Da cosa dipende la religiosità, il fatto di essere religiosi? Come è possibile che in un sito come questo una sottosezione della sezione Religione si intitoli Non abbiamo bisogno del papa e altre persone siano talmente religiose che di fronte al papa cadono in estasi?
L’argomento è complesso, ma non è difficile trovare alcune condizioni facilitanti:
- il timore della morte
- una vita largamente insoddisfacente
- una società “rischiosa”
- la devozione verso i genitori.
Religiosità: il timore della morte
Parlando dell’esistenza di Dio, abbiamo detto che l’uomo crea Dio per il timore del dolore e della morte. Quando tale timore diventa così forte da sopprimere la razionalità ecco che la religiosità aumenta. Esempio lampante di quanto detto è che la religiosità aumenta con l’età e molte conversioni dell’ultima ora sottintendono solo il fatto che il timore della morte ha cancellato ogni forma di spirito critico e magari anche l’ateo più convinto si è trasformato penosamente in un pio credente con l’illusione di un’eternità che lo tranquillizza.
A volte è una malattia che amplifica il timore della morte e quindi, spegnendo ogni precedente considerazione razionale, spinge il soggetto fra le braccia dell’illusione di Dio (che Dio esista o meno, crederci solo perché si spera che possa guarirci è piuttosto penoso).

I simboli di 28 religioni. Una meta-analisi di Miron Zuckerman, Chen Li, Shengxin Lin e Judith A. Hall (pubblicata su Personality and Social Psychology Bulletin, 15 ottobre 2019) ha trovato una correlazione negativa misurabile tra quoziente di intelligenza (QI) e religiosità.
Religiosità: una vita insoddisfacente
La vita insoddisfacente è spesso correlata a due altri fattori:
- stato economico depresso, cioè una condizione economica insufficiente
- stato psicologico negativo.
Per quanto riguarda il primo punto, è banale constatare che quanto più un popolo è povero tanto più esso è religioso: la vita terrena è difficile e automaticamente si cerca sia qualcuno che possa aiutarci a migliorarla sia qualcuno che, in caso di un’esistenza stentata, ci prometta un grande aldilà.
Non a caso, nei Paesi più ricchi la religiosità è spesso in caduta libera; il soggetto scopre la felicità e a questo punto crolla la sua visione del presunto paradiso; nelle religioni rivelate (e in quella cristiana in particolare) il paradiso è descritto molto approssimativamente e non si capisce perché Dio non ci premi semplicemente permettendoci di continuare a gioire di quella felicità che abbiamo toccato almeno qualche volta (se non addirittura spesso) nella vita. La religione perde di senso perché alla fine nega ciò che noi vorremmo continuasse all’infinito.
Ovviamente chi è infelice (stato psicologico negativo) o per lo meno non sa cosa sia la felicità è più propenso a sperare che in un aldilà trovi quella pace e quella serenità che quaggiù non ha trovato. La religiosità diventa una speranza, una medicina con cui guarire il suo stato esistenziale.
Una società “rischiosa”
Un esempio classico sono gli Stati Uniti, un Paese dove in teoria è facile arrivare alla felicità (anche se nelle classifiche sulla felicità non è certo nei primi posti), ma dove in pratica quella felicità si ha sempre paura di perderla: violenza e guerra sono all’ordine del giorno e purtroppo ogni famiglia ci ha avuto a che fare. Normale, quindi che ci si affidi a Dio (grazie a Dio!) per esorcizzare la paura che qualcosa di molto negativo possa entrare nella propria vita.
Religiosità: i genitori
Chiunque sia religioso dovrebbe accorgersi che la sua religiosità è spesso frutto dell’educazione (diciamo condizionamento) subita: un cattolico che fosse nato a Baghdad sarebbe musulmano e un islamico che fosse nato in una famiglia cattolica di Roma sarebbe cristiano! Perché alcuni lasciano la religione e altri invece continuano a seguire gli insegnamenti della famiglia?
La spiegazione è collegata al paradosso di Buechner: se Dio è buono e onnipotente perché nel mondo accadono cose orribili? Si può evitare di prendere coscienza del paradosso solo se si accetta l’idea di un Dio padre padrone e tale accettazione è facile in chi continua a “venerare” i genitori anche da adulto, restando, almeno in parte, sottomesso a loro. Se c’è un reale distacco e i genitori vengono visti con gratitudine per quello che hanno fatto, ma ci si libera della loro influenza, non viene accettato il fatto che essi possano comunque “metterci alla prova”, “punirci”, “condizionarci nelle scelte”, “ordinarci questo o quello” ecc. e, di riflesso, l’idea di un Dio padre padrone viene rigettata. Insomma, quanto più si crede in “onora il padre e la madre” (anziché in “onora i tuoi figli”) e tanto più si sarà portati a essere religiosi (è una condizione facilitante, non sufficiente, né necessaria!).
La devozione verso i genitori spiega perché, mediamente, le donne sono più religiose degli uomini; infatti in molte società la donna è meno incline a staccarsi dai genitori (o nei casi estremi a ribellarsi) ed è quindi per lei più “scontato” obbedire agli insegnamenti religiosi, per quanto costrittivi possano essere.
Il futuro
Che futuro ha la religiosità nei Paesi più avanzati? Ovvio diminuirà sempre di più perché:
- la vita, almeno dal punto di vista economico, diventerà sempre più soddisfacente
- la società diventerà più civile e meno “rischiosa”
- i figli si emanciperanno sempre prima dai genitori.
Sarà più facile essere felici e l’illusione di Dio servirà di meno.
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