La psicologia emotiva studia i concetti di motivazione, istinto, pulsione, emozione e il loro legame con l’azione umana e i processi cognitivi.
Le motivazioni sono ciò che guida l’azione indirizzandola verso scopi precisi. Si possono distinguere diversi tipi di motivazioni a seconda della complessità. Le motivazioni più elementari sono gli istinti, impulsi innati a comportarsi in un certo modo in determinate situazioni o in risposta a determinati stimoli ambientali. Nelle motivazioni di natura fisiologico-biologica rientrano anche le pulsioni, spinte temporanee a compiere determinate azioni per soddisfare bisogni fisiologici (per esempio la fame).
Le motivazioni più complesse sono quelle di natura psicologica che dipendono da bisogni soggettivi, legati ai valori e alla personalità degli individui (bisogni secondari). Questi ultimi possono essere suddivisi in tre categorie: bisogno di affiliazione (di vicinanza con altre persone e di appartenenza a un gruppo), bisogno di successo (di affermazione personale, di realizzazione di obiettivi), bisogno di potere (di influenzare o controllare situazioni e persone).
Le emozioni, invece, sono reazioni psicofisiche (corporee, verbali o comportamentali) positive o negative a stimoli interni o esterni connessi a scopi importanti per l’individuo. Queste reazioni vengono distinte dagli studiosi in emozioni fondamentali o primarie (gioia, tristezza, paura, rabbia, sorpresa, disprezzo, disgusto) ed emozioni complesse o sociali, cioè apprese dal contesto culturale di riferimento (imbarazzo, vergogna, senso di colpa, invidia, gelosia).

La tristezza nel gruppo delle cosiddette “emozioni primarie”
Le prime posizioni teoriche relative alle emozioni sostengono entrambe la natura neurofisiologica di queste reazioni: la teoria periferica o viscerale di James considera le emozioni cambiamenti fisiologici dell’organismo a livello viscerale, la teoria centrale o neurologica di Cannon, invece, ritiene che le emozioni abbiano origine nella regione talamica dell’encefalo. L’insieme delle teorie psicoevoluzionistiche, invece, considera le emozioni reazioni geneticamente determinate funzionali alla sopravvivenza della specie umana. Il primo ad associare ai fattori neurobiologici anche un fattore psicologico fu Stanley Schachter, con la sua teoria cognitivo-attivazionale, secondo cui l’elemento psicologico interviene a specificare l’attivazione fisiologica e la natura dell’emozione, altrimenti indifferenziata. Le più recenti teorie sulle emozioni sono infine le teorie dell’appraisal (valutazione), secondo le quali esse non nascono in maniera immediata e incontrollata, ma hanno origine da una valutazione cognitiva della situazione che le genera. La psicologia si è occupata delle emozioni anche come mezzo di comunicazione, utilizzabile attraverso varie forme espressive (i movimenti facciali, la voce), che sono in parte universali e in parte culturalmente e soggettivamente determinati. La cultura, inoltre, influenza fortemente il tipo di emozioni più frequenti e l’intensità con cui si tende a manifestarle.
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