L’eritrofobia, nota anche come ereutofobia, è la paura morbosa di arrossire. Di per sé l’arrossire delle guance è un fenomeno non patologico che può capitare dopo una certa attività fisica, dopo un’esposizione al calore oppure in seguito a un fenomeno irritativo della pelle. Può essere però che il vissuto della persona faccia sì che esso si leghi a esperienze spiacevoli in cui il soggetto vive momenti di imbarazzo. Il ripetersi di tali situazioni e/o una loro valutazione ipercritica portano all’eritrofobia.
Sintomi e conseguenze dell’eritrofobia
L’eritrofobia si manifesta attraverso l’iperemia del volto. Il viso del soggetto assume in modo improvviso una colorazione rosso accesa causata dall’improvviso aumento della quantità di sangue nei capillari del viso (ciò che gli inglesi chiamano facial blushing).
L’eritrofobia è strettamente collegata all’eccessiva paura di commettere degli sbagli, di non centrare un obbiettivo che ci si era prefissi, di non ritenersi all’altezza delle situazioni, di non sentirsi in grado di raggiungere la perfezione o, più semplicemente, di fare una brutta figura. I sintomi dell’eritrofobia si manifestano in particolar modo quando il soggetto si trova, o ritiene di trovarsi, al centro dell’attenzione di un gruppo o di un pubblico; in questi casi egli percepisce sempre di più il timore di arrossire e contemporaneamente avverte tachicardia, senso di costrizione a livello toracico e una forte sensazione di calore a livello del viso.
L’imbarazzo che il soggetto prova, unito alla convinzione di non apparire sicuro e disinvolto, può creare un disagio tale da impedirgli di affrontare la situazione con naturalezza; la persona tende quindi a concentrarsi nel tentativo di minimizzare il fenomeno; ciò innesca un processo di tale angoscia che il soggetto avverte l’impellente desiderio di “sparire” dal quel particolare contesto.
Le conseguenze dell’eritrofobia possono essere molteplici; il soggetto avverte, quando si trova di fronte agli altri, sensazioni di insicurezza, inadeguatezza, inferiorità e imbarazzo. Tutto ciò porta la persona a rifuggire quelle situazioni che ritiene potrebbero scatenare il disturbo, si astiene dal prendere posizione all’interno di una discussione anche quando ritiene valide le sue opinioni.
Anche a livello professionale, in chi soffre di eritrofobia, le scelte si fanno più limitate dal momento che si ricercheranno professioni che non richiedano un contatto con il pubblico o con numero elevato di colleghi o collaboratori; si eviteranno inoltre, dato il proprio senso di inadeguatezza, incarichi ritenuti troppo superiori alle proprie forze con inevitabili ricadute sul piano economico.
Il soggetto avvertirà spesso un senso di frustrazione per il fatto di non essere in grado di esprimersi e realizzarsi al massimo delle proprie potenzialità sia intellettuali che professionali; tutto ciò porterà l’eritrofobico a un progressivo auto-isolamento, al desiderio di limitare il più possibile i rapporti sociali.
Nei casi di minor gravità il soggetto avvertirà comunque il rammarico per il grande impegno, a livello psichico, che deve profondere per affrontare al meglio quelle situazioni che egli percepisce come rischiose. Nei casi più gravi invece il soggetto rischia di entrare in una pericolosa spirale depressiva che può portarlo, nei casi invero più estremi, anche a pensieri suicidi.

La parola eritrofobia deriva dai termini erythros (rosso) e phobos (paura)
Rimedi
Esistono diversi rimedi con i quali si può trattare l’eritrofobia:
- le tecniche di rilassamento
- la psicoterapia
- la farmacoterapia
- la chirurgia del nervo simpatico (simpatectomia).
Tecniche di rilassamento – Esistono varie tecniche di rilassamento che vengono consigliate per il trattamento dell’eritrofobia come, per esempio, le tecniche di respirazione, le tecniche di rilassamento progressivo, il training autogeno fino ad arrivare allo yoga.
L’utilizzo di queste tecniche mira soprattutto al miglioramento del grado di autostima, al miglioramento della fiducia nei propri mezzi e a ridurre le problematiche fisiche provocate dal disturbo, in particolar modo la tachicardia. Le tecniche di rilassamento possono essere praticate in gruppo oppure da soli e vengono quasi sempre consigliate in abbinamento a un trattamento psicoterapico.
La psicoterapia – Difficilmente, nei casi di eritrofobia, non si ricorre a un trattamento di tipo psicoterapico. I rimedi più utilizzati sono l’ipnosi e la terapia cognitivo-comportamentali (TCC). Alcuni autori sconsigliano, a differenza di altri, la terapia di confronto (il cosiddetto flooding) in quanto la ritengono controproducente. Di norma, il trattamento psicoterapico non consente l’eliminazione del riflesso neurovegetativo che porta all’arrossamento del volto, ma permette al soggetto di riuscire a convivere con tale problema diminuendone drasticamente l’incidenza sulla sua qualità della vita.
La farmacoterapia – L’approccio farmacologico tende soprattutto a contrastare i sintomi fisici e le conseguenze di tipo psicologico che da essi derivano (in particolar modo gli stati ansiosi).
I rimedi farmacologici che vengono solitamente indicati sono i seguenti:
- antidepressivi triciclici
- inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI)
- inibitori della monoaminoossidasi (IMAO)
- betabloccanti
- benzodiazepine.
Per quanto riguarda gli antidepressivi triciclici, la molecola che viene più frequentemente usata è la imipramina, le indicazioni principali di tale classe farmacologica sono il trattamento dell’ansia e quello degli attacchi di panico. I risultati nel trattamento dell’eritrofobia non sono particolarmente eclatanti.
Gli SSRI sono spesso indicati nel trattamento delle sindromi depressive. Per il trattamento delle fobie sociali in generale e per l’eritrofobia in particolare i più utilizzati sono la flovoxamina, la fluoxetina e la paroxetina. Tali farmaci hanno mostrato buoni risultati nella remissione dei sintomi, ma, sfortunatamente, quando il trattamento viene sospeso i risultati non sempre sono duraturi.
I betabloccanti non hanno dato risultati particolarmente brillanti. Sono utilizzati nel controllo della tachicardia, processo che innesca tutta una serie di reazioni a catena che possono provocare l’attacco di eritrofobia. Nel trattamento dell’eritrofobia, la molecola più utilizzata di questa classe di farmaci è l’atenololo.
Gli IMAO sembrano dare buoni risultati nel trattamento delle fobie sociali. Il problema principale è che in moltissimi casi i risultati ottenuti si perdono quando il trattamento viene interrotto. La molecola più utilizzata di questa classe farmacologica è la fenelzina.
Per quanto riguarda le benzodiazepine, i farmaci che hanno i migliori risultati sono l’alprazolam e il clonazepam. L’utilizzo delle benzodiazepine va valutato con grande attenzione date le problematiche relative alla dipendenza e al rischio di abuso.
Un farmaco che ha dato risultati interessanti è la clonidina, un antipertensivo che stabilizza la muscolatura vascolare riducendone la motilità, limitando così l’improvvisa modificazione del calibro dei vasi cutanei del viso. Sfortunatamente gli effetti collaterali che lo caratterizzano ne limitano l’impiego.
Chirurgia del nervo simpatico (simpatectomia) – Quando l’eritrofobia assume aspetti invalidanti e gli altri approcci terapeutici sono risultati inefficaci non rimane che il ricorso alla chirurgia.
Gli effetti positivi della simpatectomia sul rossore facciale fu notato già negli anni ’80 in soggetti che avevano subito tale intervento per altre motivazioni.
Il ricorso all’intervento chirurgico viene consigliato nelle forme classiche di eritema simpaticogeno che sono caratterizzate da un arrossamento improvviso della cute del viso associate ad altra sintomatologia relativa a un’iperattività del sistema nervoso simpatico come per esempio le palpitazioni.
Questa tecnica chirurgica è un intervento considerato sicuro le cui complicanze sono rare e, generalmente, di scarso peso. I risultati sono da considerarsi ottimi. L’85% dei casi viene trattato con successo; in molti dei pazienti restanti, anche se il disturbo non viene completamente rimosso, si riscontra un notevole miglioramento della sintomatologia. È consigliabile ricorrere a una tecnica chirurgica reversibile.

La terapia farmacologica è uno dei possibili approcci curativi per l’eritrofobia
Eritrofobia STOP: funziona?
In Rete circola un metodo (Eritrofobia STOP) che promette la soluzione del problema. Applicando il Ma se…, ma se funzionasse possibile che non sia diventato praticamente l’unica definitiva soluzione? L’autore parla di centinaia di casi risolti, ma la pagina Facebook ha solo qualche decina di mi piace. Il metodo (a pagamento) si basa su tecniche psicologiche che un qualunque buon professionista potrebbe insegnare. Non dubito che per l’inventore di Eritrofobia Stop il metodo abbia funzionato, ma probabilmente ha lavorato molto su sé stesso, con mesi di dura autoanalisi.
Infatti, il vero problema di chi soffre di eritrofobia è che pensa di poter risolvere il problema senza cambiare la sua personalità. Un video, molto onesto ed efficace, è questo:
Appare evidente dal trucco “banale” che l’autore propone che lui, in quel momento, ha cambiato la sua personalità, modificando il rapporto sia con sé stesso sia con gli altri. Di seguito, un’analisi che ho condotto tempo fa su un visitatore del sito.
Ho letto l’articolo “La vera forza di volontà” in cui lei sostiene che per essere felici è essenziale avere una forza di volontà anevrotica tale da permetterci di essere liberi di fare ciò che amiamo. Sono pienamente d’accordo su quanto lei afferma, ma in realtà non riesco a metterlo in pratica. Io soffro di eritrofobia: ho una paura matta di arrossire in pubblico!
In realtà il solo fatto che ci sia una possibilità su mille di arrossire mi terrorizza ed è la semplice paura di arrossire che già di per sé mi fa arrossire! È un circolo vizioso: nel mio caso arrossire significa comunicare agli altri (in maniera non verbale) “Mi arrendo! Getto via le mie armi, basta che non mi attacchiate!
Basta che non mi giudichiate se divento rosso!”. Così la semplice paura di arrossire mi fa diventare rosso! (Non mi riesco a spiegare meglio purtroppo, cerchi un po’ lei di interpretare: è davvero difficile da spiegare in quanto è totalmente illogico!). Come posso fare per vincerla? Basta creare le premesse per fare una figuraccia (che appunto consiste nell’arrossire pubblicamente)? In realtà ho provato a farlo, ma non è servito a nulla. È più forte di me: arrossire mi fa sentire una nullità! Tengo troppo alla mia immagine! Come se la mia immagine fosse essenziale! Ho capito col tempo che è soltanto deleteria in quanto mi ha rovinato la vita: non posso andare a parlare con una ragazza, non posso andare in pizzeria con gli amici perché ho paura di arrossire a tavola da un momento all’altro, non posso andare a comprarmi un vestito… e un milione di altre cose! Un vero e proprio inferno! Un “castigo di Dio”! Ma ora basta voglio smetterla di essere un cacasotto! Il problema è che appena provo a dialogare con qualcuno mi viene un blocco e non so più cosa dire! Cosa devo fare?
Quando si ha un problema occorre studiare sé stessi per capire qual è la causa scatenante. In realtà il tuo non è un problema di forza di volontà (probabilmente sei in grado di averla in tutta una serie di occasioni), quanto di autostima. Nel mio libro La felicità è possibile elenco una serie di “regole” per vivere bene. Spesso il soggetto ne segue il 90%, il 10% lo ritiene inutile e conclude: “praticamente sono le stesse cose che dico io e allora perché vivo male?”. Risposta: perché sono proprio le 10 regole che non segue che lo fanno vivere male. Anzi, a volte basta non seguirne UNA per rendere infelice la nostra vita. Leggendo la tua e-mail è chiaro che TU TEMI IL GIUDIZIO ALTRUI. Infatti, come soluzione pensi di “creare le premesse di una figuraccia”. Poi continui dicendo che TIENI TROPPO ALLA TUA IMMAGINE. In sostanza tu arrossisci e continuerai ad arrossire finché non ti stimerai abbastanza da fregartene di ciò che gli altri pensano di te. Esempio. Se ti piace una ragazza, basta dirglielo. Se inconsciamente il suo eventuale rifiuto lo paragoni a una condanna della tua persona, sicuramente arrossirai, ma se il suo rifiuto lo vedi come una cosa normale che può essere addirittura positiva (ti fa un favore perché ti fa capire che non siete fatti l’uno per l’altra) non avrai difficoltà a parlarle.
La tua immagine non la creano gli altri, non esistono figuracce, successi o insuccessi. Viviamo in un mondo dove i media ci fanno credere che una persona esiste solo se è famosa. Idiozie per ragazze che sognano di fare le veline. Tu esisti perché hai un valore dentro di te, nei tuoi sentimenti, nei tuoi pensieri e nelle tue azioni. Queste sono le cose che contano, non il giudizio altrui. Devi capire che la tua eritrofobia è la condanna per pensare che gli altri abbiano il diritto di giudicarti. Non ti conosco abbastanza per essere preciso, ma a sostegno della mia ipotesi ti dico che chi ha autostima di sé non ritiene l’eritrofobia o altre manifestazioni simili un problema. Si arrossisce? E che problema c’è? (questo è una delle cose che devi cambiare nella tua visione del mondo).
Tu ora sei convinto che questo sia un sintomo di debolezza, sia una figuraccia e questo vuol dire forse stimarsi? No, significa avere una concezione del mondo dove esistono le figuracce, il che è il segno più evidente di essere sempre sotto la spada di Damocle del giudizio altrui. Se vado a comprare un paio di scarpe e mentre tolgo le vecchie per provarle ho un calzino bucato, alcuni pensano che, di fronte al commesso, io stia facendo una figuraccia. A me invece non importa nulla perché avere le calze bucate non cambia la stima che ho di me (ho tratto questo esempio da un racconto di Virgilio Lilli in cui l’autore ospitato da una famiglia giapponese, togliendosi le scarpe per entrare in casa, si accorge di avere un calzino bucato. Il suo tentativo di nascondere la cosa lo rende oltremodo patetico, finché il saggio padre di famiglia gli dice apertamente che un calzino bucato nella loro concezione orientale della vita non conta nulla!).
Quindi tu “razionalmente” puoi pensare di stimarti, ma la tua autostima è fragile, sempre a rischio di figuracce, sempre dipendente da come ne esci dal confronto con gli altri. Il bello è che questo confronto non deve esistere né per te né per gli altri. In altre parole, finché ti preoccuperai dell’eritrofobia, arrossirai, finché pensi che esistano le figuracce i tuoi occhi vedranno sempre un mondo di esaminatori. Finché ti preoccuperai della tua immagine, di come appari invece di come sei, il tuo resterà un problema.
Rispondendo direttamente alla tua domanda:
Per riuscire a imporre al tuo inconscio di pensare “il mio valore non dipende dal giudizio altrui” devi capire che le figuracce non esistono. Sono come le streghe cattive, da adulti solo gli stupidi ci credono. Se parlo con te che tu arrossisca o no non m’importa granché, mi importa il colore del tuo cervello, non quello della tua pelle.
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