La psicologia evolutiva studia i processi di sviluppo dell’uomo nell’età evolutiva (infanzia e adolescenza). In questo ambito si sono distinti tre filoni teorici sulla natura del bambino e sulle modalità e finalità del suo sviluppo:
- teoria comportamentista (il bambino è originariamente una tabula rasa dal punto di vista psicologico e lo sviluppo consiste in un processo di apprendimento attraverso il quale egli assorbe passivamente i condizionamenti dell’ambiente e dei modelli comportamentali con cui viene a contatto);
- teoria genetica (il bambino è attivo nel processo di sviluppo, che consiste nell’incontro tra le sue strutture mentali e l’ambiente, l’esperienza del quale porta a un adattamento degli schemi mentali per trovare un equilibrio tra essi e la realtà);
- teoria psicanalitica (lo sviluppo riguarda la sfera affettiva e irrazionale e ha come obiettivo il raggiungimento della maturità emotiva attraverso le fasi orale, anale, fallica e genitale (preceduta dal periodo di latenza, che non è una fase psicosessuale e serve al bambino per stabilire amicizie con membri dello stesso sesso e di occuparsi di attività come la scuola), teorizzate da Freud e caratterizzate ciascuna da un investimento emotivo concentrato in una zona del corpo).
Gli sviluppi più recenti, successivi alla definizione di queste tre impostazioni teoriche di base, individuano nel linguaggio il fattore di sviluppo principale per il bambino, in quanto necessario e parallelo allo sviluppo del pensiero, oppure attribuiscono un ruolo fondamentale alla cultura all’interno della quale il bambino è inserito, che gli fornisce le strutture per comprendere e organizzare la realtà e i rapporti sociali.
Apprendimento del linguaggio
I bambini possiedono una predisposizione innata all’apprendimento del linguaggio, infatti sin dalla nascita riconoscono la funzione comunicativa dei suoni e dopo pochi mesi imparano a riconoscere i suoni linguistici e comprendono che a ciascun oggetto e persona corrisponde un suono. La produzione linguistica è più difficile della comprensione: i primi suoni emessi dai bambini sono le lallazioni, suoni semplici e ripetitivi, poi, attraverso l’ascolto della conversazione adulta, i bambini imparano sempre più associazioni tra parole e significati e iniziano a usare le olofrasi, cioè parole usate per indicare il significato di frasi intere, da riconoscere in base alla situazione. A partire dai due anni di vita il bambino inizia a utilizzare il linguaggio telegrafico, cioè frasi di due o tre parole collegate da un primo scheletro di ordine grammaticale, che prelude all’apprendimento della sintassi attraverso l’ascolto delle conversazioni adulte e la generalizzazione delle regole da esse desunte. Infine il bambino, a partire dai 5 anni, acquisisce lentamente le competenze conversazionali, che comprendono la capacità di gestire i turni di conversazione, di modulare toni e parole a seconda dell’interlocutore, di seguire le regole di cortesia.

L’apprendimento del linguaggio è un processo è caratterizzato da numerose variabili individuali che riguardano non soltanto i tempi, anche le modalità e le strategie di apprendimento.
Sviluppo motorio e percettivo
Le competenze motorie del neonato nel primo mese di vita comprendono quasi solo riflessi, cioè azioni spontanee e incontrollate, mentre la capacità di compiere azioni controllate si sviluppa dal secondo-terzo mese, e si affina in un breve arco di tempo attraverso l’esperienza dell’ambiente circostante, anche se alcune differenze tra i bambini possono essere determinate da fattori genetici. Di natura preminentemente genetica è invece la sequenza di sviluppo delle capacità percettive, che va dal riconoscimento di stimoli ben definiti e dotati di contorni precisi al raffinamento della visione in direzione del riconoscimento di stimoli anche complessi.
Sviluppo emotivo
Le emozioni sono presenti nei bambini sin dalla nascita come processi biologici automatici: inizialmente si registrano soltanto le emozioni di base essenziali che si manifestano in maniera spontanea in risposta a certi stimoli fondamentali (piacere/disgusto, trasalimento, dolore), poi, a partire dai due mesi e fino all’anno di vita, emergono le emozioni più complesse e la capacità di gestirle con finalità comunicative e sociali. Dopo il primo anno di età il bambino sviluppa le emozioni sociali e in seguito sperimenta più articolate commistioni tra le diverse emozioni.
Lo sviluppo sociale
L’innata socialità dell’uomo si manifesta sin dalla nascita nella tendenza del bambino a preferire, come oggetto di attenzione, i volti umani, e poco dopo nel fenomeno del sorriso sociale, che porta i bambini a sorridere quando vedono un volto umano o sentono una voce umana. Se tuttavia questa predisposizione non viene assecondata e stimolata dall’ambiente in cui il bambino cresce e dallo stretto rapporto con le persone più vicine, egli avrà un’elevata probabilità di sviluppare la socialità in modo disfunzionale, o di non svilupparla affatto.
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