La bioimpedenziometria è una tecnica per lo studio della composizione del corpo umano nata dagli studi sull’impedenza del corpo umano (d’Arsonval, 1893, Hober, 1913, Philippson, 1920).
Già negli anni ’70 del secolo scorso si scoprì che l’impedenza misurata a basse frequenze stima soprattutto l’acqua extracellulare (ECW, in inglese, extracellular water), mentre le misure ad alta frequenza sono predittive dell’acqua totale (TBW; total body water).
Lo sviluppo della bioimpedenziometria è stato reso possibile (a partire dagli anni ’80) dalla comparsa sul mercato di strumentazione portatile, funzionante con corrente alternata a 50 kHz.
Secondo alcuni, la bioimpedenziometria è una delle tecniche più veloci e precise per valutare la composizione corporea.
La teoria
Quando una corrente elettrica è applicata a un cilindro riempito con una soluzione salina, il fluido si oppone al passaggio della corrente quanto più alta è la sua resistenza elettrica (R, espressa in ohm, Ω). La resistenza è direttamente proporzionale alla lunghezza L e inversamente al diametro D.
Se si sostituisce una parte del fluido con grasso (che è un conduttore scadente), la resistenza aumenta.
Se consideriamo il corpo umano come una serie di cilindri uniti tra di loro (braccia, tronco, gambe), la resistenza misurata considerando l’intero corpo rifletterà la sua composizione.
In realtà, se si applica una corrente alternata il conduttore si oppone al passaggio della corrente a seconda della sua impedenza (Z, in Ω).
L’impedenza ha una parte resistiva (la resistenza R, in regime di corrente continua R e Z coincidono) e una parte legata ai fenomeni energetici di accumulo (la reattanza, X). Matematicamente, ciò si esprime dicendo che l’impedenza è un numero immaginario, la cui parte reale è la resistenza e la parte immaginaria è la reattanza:
Z=R+jX
(j è l’unità immaginaria).
Nel corpo umano sano la resistenza contribuisce per ben il 98% all’impedenza (Lukaski, 1985); la reattanza (2%) è legata alla presenza di elementi capacitivi nel corpo, simili ai condensatori elettrici.
Senza entrare in noiose spiegazioni matematiche, basti sapere che il rapporto fra X ed R è detto fattore Q e la sua tangente è detta angolo di fase.
Praticamente l’angolo di fase indica quanto più il corpo differisce da una resistenza pura (Brazier, 1935).
Bioimpedenziometria: la tecnica di misura classica
In genere si usano quattro elettrodi cutanei, una coppia sul dorso della mano e una coppia sul dorso del piede. Il soggetto è supino, non a contatto con superfici metalliche. A seconda della strumentazione, le gambe sono divaricate di un angolo che va da 0 a 45° e gli arti superiori sono abdotti (allontanati dal tronco) di un angolo da 0 a 30°. In genere si usa una corrente alternata a 50 kHz di debole intensità (400 microampere), del tutto innocua.
Una prima difficoltà: la forma del corpo – La tecnica indicata è universalmente utilizzata per la grande comodità della misura. Scheltinga et al. hanno dimostrato, prima sui cani (1991) e poi sull’uomo (1992), che con elettrodi prossimali (cioè posti all’inizio degli arti) anziché distali (alla fine) è più facile riconoscere variazioni dei fluidi corporei, cioè, in altri termini, la misura è più precisa.
Ciò è dovuto al fatto che gli arti, avendo un diametro molto più piccolo del tronco, contribuiscono in maniera maggiore all’impedenza (per esempio la resistenza dell’intero corpo passa da 500 Ω a 220 Ω se misurata con elettrodi prossimali). È quindi abbastanza evidente che una localizzazione del grasso nel tronco viene “attenuata” da braccia e gambe troppo snelle. Risultano pertanto comunque poco sensate le correzioni che gli algoritmi dei bioimpedenziometri apportano, semplicemente presupponendo una localizzazione del grasso nelle sedi più tipiche (addome-uomo, fianchi-donna) in base a sesso ed età. Per eliminare del tutto ogni imprecisione sarebbe necessario considerare nella misura anche la forma del corpo esaminato.
Questa prima difficoltà esclude da ogni discorso seriamente scientifico quei bioimpedenziometri (comuni in molte farmacie) che misurano l’impedenza da braccio a braccio.
Altre difficoltà – Ricerche distinte di Elsen e di Schell hanno mostrato che lo spostamento di un elettrodo di un cm può causare in alcuni casi un errore del 10%.
I manuali che accompagnano la strumentazione sono molto chiari sul posizionamento, ma l’operatore che non conosca i termini del problema può facilmente ottenere dati approssimativi.
La temperatura ambientale deve essere confortevole.
Per gli strumenti che utilizzano la posizione supina, l’angolazione degli arti rispetto al tronco è fondamentale e anche in questo caso l’operatore deve conoscere il valore giusto dell’angolo arti/tronco.
Il soggetto non deve mangiare o bere diverse ore prima del test (Heyward consiglia addirittura 4 ore), non deve fare esercizio fisico 12 ore prima del test, assumere farmaci (in particolare diuretici) o integratori nei giorni precedenti il test, non deve urinare 30′ prima del test (questo consiglio non sembra del tutto sensato), né assumere alcolici. Non a caso spesso si consiglia di effettuare la misura al risveglio mattutino.
L’idratazione
La bioimpedenziometria consente di ottenere l’acqua totale (TBW); da essa per un adulto sano, in modo un po’ semplicistico si potrebbe determinare la massa magra supponendo che questa sia il 73% dell’acqua totale. Il dato è ovviamente una media e già questa ipotesi introduce sul singolo un potenziale errore.
Teoricamente, se l’idratazione cambia, cambia la conducibilità del corpo umano. In particolare a una minore idratazione corrisponde una maggiore reattanza.
Ben si comprende come una misura di un soggetto pensando che sia normoidratato mentre non lo è e l’applicazione di semplici formule standard porti a risultati errati. In particolare, l’idratazione può essere alterata per
- Sudorazione eccessiva
- Ritenzione idrica (eccessiva ingestione di liquidi, farmaci, integratori ecc.)
- Posizione del soggetto (per effetto della forza di gravità se il soggetto è in piedi la sua idratazione non è la stessa di quando è supino).
- Variazione nell’emocromo (cioè nella fluidità del sangue; Scheltinga, 1991)
Il terzo punto è facilmente gestibile dall’algoritmo, conoscendo la posizione del soggetto, mentre gli altri non sono gestibili “al buio” cioè senza un’anamnesi.

Valutazione della composizione corporea
I primi risultati
Da quanto detto risulta abbastanza evidente che ipotesi troppo rigide (idratazione ottimale, Massa magra=73% di TBW) non possono che dare risultati apprezzabili in un numero di soggetti limitati. Se poi si aggiunge il problema della forma, ben si comprende che con uno strumento bioimpedenziometrico tradizionale non si possa che stimare la massa grassa con un’approssimazione che, secondo le ricerche più precise (Kushner, 1986, Lukaski, 1986, Stolarczyk, 1994), è attorno al 5%. Se il soggetto collabora e si mette in condizioni ideali, l’errore può essere dell’1 o 2% del peso globale.
Nella pagina sulla bilancia impedenziometrica forniamo un esempio di come si possa, con attenta conoscenza dello strumento, arrivare a dati accettabili.
Va da sé che se il soggetto non è sano, i dati non sono significativi.
Un passo avanti
L’idea è quella di inserire anche la reattanza e il suo significato fisiologico, non solo per avere dati più precisi su idratazione, massa magra e massa grassa, ma, possibilmente, anche altri.
Un dato importante è l’acqua extracellulare. L’ECW infatti aumenta (o diminuisce) significativamente in condizioni patologiche, cosicché in campo medico si è data molta importanza alla sua misura sia con metodi impedenziometrici a multifrequenza o a frequenza singola sia con metodi fisico-chimici.
Nei soggetti patologici, a un aumento dell’ECW corrisponde una diminuzione della reattanza.
Risulta evidente che se la strumentazione riesce a misurare le due componenti R e X, anziché un solo valore di impedenza Z, è possibile avere maggiori informazioni, per esempio (Akern, 1994) componendo un grafico Resistenza-Reattanza. Purtroppo anche tale grafico non può che confrontarsi con l’intervallo di riferimento della popolazione normale e con condizioni di normoidratazione. Un po’ grossolanamente, si può dire che nel termine normale è riassunta una serie di ipotesi che non necessariamente sono verificate per tutti gli individui sani.
Osserviamo un BIA (Body Impedence Assesment) Vector Akern. Se il soggetto è normoidratato è al centro dell’ellissi di confidenza (quella al 50%) e più probabilità ci sono che le formule di regressione applicate per trasformare R e X in massa magra e massa grassa saranno accettabili; se è nel’ellissi del 75% (tolleranza) la massa magra è sovrastimata per eccesso o sottostimata per scarsa quantità d’acqua; se è nell’ellissi del 95% non è possibile fare nessuna deduzione significativa.

(fonte: www.nutrizioneclinicaesport.it)
Bioimpedenziometria e delirio di onnipotenza
I singoli produttori di strumentazione bioimpedenziometrica hanno poi definito altre grandezze, attribuendo loro significati troppo “ottimistici” (delirio di onnipotenza).
Per esempio, il modello tricompartimentale delle tecniche impedenziometriche suddivide la massa magra del corpo in massa cellulare (BCM) e massa extracellulare (ECM). Se il concetto di ECW è ormai universalmente accettato (fate una ricerca in Google di “extracellular water” e troverete circa 100.000 occorrenze), i concetti di massa cellulare (le cellule degli organi interni, del plasma e dei muscoli) ed extracellulare (scheletro, tendini, legamenti, derma, plasma e acqua transcellulare; in Google la ricerca di “extracellular mass” dà poco meno di 7.000 occorrenze) sono definiti, ma il loro significato è stato interpretato dal produttore della strumentazione alla luce di semplicistiche considerazioni sulla popolazione sana e su quella affetta da patologie, cioè ne è stata amplificata l’importanza.
Per esempio, secondo Akern, il rapporto ECM/BCM sarebbe di circa 0,85 nei soggetti con forma fisica ottima.
Tale assunzione può essere forse verificata per atleti di sport di potenza o per soggetti che fanno fitness, ma sicuramente non lo è in atleti di resistenza per i quali è “normale” essere in parziale deplezione di glicogeno (quindi parzialmente ipoidratati) e avere un’attività di neoglucogenesi sempre attiva (si ricorda che per un maratoneta l’energia proveniente da neoglucogenesi è di circa il 20% quella totale). Inoltre si noti come nel diagramma vettoriale la zona degli obesi sia a contatto con quella degli atleti muscolosi. Basta questo per far comprendere come il modello, utilizzando poche variabili (eccessiva semplificazione), rischia di prendere lucciole per lanterne quando si vuole spingere troppo in profondità.
In sostanza applicare certe definizioni a soggetti sani e sportivi è molto rischioso, un po’ come applicando concetti standard si finisce per considerare patologico un elettrocardiogramma di un atleta con “cuore d’atleta”.
Conclusioni
Attualmente la bioimpedenziometria per un soggetto sano può essere usata per due scopi fondamentali:
- assoluto – Si vogliono determinare i valori esatti di massa magra, grassa, TBW ed ECW; per farlo è necessario personalizzare le misure, tenendo conto di tutti i fattori descritti sopra e conoscendo perfettamente lo strumento che si usa. Probabilmente senza l’intervento di un addetto ai lavori, il compito si prospetta improbo.
- Relativo – Si vogliono monitorare le variazioni delle precedenti grandezze; in questo caso un ottimo strumento bioimpedenziometrico può essere applicato abbastanza al buio, con l’unica avvertenza di effettuare le misure sempre nelle stesse condizioni.
Esempio – Con lo strumento X di buona qualità Tizio rileva una massa grassa del 19%. Probabilmente quella reale potrebbe essere del 16% come del 22 o 24%. Occorre personalizzare il valore istantaneo offerto dallo strumento con le considerazioni sul corpo di Tizio, le modalità della misura ecc.
Tizio però tiene per buono il 19%. A lui può interessare ridurla. Se si misura sempre nelle stesse condizioni, quando rileverà un valore del 17% potrà essere soddisfatto perché la sua massa grassa (qualunque sia il valore reale) è scesa del 2%.