L’autostima è fondamentale per ottenere il meglio dalla vita. Poiché il proprio livello di autostima nasce da un confronto fra sé e il mondo circostante, se il confronto è errato, errate sono le conclusioni.
L’autostima è l’idea che ognuno ha di sé.
In termini molto pratici, è il voto che ci si dà. Poiché è un concetto soggettivo, dall’esterno noi possiamo percepire il giudizio che il singolo dà su se stesso e considerarlo errato.
Per esempio, un debole può avere una bassa autostima e ritenersi sempre mediocre anche quando non lo è. Viceversa un apparente può pensare che nulla gli è precluso perché in quel momento ha un notevole successo.
Quest’ultimo esempio ci fa capire come la nostra autovalutazione non sia un concetto statico, ma dinamico. Come una grande azienda che normalmente è abbastanza stabile, ma può avere alti e bassi, generati da eventi che accadono all’interno o all’esterno. Ovviamente sarebbe auspicabile che l’autostima rimanesse sempre ai massimi livelli.
Come si crea
L’autostima può venire dal dentro di sé o dal fuori di sé. Averla ottima e soprattutto stabile è una condizione necessaria per essere persone Top (quelle che il Neocisnimo definisce equilibrate) che possono aspirare alla saggezza.
L’autostima da successo
Oggi purtroppo si tende a farla provenire dal fuori di sé, attraverso la chimera del successo, visto sotto le sue innumerevoli forme: ricchezza, carriera, prestigio, vittoria ecc.
Si vale se si ottiene qualcosa nel campo in cui si opera o si vive. Niente di più assurdo perché in tal modo si demanda la propria felicità a un risultato, spesso nemmeno del tutto dipendente da noi (condizioni facilitanti, fortuna ecc.). Tale risultato è sovente talmente materiale da fare a pugni con un concetto così spirituale come la felicità. Quello che si ottiene è un surrogato di autostima. La persona non sviluppa una vera forza di volontà anevrotica, ma la sua forza è orientata solo al raggiungimento dell’obiettivo, è quindi nevrotica.
Esistono per esempio molte tecniche per accrescere l’autostima, addirittura molte scuole con corsi ed esami (per esempio la PNL). In genere tutte queste discipline tendono a utilizzare un accrescimento della propria autovalutazione per avere successo nella vita, svincolando ogni discorso etico e/o esistenziale dal miglioramento del soggetto. In realtà si tratta sempre di “convincere” il soggetto aumentandone la fiducia in sé stesso. Inizialmente può sentire di essere diventato un leone, ma, al primo insuccesso, torna una pecora.
L’autostima da successo è stata studiata da W. James secondo il quale il soggetto l’ha bassa se non riesce a raggiungere il livello del suo sé ideale. Secondo James la valutazione che il soggetto dà di sé stesso deriva dal rapporto tra successo e aspettative.
L’autostima da valori morali
Il lettore dovrebbe aver intuito che il giudizo che noi diamo di noi stessi deve provenire dal dentro di sé, per essere positivo e duraturo. Purtroppo il passo più semplice è quello di limitarsi a considerare i valori morali come sufficienti. Una persona onesta, buona, timorata di Dio ecc. può essere considerata oggettivamente una gran bella persona, ma spesso non possiede una buona autostima, anche se è immune dalle lusinghe del successo. Il motivo di ciò sta nel fatto che le sue qualità non sono esistenziali, sono piuttosto astratte e hanno punti di contatto discontinui con la realtà. In altri termini, l’essere onesti viene dimenticato o non viene impiegato per gran parte della propria giornata. A meno che il valore morale si trasformi in valore esistenziale (per esempio quando si associa a una professione amata e vissuta pienamente), non è in grado di costruire una buona autostima. È il caso di tutti coloro che fanno della spiritualità un perno della propria vita, ma sono poi incapaci di impiegarla per apprezzarsi.
C’è da dire che la crisi di valori che viene da più parti invocata (pensiamo ai richiami della Chiesa cattolica contro il materialismo dilagante) è spesso il risultato della traslazione da un’autostima basata su valori morali a quella basata sul successo.
Cosa aggiungere ai valori morali?
L’autostima da valori esistenziali
Oggi il Personalismo ha trovato un fattore comune fra tutte le persone che sono felici: la presenza di oggetti d’amore. Questi diventano i valori esistenziali su cui si deve basare l’autostima del soggetto. Non sul successo, non solo sui valori morali, ma anche sui valori esistenziali, cioè sugli oggetti d’amore. Solo con questa rivoluzione è possibile costruirsi una buona autostima. Tutto qui? Sì, ma va compreso fino in fondo. Infatti:
- moltissime persone hanno oggetti d’amore, ma finiscono per non usarli nella costruzione dell’autostima, continuando a ricercare il successo.
- Altri non comprendono come inserire nella loro vita fattori comunque da considerare, cioè il successo e i valori morali; non comprendono che il successo, se viene, meglio è, ma non deve essere alla base della nostra felicità, il risultato è ininfluente, se si ama ciò che si fa. I valori morali servono perché alla fine facilitano la vita e ci permettono di crearci un nostro mondo dell’amore non vuoto e ci consentono di essere in pace con gli altri.
Se la nostra autostima non si basa sul fatto che noi sappiamo amare, siamo spacciati. Un uomo vale se sa amare. Senza oggetti d’amore che occupano prioritariamente il nostro cuore, c’è il buio.
Concludendo:
l’autostima che proviene dal dentro di sé si basa sui valori morali (onestà, bontà ecc.) e su quelli esistenziali (oggetti d’amore, capacità di amare ecc.).

Avere una solida autostima vuol dire che, anche se si è giudicati dagli altri un pedone, si può essere Re se si hanno valori morali ed esistenziali di notevole spessore
Il risultato non conta?
Dopo aver letto i nostri suggerimenti, ci si potrebbe chiedere se essi non cozzino con l’evidenza della realtà dove le persone si danno obiettivi (per esempio i soldi, il successo, la carriera, la famiglia ecc.) e fanno di tutto per poterli realizzare. In realtà basare la nostra autostima su questi obiettivi è comunque sbagliato. L’errore consiste nel confondere l’autostima (il voto che ci si dà) con il voto che si dà alla nostra vita. Per vari motivi, la nostra vita può essere insoddisfacente, ma il voto che continuiamo a darci è ottimo perché abbiamo valori morali ed esistenziali, continuiamo a provarci, a buttare il cuore oltre il traguardo.
L’autostima non è che una componente della personalità della persona e influenza una parte dell’esistenza. Dire che l’autostima non deve basarsi sul risultato non vuol dire bocciare sempre e comunque il risultato che può essere comunque una condizione facilitante. Un esempio chiarirà il concetto. Due dipendenti sono in lizza per un’importante promozione. Alla fine, il posto viene dato a Caio e Tizio ha due modi di reagire:
- Se ha un’autostima da risultato, la sua autostima diminuirà, si sentirà frustrato fino a sentirsi un incapace o addirittura un fallito.
- Se non ha un’autostima da risultato, la sua autostima rimarrà immutata; certo, non sarà soddisfatto di come sono andate le cose, ma analizzerà la situazione e cercherà di fare esperienza di quanto accaduto, magari addirittura cambiando posto di lavoro se ritiene che il “capo” non sia in sintonia con lui.
Autostima e personalità
Il rapporto fra autostima e personalità critiche non è sempre chiaro perché l’autostima dipende dalla personalità in toto piuttosto che da una sua componente; è altresì vero che le singole personalità critiche possono influenzare l’autostima portandola in una certa direzione.
Svogliati – Se sono orientati al successo, cercano di utilizzare infinite scorciatoie per arrivare a quel successo la cui realizzazione attraverso strade normali sembra pesare come un macigno. Non sempre sono in grado di costruirsi un’autostima basata solo su valori morali e/o esistenziali perché richiederebbe troppe risorse.
Irrazionali – Sono a volte convinti che il successo sia facilmente raggiungibile con vie non convenzionali. Possono però avere oggetti d’amore e/o valori morali prioritari. In genere una cattiva autostima è collegata ad altre personalità critiche presenti nel soggetto.
Inibiti e Succubi– L’inibizione può portarli verso un’autostima da successo perché il successo mitiga l’inibizione (si pensi al classico ragazzo succube dei genitori che “deve” riuscire bene a scuola), mentre valori morali e/o esistenziali sono vissuti sempre in modo quasi patologico.
Mistici – Classica personalità in cui l’autostima non può fare a meno dei valori morali che spesso mettono in secondo piano quelli esistenziali.
Deboli – Personalità in prevalgono il successo, il giudizio e l’approvazione altrui. Possono possedere alti valori morali, ma restano soffocati dalla valutazione esterna, mentre gli oggetti d’amore sono anche vissuti intensamente, ma mai considerati con priorità massima, priorità che spetta a tutti coloro che giudicano il debole.
Fobici – In genere l’essere fobico di per sé non altera la costruzione dell’autostima che dipende da altre personalità.
Dissoluti – Possono avere un’autostima (di vario genere) anche forte se non avvertono il peso morale della loro dissolutezza.
Sopravviventi – Per definizione rinunciano al successo, hanno valori morali mediocri e in genere non hanno alti valori esistenziali. La loro autostima è come la loro vita, mediocre, al più sufficiente.
Insufficienti – Non brillano di luce propria e “copiano” la valutazione di chi li gestisce.
Indecisi – Successo e indecisione non vanno molto d’accordo per cui o soffrono molto l’incapacità di arrivare alla vetta o scelgono spontaneamente di basare la loro autostima su valori morali e/o esistenziali.
Statici – Per definizione hanno una buona autostima da successo.
Violenti – Il più delle volte la violenza si identifica con la ricerca “a tutti i costi” di un’autostima da successo.
Patosensibili – L’esasperata sensibilità al dolore non è direttamente correlata a una determinata forma di autostima. In genere questa deriva da altre personalità presenti nel soggetto. Solo nel patosensibile idealista la valutazione di sé si basa sul valore morale della sua “bontà”.
Romantici – In fondo l’idea romantica è l’antenata dell’autostima da successo perché se non si realizza l’idea, c’è romanticamente il fallimento, l’inutilità di vivere. Per un romantico, l’oggetto d’amore diventa più una dipendenza e come tale non viene mai messo alla base dell’autostima che dipende totalmente dalla sua conquista, più che dal suo vissuto.
Insofferenti – Poiché l’insofferente è schiavo dell’aspettativa, il successo diventa fondamentale. I valori morali e gli oggetti d’amore possono essere vissuti anche pienamente, ma non raggiungono mai la priorità del successo.
Semplicistici – In genere la costruzione dell’autostima non dipende strettamente dalle semplificazioni che il soggetto ha attuato.
Insoddisfatti – Per definizione la sua autostima è quella da successo.
Apparenti – La nascita della personalità (apparire anziché essere) è motivata proprio dall’importanza attribuita al successo.
Contemplativi – Tendono a privilegiare l’autostima da valori morali (la cultura, la civiltà ecc.), ma spesso non sono insensibili al fascino del successo.
Vecchi – Di per sé un’età psicologica avanzata non è correlabile a una determinata valutazione di séa.
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