente, sul link.
Asiago – Un formaggio D.O.P. prodotto con latte vaccino prodotto nelle province di Vicenza, Trento, Padova e Treviso. Apporta 356 kcal/100 g.
Bel Paese – Un formaggio fresco originario dell’Italia settentrionale prodotto dalla Galbani. Apporta 373 kcal/100 g.
Burrata – Un formaggio italiano fresco a pasta filata che ricorda la mozzarella. Viene prodotto nella Murgia con latte bufalino e/o vaccino. Apporta 396 kcal/100 g.
Burrino – Un formaggio a pasta filata che viene prodotto, con latte vaccino, in alcune zone del sud Italia; deve il suo nome al “cuore” di burro. È uno dei formaggi più grassi e apporta 517 kcal/100 g.
Caciocavallo – Un formaggio stagionato a pasta filata prodotto con latte molto grasso con la sola aggiunta di caglio, fermenti lattici e sale. È tipico dell’Italia meridionale. Apporta 439 kcal/100 g.
Caciotta – La caciotta è un formaggio a pasta semicotta prodotto con latte pecorino della Valle del Belice. Apporta 370 kcal/100 g.
Crescenza – Si tratta di formaggio grasso a pasta molle, fresco o di breve stagionatura; la regione di origine è la Lombardia. Apporta 281 kcal/100 g.
Fontina – Un formaggio D.O.P. di antiche origini, grasso a pasta semicruda, ad acidità naturale di fermentazione; viene prodotto utilizzando latte vaccino intero proveniente da una sola mungitura e munto da non oltre 2 ore. Apporta 343 kcal/100 g.
Gorgonzola – Un formaggio grasso a pasta molle ricavato da latte vaccino intero pastorizzato. Al latte vengono aggiunti fermenti lattici selezionati, caglio e spore della muffa Penicillum glaucum.
Grana padano – Un formaggio semigrasso a pasta dura, cotta, a maturazione lenta (da 9 a 24), prodotto con latte vaccino. Il latte utilizzato proviene da due mungiture giornaliere, quindi viene fatto riposare e viene parzialmente scremato per affioramento naturale. Apporta 381 kcal/100 g.
Murazzano – Una delle robiole più pregiate del Piemonte; la tradizione lo vorrebbe interamente prodotto con latte ovino, ma la legge consente anche una miscela di latte ovino e vaccino a condizione che la quota percentuale di quest’ultimo non superi il 40%. Apporta 350 kcal/100 g.
Parmigiano reggiano – Il parmigiano reggiano è un formaggio semigrasso ottenuto con latte parzialmente scremato, con pasta granulosa. Per produrre un chilo di formaggio sono utilizzati ben sedici litri di latte. È sicuramente uno dei simboli più noti della cultura alimentare italiana. Apporta 392 kcal/100 g.
Pecorino – I pecorini sono formaggi stagionati prodotti con latte di pecora intero. La produzione viene effettuata in varie regioni italiane; Fra tutte le varietà presenti nel territorio italiano ve ne sono cinque che hanno ottenuto il riconoscimento D.O.P. Mediamente un formaggio pecorino apporta circa 387 kcal/100 g.
Provola affumicata – Si tratta di un formaggio di origine campana; la caratterizza l’aromatizzazione ottenuta con il fumo di paglia umida che fra l’altro le conferisce un colore bruno. Apporta 260 kcal/100 g.
Provolone – È un formaggio prodotto in diverse forme: cilindrica, sferica, a pera e tipicamente contenuto in reti di corda o di giunco. Il più noto provolone è il Valpadana, un formaggio D.O.P. semiduro a pasta filante. Apporta 374 kcal/100 g.
Quartirolo lombardo – È un formaggio D.O.P.; ha una pasta molle e viene prodotto con latte vaccino intero o parzialmente scremato proveniente da due o più mungiture. Apporta 294 kcal/100 g.
Robiola – Un formaggio a pasta molle che probabilmente deve il suo nome a Robbio, un comune italiano in provincia di Pavia. Esistono diverse varietà di robiola, alcune vengono prodotte con latte vaccino, altre con latte caprino, altre con latte ovino e altre ancora con più di una tipologia di latte. Apporta circa 267 kcal/100 g.
Scamorza – È un formaggio a pasta semicruda e filata che viene prodotto con latte vaccino, anche se in alcuni caseifici della Campania viene utilizzato il latte bufalino. Apporta 334 kcal/100 g.
Stracchino – Un formaggio a pasta molle e di breve stagionatura che viene prodotto con latte vaccino intero. Apporta 300 kcal/100 g.
Taleggio – È un formaggio grasso, di forma rettangolare, a pasta molle e crosta lavata, prodotto con latte vaccino. La crosta è sottile e morbida, di colore rosato e può presentare muffe grigie o verde chiaro. Apporta 306 kcal/100 g.
Formaggi italiani: i prodotti D.O.P.
Sono molti i formaggi italiani che ottenuto il riconoscimento D.O.P.; ecco la lista aggiornata:
- Agrì
- Asiago
- Bitto
- Bra
- Branzi
- Caciocavallo Ragusano
- Caciocavallo Silano
- Caciomulo
- Canestrato pugliese
- Caprino, bergamasco
- Casciotta d’Urbino
- Castelmagno
- Fiore sardo
- Fontina
- Formaggella della Val di Scalve
- Formaggio di Fossa di Sogliano e Talamello
- Formai de Mut dell’Alta Valle Brembana
- Giacobin de Zena
- Gorgonzola
- Grana Padano
- Montasio
- Monte Veronese
- Mozzarella di bufala
- Murazzano
- Nostrano Valtrompia
- Parmigiano-Reggiano
- Pecorino d’Abruzzo
- Pecorino di Filiano
- Pecorino romano
- Pecorino sardo
- Pecorino siciliano
- Pecorino toscano
- Piave
- Provolone Valpadana
- Puzzone di Moena
- Quartirolo Lombardo
- Raschera
- Ricotta romana
- Robiola di Roccaverano
- Salva Cremasco
- Squacquerone di Romagna
- Stelvio o Stilfser
- Stracchino Bronzone
- Strachitunt o Strachì tunt
- Spressa delle Giudicarie
- Taleggio
- Toma Piemontese
- Valle d’Aosta Fromadzo
- Valtellina Casera
Formaggi italiani – Il mercato
Per una valutazione del mercato dei formaggi italiani, si consulti l’articolo Formaggi e latticini.
L’indice di Albanesi
L’indice di Albanesi è un indice che serve a comporre tutti i diversi problemi che si incontrano nella valutazione dei vari aspetti qualitativi di un formaggio. Per approfondire si consulti l’articolo L’indice di Albanesi.
I formaggi esteri più diffusi in Italia
Oltre ai formaggi italiani, nel nostro Paese sono molto diffusi anche i formaggi francesi e i i formaggi svizzeri; dalla Grecia arriva la feta (ottenuta dal latte di capra, ma oggi anche con quello di pecora o vaccino, è a pasta morbida, 250 kcal/100 g) e dall’Olanda l’edam (dalla classica forma sferica, ricoperto da paraffina rossa, deriva il nome dalla città d’origine; è ottenuto da latte vaccino stagionato per circa due mesi; apporta circa 380 kcal/100 g), il gouda (356 kcal/100 g) e il leerdammer (un formaggio a pasta semidura ottenuto dal latte vaccino, con i caratteristici grossi buchi, il cui nome deriva dalla città d’origine; apporta circa 375 kcal/100 g).
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