L’8 per 1000 è la percentuale dell’imposta fissa sui redditi delle persone fisiche che i contribuenti possono destinare allo Stato italiano o a una confessione religiosa. Fin qui nulla di male. Il problema è che il contribuente per assegnare l’8 per mille deve compilare il modulo 730-1 da consegnare insieme alla dichiarazione dei redditi. Se non si esprime nessuna scelta, la quota di 8 per mille è ripartita fra lo Stato e i diversi enti religiosi in base alle scelte espresse dalle altre persone. Questo è profondamente antidemocratico perché la Chiesa cattolica con il 35% dei consensi ottiene oltre l’80% del contributo. Infatti solo il 40% circa esprime una scelta, percentuale che risente del fatto che molti pensionati e lavoratori dipendenti non presentano la dichiarazione dei redditi. Negli altri Paesi non funziona così, per esempio in Germania e in Svizzera il contributo viene concesso solo se il dichiarante è registrato come membro di una comunità religiosa. Un non credente che non presenta la dichiarazione è costretto a subire che la sua parte venga decisa da altri. A causa di questo perverso meccanismo, la Chiesa riceve oltre un miliardo di euro l’anno, oltre il 60% derivante dalle tasse di chi non l’ha scelta!

Secondo un’indagine di Repubblica, analizzando i dati del 2022, la parte che andrà alla Chiesa cattolica sarà di 1 miliardo 111 milioni e rotti.
La Corte dei Conti ha bocciato l’8 per mille perché “ognuno è coinvolto, indipendentemente dalla propria volontà, nel finanziamento delle confessioni…lo Stato mostra disinteresse per la quota di propria competenza… non ci sono verifiche sull’utilizzo dei fondi erogati alle confessioni… emergono rilevanti anomalie sul comportamento di alcuni intermediari”.
In sostanza l’8 per mille è un favore alla Chiesa, visto che è regolato dalla legge del 1985 che ha ratificato la revisione del Concordato del 1929, i Patti Lateranensi di origine fascista.