La psicologia cognitiva studia i principali processi della mente che determinano il rapporto dell’individuo con sé stesso e con la realtà che lo circonda.
Il processo cognitivo più elementare è quello della percezione, che viene definita come la ricezione e l’interpretazione di dati sensoriali per organizzarli in strutture di significato grazie alle quali comprendere la realtà. Quest’ultima, tuttavia, non corrisponde mai in tutto e per tutto alle percezioni che l’individuo ha di essa, poiché l’interpretazione è influenzata da molteplici fattori, analizzati di volta in volta dalle diverse teorie della percezione: l’ambiente, l’interazione con più stimoli percettivi contemporaneamente, le esperienze pregresse e il punto di vista del soggetto, criteri organizzativi innati.
Un altro processo studiato dalla psicologia cognitiva è l’apprendimento, che consiste in esperienze che producono una modificazione più o meno permanente del comportamento, con la funzione di migliorare l’adattamento dell’individuo al suo ambiente. I primi studi in merito sono quelli dei comportamentisti, secondo i quali alla base dell’apprendimento è il fenomeno del condizionamento, che può essere di due tipi: il condizionamento classico, cioè la modificazione del comportamento determinata dall’associazione fra un determinato stimolo e una determinata risposta (esperimento del cane di Pavlov: la salivazione dell’animale si attiva non solo in presenza del cibo, ma anche all’ascolto di un suono ripetutamente associato con la consegna del cibo), e il condizionamento operante, cioè l’acquisizione di un comportamento attraverso stimoli rinforzanti (“ricompense”) che fanno seguito al comportamento stesso, inducendo a ripeterlo. L’approccio cognitivo all’apprendimento amplia questo meccanismo, sottolineando l’importanza dell’interazione di elementi cognitivi interni, come principi organizzativi o mappe cognitive, con gli stimoli esterni.
Correlata all’apprendimento è la memoria, ossia la capacità di registrare sotto varie forme, conservare nel tempo e recuperare informazioni. Gli studiosi hanno distinto tre tipi di memoria: sensoriale (trattiene per brevissimo tempo informazioni sensoriali), a breve termine (trattiene una quantità limitata di informazioni per un tempo breve, ma prolungabile dalla reiterazione dell’informazione), a lungo termine (trattiene più informazioni per lungo tempo dando importanza al significato di esse). Nella memoria, inoltre, può verificarsi una perdita di informazioni (oblio) a causa del trascorrere del tempo, del livello di attenzione, di fattori emotivi, dell’interferenza di altri ricordi, oltre che ovviamente di malattie come l’Alzheimer.
A partire dalle informazioni codificate e immagazzinate, la mente è in grado di creare relazioni fra esse, costruendo così il pensiero, un ambito di studio piuttosto complesso della psicologia cognitiva. Il pensiero è l’individuazione o la costruzione di collegamenti tra le informazioni per creare rappresentazioni mentali, in maniera conscia o inconscia. Si tratta di un processo che può essere svolto attraverso le parole, strutturando le informazioni in discorsi logico-sequenziali, oppure per immagini, strutturando le informazioni in rappresentazioni visive. Il pensiero viene utilizzato anche per ricavare nuove o più ricche informazioni da quelle già possedute, ossia per fare ragionamenti. Tali processi cognitivi sono legati alle regole della logica (per cui da certe condizioni ne derivano necessariamente altre) e all’utilizzo di modelli mentali di ragionamento derivati dall’esperienza.
La psicologia cognitiva affronta infine il concetto molto controverso di intelligenza, di cui sono state proposte numerosissime definizioni, che la considerano di volta in volta come una capacità mentale generale suddivisa in settori specifici oppure come una molteplicità di capacità legate o indipendenti (diverse intelligenze), che permettono di elaborare in maniera più o meno efficace le informazioni e l’esperienza per risolvere i problemi. Gli studiosi sono però concordi nel ritenere l’intelligenza determinata sia da fattori genetici sia da fattori ambientali, reciprocamente correlati.
A questa difficoltà di definizione corrisponde da sempre una difficoltà di valutazione dell’intelligenza, dal momento che essa non è direttamente osservabile. Nel tempo sono stati sviluppati numerosi test di intelligenza finalizzati a misurare prima singole capacità, poi l’età mentale globale, infine il quoziente d’intelligenza (QI), definito come il rapporto tra l’età mentale del soggetto emersa dai test e la sua età cronologica, moltiplicato per 100.
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