Il sopravvivente è un soggetto che accetta i problemi dell’esistenza come se facessero parte della normalità, senza nessuna azione che tenda a eliminarli. I sopravviventi rappresentano un’ampia classe della popolazione, dalle nostre statistiche quella più diffusa.
Come si può ben capire dalla definizione, il sopravvivente è una personalità per lo più definita normale ed è quella per cui il Personalismo può fare di più. Di fronte ad altre personalità critiche, non occorre essere dei fini psicologi per identificare i problemi che esse possono portare. Invece, di fronte a un sopravvivente, la maggior parte delle persone asserirebbe che è un soggetto del tutto normale, a volte anche positivo. Uno psicologo tradizionale ne vedrebbe piccoli vizi e difetti, ma tenderebbe a riportarli a un comportamento medio della popolazione.
Tipologie
Le tipologie principali di sopravviventi sono tre: il mediocre, il sereno e il passivo.
Il mediocre – Mediocre qui sta per “nella media della popolazione”, un soggetto né carne né pesce, come tanti. .È sicuramente la tipologia di sopravviventi meno incline a mettersi in discussione perché, tutto sommato, non vive male. Si potrebbe dire che i condizionamenti che ha ricevuto nella prima parte della sua vita gli abbiano fatto un tale lavaggio del cervello che è veramente difficile fare un check-up della coerenza e ricominciare una nuova vita. Mentre in altre personalità il check-up è reso difficoltoso da caratteristiche intrinseche, nel mediocre la difficoltà nasce dai condizionamenti esterni ricevuti: famiglia e società hanno scritto nel suo cervello in modo indelebile (o quasi) una serie di regole che sono in grado di garantire una sopravvivenza, ma non una vita vissuta al massimo.
Di solito, i condizionamenti familiari risentono dei tempi (sono cioè regole vecchie), mentre quelli sociali risentono della necessità di mediare i comportamenti dei singoli, assicurando un equilibrio sociale che però mal si sposa con il benessere di chi vuole essere più moderno e avanti rispetto alla media.
Se è un sopravvivente passivo, il mediocre ritiene a torto che ognuno di noi non possa sfuggire ai condizionamenti sociali e che quindi il check-up sia una situazione estremamente difficile da realizzare. In realtà, queste persone non si accorgono che generalizzano (errore di generalizzazione) una loro incapacità a ribellarsi ai condizionamenti sociali e a “rimettersi in gioco”.
È necessario notare che molte personalità critiche arrivano agli stessi valori, ma nel mediocre tali valori sono stati appresi con la caratteristica della diligenza. Non li metterebbe mai in discussione perché “non si può”. Ecco i principali condizionamenti.
La famiglia: il matrimonio come valore sempre positivo e la famiglia come pilastro indissolubile della società.
I figli: fondamentali per dare un senso alla propria vita e per proseguire il cammino dell’umanità e ciò che abbiamo fatto di buono nella nostra vita.
I genitori: da onorare sempre e comunque, da accudire quando non sono più autosufficienti perché questo “è il compito” dei figli.
I parenti: la famiglia allargata come nucleo “preferenziale” della società; un clan nel quale il singolo si deve muovere secondo regole precise di mutuo soccorso (strategia della cooperativa).
Il lavoro: come mezzo di realizzazione esistenziale e di salvaguardia della società; al mediocre il lavoro pesa e a lui non resta che applicare la strategia del carcerato.
Dio: la religione come base dell’etica individuale e fondamentale per una società sana e a misura d’uomo. Chi non ha ricevuto una particolare educazione religiosa tende a sostituire la fede in Dio con una forte propensione alla solidarietà e al bene altrui.
Il risultato dei condizionamenti sulla vita del mediocre è paragonabile a quello di tanti piccoli macigni che ci investono mentre tentiamo di scalare una montagna. A seconda della loro grandezza e della nostra forza possiamo schivarli, ma, inesorabilmente, rallentano il nostro cammino.

In Italia i sopravviventi rappresentano circa l’80% della popolazione (dati del test di personalità di Albanesi)
Poiché scambia i condizionamenti per valori assoluti, tipica del mediocre è una certa rinuncia a vivere e una vaga propensione a differire le cose migliori della vita a tempi migliori, a quando cioè “avrà assolto il suo compito”. Peccato che spesso i tempi migliori non arrivino o arrivino quando ormai si è vissuta gran parte della vita. La vita del mediocfre è piena cioè di doveri, senza comprendere che tali doveri non sono “necessari”.
Il sereno – Per questa tipologia di sopravviventi, lo scopo dell’esistenza è una generica serenità; è convinto che il dolore sia una componente ineluttabile della vita e che i problemi facciano parte della quotidianità, arrivando a volte a ritenere falso o superficiale chi si definisce “felice”.
Tende a promuovere il suo stile di vita come l’unica difesa contro la difficoltà del vivere; spesso si ritrova in molte filosofie orientali che hanno il suo stesso scopo (la serenità), senza comprendere che l’evolversi dei tempi consente di ambire a qualcosa di più gratificante della semplice assenza del dolore.
Anche chi non ha derive filosofiche è convinto che la vera abilità del vivere sia la risoluzione dei problemi, senza accorgersi che la vera intelligenza sta nella prevenzione di quei problemi che quotidianamente si affanna a risolvere.
Il passivo – I passivi sono sopravviventi che hanno una ridotta capacità d’amare. Sa sopravvivere, ma non sa vivere, perché non trova nulla che lo coinvolga pienamente, tanto che spesso la scarsa energia vitale è oscurata dalle attività di gestione che tendono a riempire la vita del sopravvivente. Le varie caratteristiche della personalità (forza di volontà anevrotica, autostima ecc.) sono sufficienti, ma non vanno mai oltre la sufficienza. Per esempio, l’autostima non è grandissima, ma nemmeno così bassa da generare frustrazione. Questa situazione lo rende ansioso nelle situazioni più difficili della vita (mentre l’ansia può essere la regola per i deboli o i fobici), mentre nelle situazioni quotidiane ha elaborato strategie di tamponamento basate sull’accettazione di una dose contenuta di negatività. Il sopravvivente non ha una strategia particolarmente complessa, si limita a “limitare i danni”.
Quando queste strategie non funzionano, tende a cadere in depressione. Si tratta sempre di depressioni reattive, dovute a una profonda insoddisfazione della sua situazione, in genere mai gravi perché la depressione viene accettata come “normale” (spesso questa accettazione viene addirittura amplificata dal terapeuta!).
Incorre spesso nell’errore di generalizzazione, tendendo a generalizzare tutto ciò che di negativo c’è nella sua vita: “problemi? Chi non ne ha?”; “l’amore non è bello se non è litigarello”; “a tutti capita di essere depressi o infelici” ecc.
Vede i più fortunati come eccezione che conferma la regola, in lui la pigrizia esistenziale ha preso il sopravvento anestetizzando completamente la sua vita. Infatti è privo di slanci, di entusiasmo, è uno che “non ci prova mai”, ma non ha la rassegnazione del vecchio.
La diagnosi differenziale
Non è facile confondere il sopravvivente con altre personalità. Rispetto allo svogliato, il sopravvivente ha una FVAN per lo meno sufficiente. Rispetto al debole, ha una quantità di forza sufficiente a evitare molti compromessi. Rispetto allo statico, ha comunque una certa propensione a non fermarsi.
Basta cioè un’analisi un po’ approfondita per accorgersi che, a differenza delle altre personalità, il sopravvivente non ha “difetti” evidenti, sembra aver fatto tutto per bene, convinto che i problemi siano ineluttabili e che “l’importante è risolverli!”.
La qualità della vita dei sopravviventi
La qualità della vita dipende strettamente da che tipo di sopravvivente è e dalle condizioni facilitanti che ha.
In realtà un sopravvivente, se ha sufficienti condizioni facilitanti, può vivere decentemente o addirittura bene, peccato che accetti una vita da 7 quando potrebbe averla da 10. Se non è particolarmente fortunato può avere una vita sufficiente o mediocre, ma difficilmente ce l’ha pessima perché in lui non sono presenti in modo devastante altre componenti critiche.
L’accettazione passiva della realtà gli impedisce di progredire significativamente in modo netto e, a seconda della tipologia, l’evoluzione futura è già scritta nel suo stato.
Molto spesso, i sopravviventi cercano di espandere il loro orizzonte esistenziale partecipando a un gruppo; esempio classico è rappresentato dal tifo sportivo quando quest’ultimo arriva a penalizzare momenti di vita per un’adesione troppo stretta al modello di riferimento (la squadra del cuore); altro esempio è rappresentato dall’adesione, mai in forma di capo, ma sempre di gregario, ad associazioni o gruppi nei quali egli tende a sopravvalutare il suo effettivo ruolo.
Come eliminare la personalità del sopravvivente
Per farlo occorre
- vincere i condizionamenti subiti
- aumentare l’energia vitale
- eliminare la propensione ad accettare come normali i problemi che abbiamo.
Di fronte a un problema, si deve imparare a non accettarlo e ad affinare il proprio spirito critico e chiedersi come superarlo, evitandolo in futuro. Se non si sa come fare, occorre rivolgersi a chi quel problema non ce l’ha (e ha una vita positiva) e studiare le soluzioni che ha adottato, con lo spirito critico necessario per superare i condizionamenti che ci porterebbero a non attuare le sue soluzioni.
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