Lo stato emotivo può essere espresso da frasi come “Io sono felice”; questa è però una frase che ha una doppia valenza, propria o impropria.
Ha una valenza impropria quando si riferisce a un istante ben preciso: “Come sono felice di incontrarti dopo tanto tempo!”; si riferisce cioè allo stato emotivo di quel momento, ma nulla ci dice sulla qualità della vita di chi la pronuncia.
La valenza diventa propria quando si riferisce a un periodo sufficientemente lungo; la definizione di felicità infatti ci dice che è l’integrale dello stato emotivo lungo il periodo; in termini semplificati, il bilancio del periodo, sommando momenti positivi e momenti negativi, stati emotivi con il segno più a quelli con il segno meno.
“Il periodo dell’università è stato il più felice della mia vita” è un esempio di valenza propria del termine “felice”. Non a caso ogni persona cerca di avere più stati emotivi positivi possibili per avere un bilancio esistenziale positivo.
Certo, come nel caso dell’incontro con il vecchio amico, può c’entrarci il caso, ma molto spesso dipende da noi.
I fattori più importanti sono tre:
- l’energia vitale
- gli oggetti d’amore
- le scelte esistenziali (partner, figli, lavoro ecc.).
Ovviamente, chi ha una bassa energia vitale scivolerà spesso nella noia (stato emotivo nullo), chi non ha veri oggetti d’amore non saprà emozionarsi più di tanto. Chi ha fatto scelte esistenziali disastrose è già tanto se può aspirare alla serenità (bilancio esistenziale in pareggio).
Sapersi emozionare arrivando a uno stato emotivo positivo in modo equilibrato (il che spesso è sinonimo di duraturo) vuol dire lasciar correre i propri sentimenti all’interno dei confini sicuri che la ragione ha delimitato (si veda l’articolo Ragione e sentimento); se non c’è un controllo della ragione sul fatto che non corriamo pericoli, ci si può comunque emozionare, ma non c’è nessuna garanzia che l’emozione sia “positiva”; per esempio, i romantici si sanno emozionare anche “negativamente” e arrivano all’assurda conclusione che sia meglio emozionarsi negativamente che non emozionarsi affatto.
Chi ha oggetti d’amore riesce facilmente a trasformare i momenti in cui li vive in stati emotivi positivi; d’altro canto, ben raramente e solo se si è molto bravi, ma anche fortunati, gli oggetti d’amore riempiono tutte le nostre giornate. Il tempo rimasto, poco o tanto che sia, si dovrebbe investire nella ricerca di un futuro migliore; già questo obiettivo fornisce spesso un appagamento che è un buon stato emotivo.
Vedremo ora tre strategie molto comuni che non cercano affatto di migliorare il proprio futuro, ma cercano evasioni da un presente che non soddisfa. Queste evasioni creano stati emotivi positivi, ma questi annegano in una quotidianità che è accettata (spesso ritenuta “inevitabile”, “per tutti è così…”), ma che alla lunga porta a un bilancio esistenziale che non è granché.

Chi ha oggetti d’amore riesce facilmente a trasformare i momenti in cui li vive in stati emotivi positivi
Lo stato emotivo: la strategia del carcerato
Riguarda la stragrande maggioranza delle persone che non riescono a vedere il loro lavoro come soddisfacente e che non hanno oggetti d’amore che riempiano la loro quotidianità. Si noti che non è detto che manchino oggetti d’amore, ma questi non sono in grado di riempire le giornate e l’evasione diventa comunque “necessaria”. Alla strategia del carcerato è dedicato un articolo apposito.
Lo stato emotivo: la strategia della novità
Una delle caratteristiche dei veri oggetti d’amore è la stabilità. Se m’innamoro di una donna, ma dopo sei mesi la tradisco con un’altra, probabilmente la prima non era certo l’amore della mia vita. Analogamente, se m’appassiono al ciclismo, ma dopo pochi mesi lo lascio per la pesca, probabilmente il ciclismo non era un vero oggetto d’amore. Per ulteriori dettagli si veda l’articolo corrispondente, Strategia della novità.
Lo stato emotivo: la strategia del servito
Questa terza strategia è anch’essa un’evasione e spesso è una conseguenza della strategia del carcerato, ma può anche essere molto più quotidiana, ripetitiva. Il soggetto ha un miglioramento dello stato emotivo perché è servito, quindi “ritenuto importante” da altre persone. Per ulteriori dettagli si veda l’articolo corrispondente, Strategia del servito.
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