La forza calma è l’arma più potente a disposizione di un soggetto equilibrato per affrontare i contrasti con il mondo. Da un punto di vista puramente tecnico è l’impiego giustificato della forza senza ira.
Infatti per il Personalismo
l’ira è la forza degli stupidi.
La frase, volutamente forte, serve a far riflettere chi cade vittima dell’ira la quale, in realtà, è del tutto inutile e quindi “non intelligente”.
La forza
Non ha senso scontrarsi con gli altri per il gusto di farlo: deve esserci uno scopo e tale scopo non può che essere la conservazione dei propri diritti all’interno della società per migliorare la qualità della propria vita.
Si noti che l’ultima frase è sostanzialmente costituita da due condizioni: conservazione dei diritti e miglioramento della qualità della vita. Questo tema deve essere attentamente studiato da chi ha una personalità violenta o romantica. Non a caso, parlando della personalità violenta, abbiamo detto che in una comunità del terzo millennio non conviene essere criminali.
La forza è l’insieme delle risorse con cui noi cerchiamo di far valere i nostri diritti.
I diritti di un individuo sono teoricamente infiniti ed è praticamente impossibile che l’interazione con gli altri non produca delle limitazioni, proprio come il muoversi in un luogo affollato genera scontri involontari.
L’applicazione della forza è necessaria quando vi è una lesione di quei diritti che causa un reale peggioramento della nostra qualità esistenziale. Pertanto non usiamo la forza per piccoli scontri fortuiti.
Il danno
Se ci sono persone che rifuggono ogni scontro, esistono individui che fanno della lite e dello scontro un’usanza quotidiana, si sentono sempre perseguitati dagli altri con i quali hanno un rapporto terribilmente conflittuale. Applicano la forza per futili motivi; in effetti, da un punto di vista teorico possono avere ragione, ma quando l’applicazione della forza non porta a nessun vantaggio pratico e ci costa solo uno spreco di energie non vale la pena di agire in tal senso. I nostri diritti vengono lesi solo quando noi subiamo un danno pratico. Se non c’è danno, l’affronto che ci può essere fatto è puramente teorico.
Solo i violenti usano la forza quando non c’è danno.
Si noti che il danno deve essere reale e non potenziale. I soggetti più irascibili parleranno di danno morale, di violazione di principi (“Lo faccio per principio”). Ebbene, che senso ha scatenare una guerra per un principio, quando non viene arrecato alcun danno nei nostri confronti? Questo vale anche per tutti coloro che si sostituiscono alla legge e vogliono intervenire per punire chi sbaglia, senza peraltro essere coinvolti. L’esempio classico è quello di chi si sostituisce al vigile e invita l’automobilista frettoloso a non parcheggiare in divieto di sosta. Questo non è senso civico: è solo stupida conflittualità. Molti non saranno d’accordo su questo punto e citeranno casi in cui si “deve per forza intervenire”. Supponiamo che il parcheggio sia riservato al mezzo di trasporto per un handicappato. Se un automobilista vi parcheggia senza diritto, un passante può invitare quest’ultimo ad andarsene? Potrebbe ragionare praticamente così: “i vigili ci sono rarissimamente, chiamarli per far spostare il mezzo vorrebbe dire far passare più di mezz’ora, praticamente irrealizzabile, magari il posto serve subito”. In realtà questo ragionamento è patosensibile (la vicenda riguarda una persona handicappata), ciò che ci spinge è la volontà di opporci a un sopruso nei confronti di un debole. In realtà, se accettiamo questa soluzione, dobbiamo accettare anche che in molti quartieri dove di sera la vita diventa difficile i cittadini organizzino ronde per difendersi dai malviventi. No, inaccettabile. La situazione è operare per far migliorare le cose, fare in modo che i vigili (basta una settimana di multe e la voce circola…) e la polizia ci siano. Si potrebbe poi ragionare teoricamente così: il divieto di sosta esiste per una questione pubblica per cui tutti hanno il diritto di intervenire. Questo è però un arrampicarsi sugli specchi per giustificare una propria azione. Ogni legge è pubblica, se non altro perché serve appunto a mantenere l’ordine pubblico. Si ritornerebbe al caso del giustiziere che abbiamo esaminato nella personalità dei violenti e la società diverrebbe un Far West dove ognuno, in nome dell’ordine pubblico, si sentirebbe autorizzato a intervenire. Ho parlato di stupida conflittualità perché se l’automobilista, all’invito ad andarsene fatto dal passante, rispondesse in malo modo cosa accadrebbe? Il passante se ne andrebbe con la coda fra le gambe (da debole), chiamerebbe i vigili (ma allora non può chiamarli subito?) o risponderebbe per le rime, accendendo una rissa?
Cos’è la forza calma
Stabilito che c’è un danno reale, chi non ha forza non riuscirà mai a mettere in pratica ciò che sa essere giusto perché per farlo occorre spesso interagire anche duramente con gli altri. Cominciamo con un concetto molto importante
la forza calma ha il minor contenuto possibile di forza fisica (che cioè può produrre un danno fisico).
Troppe persone ritengono che essere forti fisicamente, incutere timore, “sapersi difendere” sia positivo. Niente di tutto ciò. Molti soggetti forti non hanno mai dato un pugno o uno schiaffo nella loro vita, ma non si sono mai fatti mettere i piedi in testa. Troppo facile e semplicistico farsi rispettare solo perché si è forti fisicamente: che garanzia dà questa strategia, visto che non può escludere che, prima o poi, si troverà qualcuno più forte?
Dovrebbero riflettere su questi concetti tutti coloro che praticano body building, arti marziali ecc. per “imparare a difendersi”. Le arti marziali servono per prendere consapevolezza della propria forza, per acquisire autorevolezza, non per usarla a sproposito.
Non a caso, molte tragedie nascono proprio dall’assurda sicurezza nella propria forza. La risposta a una provocazione con la forza fisica anziché con la forza calma può generare una catastrofe.
La forza fisica deve essere usata solo quando è l’unica arma a disposizione della legittima difesa, sottolineo unica. Quali sono dunque le maggiori componenti della forza calma?
- La parola.
- La comprensione dello scenario.
Con la parola si può far ragionare il nostro interlocutore o lo si può zittire; ciò vale genericamente se è un debole che ha assunto un atteggiamento da violento. Armi contro i deboli sono l’ironia, la legge, la minaccia (spesso molto più forte dell’esecuzione) e tutto ciò che, con atteggiamento calmo, ma risoluto, noi riusciamo a mettere sul piatto della bilancia.
Se il soggetto debole non è, la parola non è sufficiente; si deve anche capire lo scenario per prevenire la sua violenza (utile nel caso di un violento non criminale tutto sommato calmo: fargli presente le conseguenze del suo gesto) o per applicare l’utilissima strategia del raddoppio: se tu mi crei un problema, io te ne creo uno doppio, quindi non conviene a nessuno dei due. Ovviamente la comprensione dello scenario serve per evidenziare il problema più penalizzante per la controparte.
La strategia del raddoppio funziona bene con violenti non criminali. Con i violenti criminali può non essere vincente, se non viene coniugata con il senso della gerarchia. Infatti la maggior parte dei criminali ha un forte senso della gerarchia. Se con calma e autorevolezza si applicano le strategie precedenti in modo da mettersi alla pari (o sopra) il nostro interlocutore (facendogli capire che il nostro potenziale di fuoco può essere molto maggiore del suo, sia passando attraverso la legge sia seguendo altre strade), si ha un forte potere contrattuale. In genere al debole manca proprio l’autorevolezza per poter trattare con il violento.
Se non si riesce a trovare un accordo o se gerarchicamente si è in inferiorità, si può accettare la guerra, se il gioco vale la candela. La cosa peggiore è cedere. Molto meglio, andarsene. Moralmente, si toglie al criminale la possibilità di esercitare la sua forza, di fatto smorzando la sua pericolosità sociale (la criminalità funziona perché troppi restano e abbassano la testa). Fortunatamente, nei Paesi occidentali quest’ultima soluzione è confinata a determinati quartieri o a determinate zone; certo, se uno è debole può pensare alla fuga anche davanti a un bulletto.
Un esempio: la scuola.
Impariamo a usare la forza calma
Come in molti altri aspetti della vita, la pratica è fondamentale. Occorre migliorare ogni giorno un poco, osservando e valutando i propri comportamenti.
Applicazione – Capire quando applicare la forza calma. Verificare se valgono i due requisiti essenziali: conservazione dei diritti e miglioramento della qualità della vita. In genere:
- i violenti e i deboli applicano la forza senza che questi due requisiti siano presenti,
- i deboli tendono a non applicarla anche se i due requisiti sono presenti.
Modalità – Imparare come applicare la forza calma, evitando i due fattori che uccidono la calma:
- l’ira. Se non riuscite a far valere i vostri diritti senza arrabbiarvi, fate un bel respiro prima di ogni discussione e imparate che l’ira annebbia la nostra lucidità e quindi è un grave handicap. Si noti che l’ira non vuol dire usare una voce forte e risoluta, un linguaggio molto pesante ecc., ma aver “un interno in subbuglio” (si veda appunto l’approfondimento sull’ira): ci si agita, le pulsazioni aumentano, la testa scoppia, il viso s’accende di rosso ecc.
- Un uso non minimo della forza fisica. Si noti la locuzione “non minimo” che indica una sorta di legittima difesa: ogni ricorso alla forza fisica che potrebbe essere evitato (per esempio con semplici e intelligenti minacce verbali) uccide la forza calma.

La forza calma è l’impiego giustificato della forza senza ira.
La malvagità
Porsi l’obiettivo di non avere mai conflitti è piuttosto utopistico, ma usare la forza contro un nostro simile quando non si stia difendendo un vero diritto significa essere malvagi, significa trasformare ogni azione di forza in violenza.
Come la bontà serve per gestire il mondo dell’amore, la malvagità d’animo è il modo migliore per trasformare il nostro mondo neutro in un mondo d’odio che si ripercuote nei nostri confronti e ciò non migliora sicuramente la qualità della nostra vita. Non c’è pace dove c’è malvagità. Chi è malvagio, per quanto sia potente, prima o poi pagherà esistenzialmente la sua condotta. La violenza non migliora la qualità della vita, perché ci può far vincere cento battaglie, ma ci farà perdere l’ultima, quella decisiva. Quindi:
la violenza ci può far vincere cento battaglie, ma ci farà perdere la guerra.
Chi ha imparato a esercitare la propria forza nei rapporti sociali, spesso non riesce a controllare questa capacità e finisce per abusarne: la forza diventa violenza. Con motivi più o meno validi arriva ad approfittare dei più deboli, confidando di essere sempre lui il più forte. È una visione del mondo dove la prepotenza ha il sopravvento, ma in modo inutile perché solo temporaneo. La vita diviene una guerra continua, con battaglie magari vinte facilmente, ma prima o poi si trova sempre qualcuno più forte che ci fa rimpiangere la strada che abbiamo scelto. Il piccolo delinquente che rapina i passanti esibendo un affilato coltello può pensare di aver risolto tutti i problemi della propria vita, ma cambierà idea quando per caso rapinerà un poliziotto in borghese che estrarrà la sua pistola e lo fredderà.
Chi abusa della propria forza prima o poi troverà qualcuno più forte di lui.
nbsp;
Indice materie – Psicologia – Forza calma