La filofobia (philophobia o, più comunemente, philofobia) è la paura di amare e/o di mantenere durevoli relazioni affettive; un’inibizione emotiva che tende ad allontanare dalle relazioni interpersonali e a creare una sorta di anoressia sentimentale. Filofobia è un termine di origine greca, è infatti composto da philos (amore) e phobia (paura, fobia). Parliamo di questo disturbo esistenziale perché negli ultimi anni sempre più persone ne soffrono (o perlomeno vi è una maggior consapevolezza del problema) e il suo impatto negativo sulla vita di relazione può essere notevolmente penalizzante.
È considerata una tra le 20 fobie più comuni, ma si può ritenere che, proprio per l’impatto che ha sulla vita del soggetto, dovrebbe occupare una delle primissime posizioni (l’aracnofobia – paura dei ragni – o l’entomofobia – paura degli insetti – fobie dalle quali è comunque opportuno liberarsi, non hanno certo lo stesso impatto totalizzante sulla vita delle persone!).
Filofobia – Cause
Secondo consolidate interpretazioni in ambito psicologico (a cominciare da Freud e poi Bowlby, Horney, Corneau, Tavormina), le difficoltà di amare nella vita adulta trovano fondamento soprattutto nelle fasi della prima infanzia e nell’adolescenza, in quelle situazioni in cui i primi legami affettivi con le figure genitoriali (o di riferimento) sono vissuti in modo insicuro, contrastato, disarmonico; in questi casi i rapporti affettivi adulti molto probabilmente saranno caratterizzati da fragilità, difficoltà e ambivalenza.
Secondo gli esperti, avere avuto madri eccessivamente apprensive, iperprotettive o dominanti, padri assenti o emotivamente distaccati, costituisce un’importante premessa per probabili comportamenti filofobici da adulti che si manifestano attraverso veri e propri blocchi nelle relazioni affettive. Molti soggetti, non appena si rendono conto che la relazione diviene troppo coinvolgente, adottano strategie di distacco o addirittura di fuga. Altri ancora non entrano neppure nella relazione per paura del confronto o di poter vivere (rivivere) un abbandono.
Statisticamente, sembra che ne siano colpiti più gli uomini che le donne, soprattutto a causa, probabilmente, del maggior impatto educativo-emotivo che le madri hanno nei loro confronti rispetto a quello che hanno verso le figlie femmine nelle fasi della crescita.
Filofobia – Sintomi
Nei maschi, il soggetto adulto filofobico teme la forza del potere femminile e non riesce a confrontarsi in modo equilibrato con l’altro sesso. Le difficoltà possono andare da problemi di impotenza sessuale alla sindrome di Don Giovanni, in cui si è costantemente alla ricerca di un nuovo partner. Il maschio filofobico è un adulto spesso dipendente e generalmente insicuro.
Per le femmine, le difficoltà di rapporto si manifestano invece spesso nella ricerca di un partner-padre o nell’attesa del principe azzurro che finalmente riconosca loro quel ruolo femminile che non si è correttamente costituito prima. Queste donne sono in molti casi delle eterne adolescenti o delle novelle guerriere che combattono per vedersi finalmente riconosciute. Il mondo femminile adulto che soffre di filofobia manifesta il suo disagio anche attraverso comportamenti tipici ricorrenti quali: la donna bambola, la ragazza di vetro, la seduttrice, l’emarginata, la superstar, la figlia diligente e anche la martire. Tutte situazioni che, seppure con differenti sfumature, rendono squilibrate e a volte impossibili le relazioni d’affetto e d’amore.
In alcuni casi, il problema si manifesta attraverso profonda ansia e attacchi di panico (con tutti i sintomi e segni fisici correlati quali tachicardia, sudorazione, tremori, irrequietezza, evitamento ecc.,) che sono figli anche della mancanza di fiducia in sé stessi e della paura di non poter mantenere il controllo della situazione.
Già nelle fasi iniziali della relazione, il filofobico si sente vulnerabile, percepisce pericoloso affidarsi all’altro e abbandonarsi per cui attiva rigidi meccanismi di difesa che rendono irrealizzabile un corretto rapporto affettivo. La relazione è vissuta come una prigione o una catena dalla quale liberarsi. La voglia di amare e quella di scappare convivono conflittualmente creando molti intuibili problemi.

Per il soggetto filofobico, le relazioni affettive possono risultare una vera e propria “prigione”
Filofobia – Un grave problema
Come abbiamo visto, la vita affettiva di un filofobico risulta particolarmente difficile per il soggetto che ne soffre e queste difficoltà si ripercuotono pesantemente anche sul partner che si percepisce come trascurato, incompreso o poco amato.
Il filofobico ha paura di amare perché teme anche di non ricevere ciò di cui ha bisogno. Crede che la sua felicità dipenda dagli altri. In questa prospettiva, il rischio di sofferenza e di frustrazione è ancora più alto perché la felicità va in realtà costruita indipendentemente dalla presenza di un partner: per poter instaurare e mantenere solide e appaganti relazioni d’amore è innanzitutto necessario saper star bene prima con sé stessi.
Uno dei grandi temi trattati dal Personalismo è appunto la felicità e una delle condizioni necessarie (anche se non sufficiente) per aspirare a essere felici è la capacità di amare (capacità d’amare, oggetti d’amore), insieme all’intelligenza esistenziale e all’equilibrio della personalità.
Risulta quindi evidente che avere problemi a instaurare rapporti affettivi può costituire un grande impedimento anche per il raggiungimento della felicità, che prevede proprio l’amore (non solo verso un altro essere umano) come elemento centrale imprescindibile.
La filofobia influisce trasversalmente in modo negativo anche su molte personalità critiche aggravandone gli effetti sulla personalità complessiva. Può essere un cane che si morde la coda: la personalità critica è aggravata dall’incapacità di amare e spesso questa incapacità di amare è proprio la causa stessa della criticità. Il rischio concreto è di trasformare una delle esperienze più appaganti e coinvolgenti della vita (l’amore) in un’esperienza di sofferenza per sé e per gli altri.
La maggior parte di coloro che soffrono di filofobia percepiscono di avere delle difficoltà, magari soffrono e stanno male, ma spesso non hanno la chiara consapevolezza del problema e non lo affrontano; così il disagio si trascina nel tempo e si consolida progressivamente minando alla base la fiducia in sé stessi e nelle proprie capacità. È come gettare un sasso nello stagno, le onde si propagano progressivamente ad altri ambiti del vissuto.

La vita affettiva di un filofobico risulta particolarmente difficile per il soggetto che ne soffre e queste difficoltà si ripercuotono pesantemente anche sul partner
Cura
Premesso che si può soffrire di filofobia in maniera più o meno grave, sicuramente il problema va affrontato il prima possibile perché il rischio è quello di trascorrere la vita in un vero e proprio isolamento affettivo.
Per i casi gravi è necessario rivolgersi allo psicologo/psicoterapeuta per i vari differenti approcci terapeutici con farmaci, terapie cognitivo-comportamentali, ipnosi, desensibilizzazione ecc.; per tutte le altre situazioni è possibile affrontare concretamente il problema e adottare comportamenti correttivi.
Innanzitutto, è necessario rendersi consapevoli del problema, che non è certamente emerso all’improvviso, ma si sarà manifestato gradualmente nel tempo: se, per esempio, tutte le relazioni vissute sono finite male, è opportuno chiedersi quali siano state le motivazioni e non può certo essere sempre colpa di un partner sbagliato, anche perché il partner lo abbiamo scelto noi.
Preso atto del problema, appare inutile l’ostinazione nel risalire con la memoria a tempi lontanissimi della propria storia personale (uno degli approcci classici di certe correnti) per trovare qualche indizio di fatti sfavorevoli alla radice della filofobia (una madre che non aveva tempo da dedicarci, un padre spesso assente che ci diceva di stare zitti ogni volta che aprivamo bocca…). Sarebbe un’attività con scarsissime probabilità di successo, ma soprattutto a che cosa servirebbe? Si può forse tornare indietro e ripercorrere la strada in modo diverso? Si può cambiare il passato? Sicuramente no, quindi bisogna agire sul presente.
Poiché alla base delle difficoltà di relazione e di rapporto con gli altri c’è molto spesso anche la mancanza di autostima (magari non correttamente costruita nel tempo e forse ulteriormente minata dai fallimenti relazionali), è fondamentale lavorare sulla propria autostima per costruire (o ricostruire) quella fiducia in sé stessi che consenta di affrontare la vita e le relazioni in modo sicuro e consapevole e uscire dalla filofobia.
In realtà, poche persone posseggono l’autostima in modo equilibrato e considerato che essa è l’idea che ciascuno ha di sé, il voto che si dà, va da sé che avere un’autostima bassa o distorta è la premessa per moltissimi disagi esistenziali.
La buona notizia è che un’ottima autostima si può costruire indipendentemente dall’età ed essa trova fondamento soprattutto sui propri valori morali (bontà, semplicità, correttezza, onestà ecc.), ma soprattutto sui valori esistenziali (avere molti oggetti d’amore e saperli vivere quotidianamente).
Con questa nuova consapevolezza di sé e la costruzione di una corretta e stabile autostima, è possibile guardare con fiducia anche ai rapporti interpersonali; le relazioni affettive e d’amore diventeranno finalmente appaganti per sé e per le persone che fanno parte del nostro mondo dell’amore.
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Tino Gallinari
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