L’insoddisfatto, qualunque sia il punto in cui arriva, non sa appagarsene perché l’insoddisfazione non è una logica valutazione del bilancio esistenziale, bensì una forma mentale.
L’insoddisfatto è tale perché si pone obiettivi a prescindere dalla loro fattibilità. È schiavo cioè di come vorrebbe essere o di come gli altri vorrebbero (o di come pensa che gli altri vorrebbero) che lui fosse.
Non necessariamente è schiavo della perfezione, anche se una buona parte di insoddisfatti è potenzialmente perfezionista. Per lui non vale la massima di P. Ariès secondo la quale “il culto della perfezione porta sempre a preferire l’inganno all’autenticità” perché difficilmente bara con sé stesso o con gli altri per “apparire” perfetto. Si limita semplicemente a porsi traguardi per lui impossibili. Sostanzialmente la sua personalità è l’opposto di quella espressa nel noto proverbio “chi si accontenta gode”.
Di fronte al bicchiere riempito a metà, vede sempre e soltanto la parte mezza vuota. Se ciò può essere motivante sul lavoro o nelle sue attività, può diventare penalizzante nelle relazioni sociali: sempre insoddisfatto di chi gli sta di fronte, è incapace di coinvolgersi pienamente.
La sua gestione degli obiettivi è spesso pessima, non capendo che, se è corretto che un obiettivo sia motivante (cioè che ci sia una probabilità di insuccesso non nulla), deve essere anche realistico (cioè deve avere comunque una possibilità di successo non trascurabile)!
Negli insoddisfatti più intelligenti si ha una sensibilità al realismo dell’obiettivo, ma viene mascherata dal porsene sempre uno un po’ “più in là”, finendo a poco a poco comunque nell’impossibile.
Il miglior modo per scardinare la personalità dell’insoddisfatto è quello di imparare a condannarsi non perché non ha raggiunto il massimo, ma ogni volta che:
- ci si confronta con gli altri senza capire che ci sarà sempre qualcuno più bravo di noi.
- Si perdono tante occasioni per festeggiare.
- Non si comprende che spesso anche fare meglio non migliorerebbe di una virgola la nostra vita.
Insoddisfatti e qualità della vita
Come si vedrà dalle tipologie, è molto variabile, a seconda di come l’insoddisfazione si sia cronicizzata. Non a caso, è possibile che un insoddisfatto, durante la sua vita, passi da una tipologia all’altra, quasi una naturale evoluzione. Le condizioni facilitanti non lo sono più di tanto, nulla potendo con le reali motivazioni dell’insoddisfazione.

Chi sono gli insoddisfatti? Secondo la logica del Personalismo possono essere definiti come soggetti che non riescono a vivere pienamente i propri successi (veri o presunti che siano)
Il fallito
Ha una bassa autostima e una situazione oggettivamente difficile; senza la forza di rialzarsi, la sua esistenza naviga lontano mille miglia dai suoi obiettivi. La depressione è spesso il tratto più evidente della sua personalità. Può essere un’evoluzione di una personalità romantica (i sogni sono falliti, ma erano sogni impossibili…), tratto caratteristico è che ha smesso di lottare, ha annunciato a sé stesso e al mondo la propria “sconfitta”.
Il disilluso
Ha in genere un’autostima normale, non si ritiene un fallito, ma piuttosto ritiene il fallimento generalizzato in gran parte della popolazione (ciò lo salva dalla depressione). Questa convinzione gli impedisce di usare risorse e piani per migliorare la propria qualità della vita che spesso è solo sufficiente.
Il perfezionista
Mira sempre alla perfezione, arrivando nei casi estremi a posizioni maniacali. È convinto che sia possibile arrivare al top e questa convinzione lo pone quasi agli antipodi rispetto al fallito o al disilluso. Inflessibile con gli altri e con sé stesso, ha anche momenti di gratificazione quando raggiunge successi parziali, prima di cadere vittima di nuovi traguardi, sempre più impossibili. Le vittorie parziali gli consentono comunque ampi “periodi di remissione” dalla sua “malattia” e di fatto non è raro che il perfezionista riesca ad avere una qualità della vita buona, almeno apparentemente.
Il risentito
Ha una forte autostima, ma una situazione oggettivamente normale o scadente: accusa il mondo di limitarlo e sono sentimenti ricorrenti l’invidia per chi lo supera o il disprezzo per la mediocrità altrui. A differenza di ciò che accade nel perfezionista, il successo non dipende da lui, ma dal mondo esterno.
Una variante è costituita dall’insoddisfatto (arrabbiato) sociale, per il quale nulla va bene, tutto è sbagliato e tutto è da rifare (piove, governo ladro!). Può arrivare a posizioni estremistiche (se è presente anche una personalità violenta) o semplicemente esprimere il suo profondo dissenso in movimenti alternativi; politicamente si configura come “arrabbiato” non tanto per le idee, quanto perché, a differenza di altre persone che pure hanno i suoi stessi convincimenti, è incapace di analizzare i problemi sociali in modo distaccato, senza una forte carica emotiva.
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