L’onestà è un concetto non facilmente definibile. Personalmente ritengo scorrette molte delle definizioni che si trovano sui vari dizionari perché incoerenti.
Dal dizionario Treccani: onestà – La disposizione di animo e il comportamento di chi è onesto; onesto – Di persona che agisce con onestà, lealtà, rettitudine, sincerità, astenendosi da azioni riprovevoli nei confronti del prossimo.
Da Wikipedia: l’onestà indica la qualità umana di agire e comunicare in maniera sincera, leale e trasparente, in base a principi morali ritenuti universalmente validi. Questo comporta l’astenersi da azioni riprovevoli nei confronti del prossimo, sia in modo assoluto, sia in rapporto alla propria condizione, alla professione che si esercita ed all’ambiente in cui si vive.
Vediamo i problemi:
- è evidente la circolarità della definizione della Treccani;
- entrambe le definizioni fanno riferimento alla lealtà, senza spiegare che rapporto esista fra i due concetti;
- entrambe le definizioni fanno riferimento ai valori morali, di fatto rendendo l’onestà equivalente a moralità, cosa peraltro dubbia;
- entrambe le definizioni citano “le azioni riprovevoli contro il prossimo”; di fatto ampliando il campo dell’onestà alla legalità; non a caso poi entrambe le fonti fanno alcuni esempi parlando esplicitamente di corruzione o evasione fiscale, ma allora perché non citare tutte le altre azioni riprovevoli contro gli altri?
In sostanza si comprende che alla maggior parte della gente la definizione di onestà non è chiara, nemmeno a chi compila i dizionari! Altri concetti come lealtà, moralità, legalità, solidarietà, bontà, altruismo ecc. sono mischiati senza una coerenza di fondo, ma solo per un sentire personale.
Una definizione semplice e coerente di onestà è invece questa:
l’onestà è la qualità umana di agire e comunicare in maniera sincera, astenendosi da azioni riprovevoli verso il prossimo fondate sull’inganno.
Quindi:
non mentire e non ingannare.
Si tratta di una definizione più limitata delle precedenti, ma non contraddittoria e soprattutto chiara. In base alle definizioni precedenti praticamente nessuno è onesto: basta mettere una macchina in doppia fila e danneggiare così il prossimo e non si è onesti; basta dare un pugno a una persona e non si è onesti (questo esempio mostra come deve esserci differenza fra il giudicare una persona disonesta oppure violenta); fra l’altro, poiché i valori morali non sono assoluti, ma sono comunque almeno relativi al contesto sociale in cui si vive, in una comunità una persona può essere onesta e in un’altra no. In sostanza, le precedenti definizioni sono astratte, teoriche e praticamente inservibili, rischiando di portare la persona che voglia attenervisi a una condotta di vita troppo rigida.
La nostra definizione è invece molto pratica e consente di smascherare veramente chi onesto non è.
Nella pagina della giornata dell’onestà vengono fatti numerosi esempi riguardanti il commercio e le professioni. Leggendoli attentamente si scopre che è evidente l’azione diretta, la chiara volontà di far credere al prossimo qualcosa di non vero; come ulteriore esempio chiarificatore citiamo quello di un giornale su cui troviamo la pubblicità di un prodotto dubbio o assolutamente inutile, una situazione all’ordine del giorno. Il giornale non è disonesto per il semplice fatto che affitta uno spazio pubblicitario ed è tenuto semplicemente a verificare che la pubblicità sia legale; non esiste cioè un’ereditarietà della disonestà. Ben diversa è la situazione in cui il giornale, per non perdere un importante sponsor, altera le sue informazioni, ammorbidendole a favore dello sponsor.
Un’ultima considerazione riguarda il mondo della politica. Deludendo gran parte dei lettori, il concetto che nella politica c’è molta disonestà non è condivisibile. Il politico corrotto non è un disonesto, è un criminale, cioè una persona che ha commesso un reato e le sue azioni entrano nella sfera dell’illegalità; anzi, parlando di disonestà, di fatto gli si fa un favore. Idem dicasi del politico che non mantiene le sue promesse: è spesso indimostrabile che fosse cosciente che si trattava di un inganno pianificato (è la stessa situazione del coniuge che ha promesso amore eterno e poi dopo pochi anni di matrimonio scopre che l’amore è finito). Probabilmente ha commesso un errore (la leggerezza di una promessa è sicuramente tale), ma in democrazia sono gli elettori che lo puniranno alla prossima elezione.
Un politico è sicuramente disonesto quando altera dati o fatti al fine di trarne un utile. Ovviamente gli avversari sono soliti tacciare di disonestà la controparte semplicemente perché molto spesso dati e fatti sono interpretabili in modo diverso, ma non bisogna abusare di questa faciloneria di giudizio.
Concludendo, una definizione ristretta di onestà può sembrare una concessione eccessiva, ma non sarebbe bello che almeno questa fosse rispettata da tutti?

L’onestà è uno di quei valori che dovrebbero essere oggettivi ma vengono sottoposti a interpretazioni di comodo
Onestà: non mentire e non ingannare
Ieri, mentre giocavo a scacchi in Rete, un avversario mi ha accusato di essere disonesto perché non ho accettato il suo “mouse slip”, cioè lo scivolamento del mouse che ha portato un suo pezzo in una casa sbagliata con effetti disastrosi (l’equivalente del “pezzo toccato pezzo mosso”, una regola che nei caffè “cavallerescamente” si ignora per permettere all’avversario di rimediare a un gravissimo errore). Evidentemente il mio avversario aveva una sua definizione di onestà che contemplava la modifica delle regole per cavalleria o altro nobile (?) sentimento.
La regola sull’onestà (non mentire e non ingannare) è quindi volutamente ristretta per evitare la perdita di significato per una miriade di versioni personalizzate. Disonesto è chi mente o chi inganna. Più chiaro di così…
Peccato che anche con questa definizione non è facile essere onesti perché, nonostante abbiate appena detto di essere d’accordo, molti di voi incominceranno a fare dei distinguo, una volta colti in fallo.
- Beh, mentire si può, basta incrociare le dita senza farsi vedere e non è peccato.
- Beh, mentire si può se è “a fin di bene” (un medico che non dice la penosa verità a un paziente con il risultato che il paziente si sottopone a tante e inutili cure con pesanti effetti collaterali e giunge assolutamente impreparato alla fine dei suoi giorni – come probabilmente è impreparato il medico ad affrontare il concetto di morte).
- Beh, mentire si può se è “per mantenere in vita dei sogni” (come raccontare ai figli che Babbo Natale esiste oppure dire al tuo miglior amico che “è stato sì tradito, ma sua moglie lo ama”; già la parola “sogno” mi fa pensare a chi nella vita prenderà dalla realtà tante mazzolate sui denti).
- Beh, ingannare si può nel mondo degli affari, perché, si sa, “gli affari sono affari“, una regola che ogni secondo fa molte vittime in una guerra dove escono i peggiori difetti dell’uomo.
Potrete trovare altre decine di eccezioni, ma non mi convincerete: mentire o ingannare resta sempre un atto immorale che nasconde una visione del mondo discutibile.
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