L’insofferente non sa gestire la mancata aspettativa, mancando spesso di un piano alternativo a quello iniziale. Quella degli insofferenti è una personalità molto difficile da individuare e da definire perché potenzialmente essi possono essere persone molto soddisfatte della loro vita. Tutti noi abbiamo aspettative, piccole o grandi; il saggio è colui che riesce a gestire il suo eventuale fallimento utilizzando piani di riserva alternativi in cui crede veramente. In base alla definizione, equiparare l’insofferente a una persona poco saggia è sicuramente scorretto e riduttivo perché sono moltissime le sfaccettature di questa personalità. Per studiarle e descriverle occorre capire perché la gestione della mancata aspettativa non funziona.
La causa dipende dai contributi delle altre personalità.
In genere le altre personalità sono solo secondarie, non sono del tutto “critiche” (cioè non hanno superato la soglia di pericolo, spesso sono personalità elementari che nella personalità del soggetto pesano ormai poco perché sono state “superate” nella fase di crescita e di miglioramento). Come conseguenza resta però l’incapacità di rispondere positivamente a un’aspettativa che non si realizza.
È abbastanza difficile che l’insofferente abbia una scarsa forza di volontà. Poiché deve impiegarla nelle sue varie aspettative, in genere elabora una buona forza di volontà anevrotica perché ciò gli serve “in generale”.
La sua autostima si basa spesso sui successi che ottiene, cioè sulla realizzazione delle aspettative; può sembrare una persona molto sicura di sé finché tutto va bene, ma può crollare in una profonda insicurezza quando l’aspettativa non si realizza. Può essere una persona che appare molto superba (convinta di fare al meglio qualunque cosa faccia, tesa sempre a vantare i suoi successi in tutti i campi in cui si muove ecc.) oppure che appare molto modesta (convinta che qualunque cosa faccia fallirà). Poiché il successo è alla base dell’autostima, il confronto con gli altri può trasformarsi in una gara, più o meno diretta. L’insofferente adotta delle regole (basate su leggi, educazione, civiltà ecc., soprattutto se è stato educato alla disciplina) che pretende che gli altri rispettino, sempre e comunque, a prescindere dal danno che ne ha se gli altri le negano.
Gran parte delle aspettative fallite dipendono dalle interazioni con gli altri; è pertanto naturale che l’insofferente, pur partendo con tutte le buone intenzioni verso chi gli sta intorno, arrivi a scontrarsi con gran parte dei suoi simili, visti come “ostacoli”, “zavorre” o addirittura “nemici” (mania di persecuzione: “ce l’hanno con me”) relativamente alla realizzazione dei suoi progetti. Se l’insofferente è debole tenderà a “subire” gli altri, mentre se è forte tenderà a “dominarli”. La sua umanità è cioè frenata dalla necessità di realizzare le sue aspettative.
Quando l’aspettativa non si verifica ecco che non scatta nessun piano di riserva, ma arriva l’esplosione, verso gli altri (ira) o verso sé stessi (frustrazione). Non a caso molti insofferenti deboli soffrono di malattie psicosomatiche, rivelatrici di un profondo disagio esistenziale; in molti casi sono problemi che l’organismo innesca per distogliere il soggetto dalle sue mancate aspettative esistenziali.
Insofferenza ed età – L’insofferente è una personalità che come altre (statico, vecchio) può essere decisamente influenzata dall’età del soggetto. Molti giovani sono insofferenti. Se ben ci pensiamo, il bimbo che di fronte alla vetrina si mette a piangere perché il genitore non gli compra il giocattolo desiderato è un insofferente. L’evoluzione del giovane insofferente può essere verso il perfetto equilibrio (il giovane diventa saggio) oppure verso una cronica insoddisfazione nei confronti di sé, degli altri, del mondo.
Insofferenti – Le tipologie
Vediamo le due sottoclassi principali: l’insofferente debole e l’insofferente forte.
L’insofferente debole – Gli insofferenti non dotati di sufficiente forza tendono a subire la mancata aspettativa come frustrazione, delusione, sconfitta ecc. senza cercare di superarla. Per esempio, Tizio ha come aspettativa quella di un lavoro che gli dia la massima libertà, con un buon corrispettivo economico e che lo gratifichi; non è un apparente quindi “si accontenterebbe”. Purtroppo ogni intoppo alla sua libertà, ogni mansione ripetitiva, ogni contrasto con un collega o con il principale sono visti come un attentato alla sua aspettativa e c’è un rigetto totale del lavoro. Morale: Tizio ha già cambiato decine di impieghi ed è sempre più angosciato dalle sue frustrazioni.
L’insofferente forte – Se invece il livello di forza è normale o addirittura notevole, alla mancata aspettativa si reagisce usando la forza; l’ira è l’esempio classico di insofferenza forte, soprattutto quando non è finalizzata a trasmettere un messaggio, ma è fine a sé stessa (cioè non contribuisce a migliorare la situazione).
Le due sottoclassi non sono però facilmente separabili: poiché il fattore discriminante è il livello di forza, è evidente che un insofferente può essere debole o forte a seconda della situazione che incontra, se ha cioè la forza sufficiente per affrontarla o meno. Un insofferente forte che si renda conto che è “schiavo” della situazione, che nulla può fare per cambiarla ecc. anziché adirarsi potrà addirittura scoppiare in lacrime. In altri casi, può adottare la strategia della fuga (oppure della Volpe e l’uva, minimizzando l’aspettativa mancata); la misantropia dell’insofferente gentile si basa proprio sulla strategia di fuga: deluso dagli altri, preferisce evitarli.
La diagnosi differenziale
Poiché le manifestazioni di insofferenza possono essere tipiche di altre personalità (si pensi all’ira, comune anche ai violenti, oppure alla frustrazione/delusione tipica anche di svogliati o di deboli), per identificare un insofferente occorre valutare se il comportamento sia dovuto totalmente alla mancata aspettativa oppure sia una costante comune della persona (e quindi preesistente alla delusione del fallimento).
Si consideri un uomo che, respinto da una donna, abbia verso di lei comportamenti spiacevoli e arrivi persino alla violenza sessuale. Se l’uomo è un violento, usa la forza come ultima arma per ottenere il suo scopo; se è un insofferente la usa come reazione esagerata (punizione) alla sua aspettativa delusa; non a caso, prima del rifiuto il violento non era particolarmente galante, gentile ecc., mentre l’insofferente si prodigava in apprezzamenti, era disponibile, faceva tutto per bene affinché la sua aspettativa si realizzasse.
Ovviamente quanto detto non significa che un insofferente non possa anche essere un violento o uno svogliato.

Gli insofferenti sono spesso tali a causa della mancata capacità di adattarsi e reagire alle condizioni esterne
La qualità della vita
Curiosamente molti insofferenti hanno una vita soddisfacente. Si tratta di coloro per i quali opportune condizioni facilitanti permettono il realizzarsi delle aspettative e per i quali si innesca raramente la “mancata aspettativa”. Purtroppo, spesso hanno difficili rapporti interpersonali, contraddistinti dal loro essere sempre i “primi della classe”: dall’alto del loro successo possono essere rispettati, ma anche odiati o temuti.
Più comunemente la vita dell’insofferente alternerà periodi positivi ad altri negativi; potrà essere presente un’insoddisfazione di fondo se le aspettative sono veramente troppo grandi e di difficile realizzazione.
Nei casi più critici il sistematico crollo delle aspettative (magari “impossibili”) potrà portare l’insofferente verso condizioni psicologiche borderline, cioè al limite con stati patologici.
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