Il romantico è colui che vive completamente asservito a idee che per lui hanno un alto valore esistenziale.
Nella nostra società i romantici sono decisamente sopravvalutati e il termine romantico ha una valenza decisamente positiva, segno questo di un’influenza ancora molto forte del modo di sentire tipico di una parte della società del XIX secolo.
A circa duecento anni di distanza, questa influenza è talmente forte che penalizza la qualità della vita di chi la subisce perché lo porta a vivere secondo modi e costumi in netto contrasto con l’evoluzione che ha portato a una società più moderna.
Le ragioni storiche – Il romanticismo ebbe la sua massima espressione nel XIX secolo, quando in Europa la vita media dell’uomo era inferiore ai 40 anni. Questo dato non deve essere sottovalutato perché è normale che la risposta esistenziale che si dà è anche frutto delle condizioni in cui si vive. Nel 1800 era normale considerare la giovinezza come parte principale dell’esistenza e quindi l’amore, le passioni, l’onore ecc. ben si sposavano con situazioni che tendevano a esaltare strategie di vita che dovevano essere performanti nei primi 30-40 anni di vita.
Oggi invece sarebbe un grave errore dare risposte che possono valere al più… finché dura la passione; come è del tutto masochistico continuare a vedere nel lavoro o nel dovere valori etici assoluti che possono ingigantire la figura di un uomo troppo piccolo di fronte alle avversità della società e della natura.
Le tipologie
Le tipologie di romantici sono riferibili all’idea dominante, si tratta quindi di un gruppo molto vario che comprende chi dell’amore conserva anche in maturità un concetto definitivo e assoluto, chi si immola sull’altare del lavoro, visto come fattore nobilitante, chi si annienta nel mantenimento della famiglia a ogni costo ecc.
Difficilmente esistono romantici plurimi (cioè asserviti a più di un’idea), proprio a causa del coinvolgimento totale nell’idea dominante.
Si possono individuare alcune tipologie molto diffuse: il romantico innamorato (idee dominanti: l’amore, la passione), il familiare (il matrimonio e la famiglia in tutte le sue manifestazioni), il lavoratore (il lavoro), il patriottico (la patria, l’onore).
Il romantico personalizza il percorso che lo porta alla realizzazione dell’idea a seconda degli altri tratti della sua personalità: un irrazionale cercherà scorciatoie, un debole avrà sempre il timore che il conseguimento possa essere impossibile o temporaneo, un insoddisfatto che non sia mai soddisfacente, un violento tenderà a imporre l’idea dominante agli altri, un patosensibile ingigantirà il valore della sua presunta sensibilità, un contemplativo darà un’importanza eccessiva all’arte ecc. Il romantico è quindi una personalità molto complessa, difficilmente pura. In genere l’unica personalità veramente antitetica a quella del romantico è quella dell’apparente (che però a volte non disdegna di apparire romantico!) perché il romantico vuole intimamente essere allineato all’idea dominante, non gli interessa minimamente apparire.
L’amante – Se alcune idee sono decisamente meno importanti che in passato (patria, onore) e altre sono messe in discussione (nel senso che sono positive solo se migliorano la qualità della vita: matrimonio, famiglia, lavoro), l’idea dell’amore è ancora molto vitale. Moltissime persone sono veramente convinte che senza l’amore (per un partner) non sia possibile (è cioè una condizione necessaria) essere felici e quindi che fra gli scopi della vita ci debba essere la realizzazione sentimentale.
Poiché questa posizione fa a pugni con la ragione (amore a prima vista, colpo di fulmine, passione ecc.), il romantico classico è spesso poco razionale, incline a vivere la propria vita in base a dove lo porta il cuore. Chi ha personalità svogliata o irrazionale spesso utilizza questa situazione per “andare dove non fa fatica”: il rifiuto della razionalità in nome del sentimento è una comoda scorciatoia per non prendere coscienza della realtà e delle proprie responsabilità.
Il romantico per amore confonde una condizione facilitante (trovare l’amore) con una condizione necessaria per un’ottima qualità della vita.
Nell’amante il valore della sensibilità personale è massimo, anche se spesso scambia il sentimentalismo e la patosensibilità per vera sensibilità d’animo.
L’amante è la forma più pura di romantico attivo, convinto che il suo ideale sia sinonimo di felicità, spesso succube del sentimento e dei propri sogni, non comprende che il vero coraggio di vivere è farlo senza sognare.
Il lavoratore – Il lavoratore ha come idea dominante il lavoro, visto non come mezzo per realizzare ricchezze oppure ottenere successi, ma come massima espressione dell’etica sociale del soggetto (si noti che in questo caso al valore esistenziale si associa anche un valore morale). Anziché considerarlo una condanna sociale necessaria per procacciarsi ciò che serve per vivere, viene visto come strumento di realizzazione dell’individuo.
A differenza dell’amante (che comunque a molte persone appare ormai fuori dai tempi), la sua concezione trova ancora consensi molto ampi nella società e quindi il suo romanticismo ha basi solide, quasi granitiche.
La classica frase “prima di tutto viene il lavoro” è tipica del lavoratore che spesso ha una vita di relazione pesantemente condizionata da tale priorità.
A differenza dell’amante, il lavoratore è un romantico passivo, rigido e razionale, quasi “militare”, guidato solo dal suo falso dio, cui si immola per dovere. Poco incline ai sogni, può essere un umile impiegato oppure un grande della finanza.
Il patriota – È l’esempio puro di romantico passivo, totalmente asservito a concetti come onore e dovere, per i quali è pronto a dare la vita. A differenza dell’amante che è romantico perché in fondo semplicistico (“basta l’amore per essere felici”), nel patriota il romanticismo assume la sua massima connotazione etica e la felicità del soggetto è paradossalmente asservita all’idea dominante.
La diagnosi differenziale
La differenza con il succube è subito evidente: il valore esistenziale (e a volte morale) dell’idea. Il romantico è fiero di essere schiavo di un’idea, non la teme, è consapevole di essa, non ne è succube, ma vive in simbiosi con essa. È fermamente convinto che la sua autostima e il suo bilancio esistenziale derivino dall’accettazione e dalla realizzazione dell’idea romantica, infonde ogni energia nel suo conseguimento. Di fatto però l’idea dominante inibisce il pieno sviluppo delle potenzialità dell’individuo.

I romantici possono fare dell’amore un’idea dominante la propria vita
La qualità della vita del romantico
La vita del romantico è quanto di più casuale possa esservi: se l’idea è conseguita, sale in paradiso, altrimenti può scendere anche all’inferno, distruggendo la propria esistenza.
Quando il conseguimento fallisce e il romantico prende coscienza di questo fallimento, si ha un profondo crollo interiore che può portare anche a gesti sconsiderati; nei casi meno gravi il fallimento è vissuto solo come un periodo molto negativo dell’esistenza, superato il quale si continua a cercare la realizzazione dell’idea in altri contesti. La depressione del romantico è cioè tipicamente reattiva.
La strategia corretta per confrontarsi con un romantico è la distruzione dell’idea come condizione necessaria del vivere. La distruzione deve avvenire in modo distaccato, non sulla vita del romantico, ma evidenziando come possa vivere bene e possa essere esistenzialmente ed eticamente accettabile chi non è schiavo di quell’idea. È importante che il romantico comprenda i limiti della sua posizione, capendo a poco a poco di essere un fossile che vive con la mentalità di 200 anni fa.
Il dolore – Poiché l’idea schiavizza il romantico, il dolore che accompagna la sua realizzazione (in amore si deve soffrire e altre sciocchezze simili) diventa una specie di catarsi che comunque realizza esistenzialmente il soggetto che non è felice, ma è soddisfatto di sé: la soddisfazione passa cioè attraverso il sacrificio per l’idea. Uno dei rari casi in cui un’alta autostima può coniugarsi con una situazione esistenziale di dolore. Il dolore assume un alto significato etico che arriva a distinguere il romantico da chi preferisce una vita modesta, ma tranquilla, a una vita infelice, ma nobile (meglio un giorno da leone che cento da pecora). È evidente che per il romantico la qualità della vita è secondaria all’idea che lo domina. Tant’è che chi fallisce ripetutamente con l’idea dominante arriva alla conclusione che la felicità non è possibile o che è riservata a chi è privo di sensibilità.
La violenza – Nella complessa personalità del romantico è spesso presente una buona dose di violenza (secondo il Personalismo) perché l’eticità dell’idea lo porta a scavalcare i diritti e le personalità altrui. La gelosia è il tipico esempio di violenza non criminale del romantico; anche in famiglia e sul lavoro il romantico che è schiavo di queste idee tenderà a renderle assolute con grave lesione dei diritti altrui.
Sogni e obiettivi
Vittime del romanticismo che permea la società, poche persone hanno presente la differenza fondamentale fra sogni e obbiettivi. Diventa pertanto fondamentale far capire al romantico che non si vive di sogni, ma di obiettivi. Inutile sperare di avere una relazione con una donna se lei non ci parla nemmeno; inutile sognare di diventare un grande campione se non si vince nemmeno il campionato parrocchiale ecc.
Per approfondire si consulti l’articolo Sogni e obiettivi.
I COMMENTI
I sogni sono desideri
Troppe persone vedono l’anima gemella come vorrebbero che fosse e non com’è. Poi quando riaprono gli occhi è come se si svegliassero in un incubo.
Basterebbe questa semplice considerazione per comprendere come il concetto romantico di amore (visto come un ideale sempre positivo) sia di cartapesta. Per una lunga serie di motivi le persone si innamorano perché “vogliono” innamorarsi, salvo poi scoprire di essere finiti in una palude di sabbie mobili. Purtroppo il più delle volte hanno una componente debole della personalità molto forte (scusate il gioco di parole) e non sanno prendere la decisione ovvia di troncare: cercano di far cambiare l’altro, di cambiare loro stessi, vivono di compromessi. La situazione non può che peggiorare e sostanzialmente buttano la loro vita. È uno dei casi in cui la personalità debole fa più danni.
X è un nostro amico che ha una moglie sedentaria, in forte sovrappeso, con problemi alla tiroide, in rotta con i suoceri (i genitori di X) che X ha dovuto allontanare per il quieto vivere della famiglia. Ecco cosa scrive della moglie:
… Non riesce a costruirsi una sua volontà anevrotica (è sempre stanca, anche se io l’aiuto nella gestione della casa e della nostra piccola principessa, di un anno; con l’estate ha caldo, e poi se sono pensieroso è perché penso ai miei genitori; si addormenta di botto sul divano alle 10 e mi ritrovo a chiamarla cento volte per andare a letto) e ogni suo piccolo malumore si trasforma in accuse, più o meno frequenti, di situazioni passate che non le vanno giù e non le andranno mai giù (perché lei è una che non perdona chi le ha fatto del male, anzi insulta ancora adesso la mia famiglia, meno che in passato). Io dico che non c’entra solo la tiroide…
Sintetizzando la risposta:
- Quando una persona si sposa si fa una nuova famiglia che diventa prioritaria; vedasi il test finale dell’articolo sui genitori.
- Quando una persona si sposa non sposa i genitori dell’altro. Anzi, il più delle volte è opportuno mantenere rapporti solo formali, di cortesia.
- È un grosso errore cercare a tutti i costi di creare una famiglia allargata dove tutti si vogliono bene. Già è dura fra persone della stessa generazione, figuriamoci fra persone di generazioni diverse che si trovano per caso. Se c’è accordo bene, se no, non facciamone un dramma e viviamo ciascuno per conto proprio.
- È normale che il dialogo fra persone che hanno ideali incompatibili si trasformi in scontro.
- Le maldicenze non hanno mai ucciso nessuno. Francamente se gli altri mi ritengono un cretino non mi importa nulla, anzi il miglior modo per smontarli è ridere di queste maldicenze. Non si può piacere a tutti, basta essere benvoluti dalle persone che veramente si amano. Fra l’altro le maldicenze fra parenti non ci sarebbero se modernamente non si desse così importanza ai rapporti di parentela, preferendo pochi, ma buoni amici.
- Non si può pretendere che gli altri cambino, né si deve cambiare solo per compiacere qualcuno. Verificata l’incompatibilità, ognuno se ne sta per i cavoli propri.
- Persone che non si sono distaccate dalla famiglia non dovrebbero sposarsi, semplice.
- Prima di sposarsi, per saggezza occorre valutare i lati negativi di una persona, non quelli positivi! In genere l’innamoramento fa vedere solo quelli positivi, poi si aprono gli occhi e…
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