L‘amaxofobia è la paura di guidare, il rifiuto, di origine spesso irrazionale, di condurre un determinato mezzo di trasporto. Il termine deriva dal greco antico hàmaxa, carro, e phobos, paura.
Il DSM-5 (American Psychiatric Association, 2014) considera la paura di guidare come una fobia specifica del sottotipo situazionale e la descrive come una risposta di forte timore e senso di incapacità che si sperimenta nel momento in cui si conduce un veicolo o anche al semplice pensiero di doverlo fare.
Può manifestarsi con riferimento a un luogo specifico (autostrada, galleria, ponte, montagna, città ecc.) oppure essere generalizzata. Non va confusa con il timore che possono inizialmente sperimentare i neopatentati o coloro che guidano molto saltuariamente.
Si tratta di un disagio storicamente abbastanza recente e sostanzialmente connesso con lo stile di vita degli ultimi decenni. La progressiva diffusione delle auto e il tipo di vita che si conduce, specialmente nei Paesi occidentali (ma non solo), fa sì che un numero sempre maggiore di persone conduca quotidianamente un veicolo.
Il continuo aumentare del traffico ha reso quest’attività sempre più impegnativa e fonte di stress, generando in alcuni soggetti ansia o anche una vera e propria fobia.
I dati mostrano che, a fronte di una popolazione mondiale del 2017 di circa 7,5 Mrd di persone, circolavano 1,2 Mrd di veicoli, il 16% del totale degli abitanti. Le proiezioni prevedono 2 Mrd di auto nel 2035 e addirittura di 5 Mrd nel 2050 con una popolazione prevista di 9,7 Mrd: il rapporto sarà del 51%!
Quindi in prospettiva questo disturbo, già oggi concretamente presente, avrà un “bacino di utenza” sempre maggiore.
Un altro dato interessante mostra che di amaxofobia soffrirebbero maggiormente le femmine rispetto ai maschi (su 100 persone amaxofobiche, 64 sono donne).
Tra le molte fobie esistenti, alcune, pur incidendo anche pesantemente sulla vita di chi ne soffre, raramente si presentano nel quotidiano (fobia dei ragni, dei topi, dell’altezza, di volare…) e possono magari essere più agevolmente gestite (anche se sarebbe opportuno affrontarle e liberarsene perché comunque limitano la vita), mentre per chi soffre di amaxofobia il confronto con il disturbo può essere quotidiano e peggiorare decisamente la qualità della vita.
Chi soffre di questo disturbo, inoltre, in molti casi sperimenta in contemporanea altre forme d’ansia (soprattutto agorafobia, claustrofobia, ansia anticipatoria, attacchi di panico) che interagiscono fra loro creando un vero e proprio cortocircuito emotivo dal quale non è semplice liberarsi.
In ogni caso, il soggetto amaxofobico si rende conto che la sua paura è irrazionale, tuttavia non riesce a farvi fronte e teme anche di poter provocare incidenti e danni a sé e agli altri; doversi allontanare dai luoghi in cui si sentono al sicuro per immergersi nel traffico, per queste persone significa spesso vivere un incubo, con rischi per la propria e l’altrui incolumità.
Molti, piuttosto che affrontare questa quotidiana sofferenza, rinunciano a un posto di lavoro o ad altre opportunità se lontane da casa.
Nella pratica psicoterapeutica si ritiene comunque che, come per molti altri disturbi, si possa parlare effettivamente di disturbo amaxofobico quando i relativi disagi/sintomi durano da almeno sei mesi.

Ogni 100 soggetti che soffrono di amaxofobia 64 sono di sesso femminile
Amaxofobia – Cause
Le cause possono essere molte e a volte si combinano tra loro, rendendo la fobia ancora più profonda, radicata e difficile da affrontare e risolvere. Le principali:
- Agorafobia, per via della paura di avere un attacco di panico quando ci si trova lontano da casa in mezzo al traffico.
- Claustrofobia, per il timore di restare imbottigliato nel traffico (galleria, ponte, ingorgo di traffico cittadino) senza avere la possibilità liberarsi velocemente dalla situazione e poter trovare subito un aiuto in caso di attacco di panico.
- Attacchi di panico (panico): possono essere la conseguenza dell’amaxofobia, ma ne possono anche costituire la causa proprio in quelle situazioni in cui il soggetto si vede “prigioniero” del traffico senza avere il controllo della situazione.
- Timore di non poter controllare i propri impulsi aggressivi.
- Depressione e invecchiamento: situazioni nelle quali possono insorgere deficit vari, insicurezze e dubbi sulle proprie capacità, non solo di guidare.
- Aver vissuto direttamente un’esperienze traumatica in un incidente stradale o anche avere assistito a un sinistro stradale cruento.
- Basso livello di autostima con conseguente scarsa fiducia nelle proprie capacità.
- Infine, prevalentemente per le donne, una maggior pressione sociale percepita (“donna al volante pericolo costante”) e anche pregiudizi culturali, soprattutto nei Paesi orientali.
Particolarmente per i soggetti più giovani, vi possono poi essere alcune cause psicologiche attraverso le quali il soggetto trasferisce in modo simbolico e inconscio su attività presenti (la guida di un veicolo, appunto) i timori sulla sua vita presente e futura: in sostanza, un conflitto tra la propria voglia di autonomia (tenere in mano il timone/volante della vita) e il concomitante timore di crescere, che comporta necessariamente l’essere in grado di affrontare la vita in autonomia.
Sintomi e segni
Nelle fasi iniziali o nei casi meno gravi, i sintomi e i segni possono essere lievi e variare da piccoli disagi fisici generali (nervosismo, sensazione di calore, lievi fastidi muscolari…), ma quando il disturbo è conclamato, la sintomatologia può diventare veramente molto importante e invalidante:
- ansia anticipatoria e pensieri negativi al solo immaginare di dover affrontare la situazione temuta (la paura della paura, tipica anche degli attacchi di panico);
- nel momento della crisi: sudorazione, tremori, senso di freddo, irrigidimenti muscolari, tachicardia, affanno, nausea, secchezza delle fauci, fastidio agli occhi…;
- sensazione di perdere il controllo della situazione e di sé stessi;
- paura di avere un infarto e/o di morire.
In quei momenti il soggetto cerca affannosamente una via d’uscita o l’aiuto di un medico.
Spesso, per cercare di evitare o alleggerire il confronto con il problema, le persone adottano dei comportamenti di evitamento, percorrendo preferibilmente strade che incrocino ospedali, pronto soccorso o luoghi che diano loro sicurezza.
Amaxofobia – Rimedi
L’approccio normalmente utilizzato è psicoterapeutico e varia a seconda della gravità e della sintomatologia.
L’obiettivo è inizialmente quello di individuare le cause che hanno scatenato la fobia e operare progressivamente sul superamento della necessità di controllo, sull’elaborazione del conflitto dipendenza/autonomia e sulla necessità di modificare l’immagine che il soggetto ha di sé potenziando (più spesso ricostruendo) la fiducia in sé e l’autostima.
I percorsi possono avvalersi:
- di specifiche tecniche di rilassamento per desensibilizzare il soggetto rispetto ai pensieri negativi ricorrenti;
- della terapia cognitivo-comportamentale (che generalmente non è di breve durata) allo scopo di esporre gradualmente la persona alle situazioni temute, sotto la guida del terapeuta;
- dell’ipnosi;
- in parecchi casi, soprattutto inizialmente, ai pazienti possono venire somministratati psicofarmaci allo scopo di ridurre il forte stato ansioso e l’eventuale stato depressivo.
Infatti, se il problema non è affrontato in tempi brevi e risolto, l’ulteriore rischio è che nel soggetto subentri una forma depressiva susseguente alla frustrazione di non riuscire a trovare una via d’uscita e a perdere ulteriore fiducia in sé stesso e nel futuro.
Come si vede, l’amaxofobia può essere un disturbo molto pesante e limitare notevolmente la libertà di vivere.
Quale che sia il percorso di guarigione scelto, è necessario intervenire precocemente.
Quando l’amaxofobia non è “patologica”?
Semplicemente quando il soggetto mette in atto tutta una serie di meccanismi che non penalizzano molto la sua vita. In particolare, questo comportamento “risolve” le ultime tre cause elencate precedentemente.
Pensiamo a chi non deve necessariamente guidare per lavoro, può scegliere una strategia di fuga e utilizzare sempre i mezzi, magari giustificandosi con un aiuto dato alla qualità della vita della sua città “Ah, se tutti facessero come me, si ridurrebbe l’inquinamento”!). Questa “soluzione” è tipica della causa numero 6.
Il secondo meccanismo è quello della personalità insufficiente: avere qualcuno che guida per noi. Questo spiega perché l’amaxofobia è più frequente nelle donne (purtroppo, ancora oggi maggiormente colpite dall’avere una personalità insufficiente, che tende cioè ad avere una vita risolta da altri). Va da sé che una donna decisamente emancipata il problema non si porrebbe. Questa “soluzione” è tipica della causa 8.
La causa 7 in genere non porta a una manifestazione conclamata di amaxofobia, ma piuttosto a una versione semi-patologica: il soggetto ha scarsa fiducia nelle proprie capacità e sceglie di impiegarle solo in determinate circostanze: niente viaggi lunghi, nessun viaggio sulla rete autostradale, nessuno spostamento notturno in auto, nessun viaggio con situazioni da bollino rosso ecc. Questa è una situazione che può essere un buon indicatore esistenziale per ragionare sulla personalità del soggetto e lavorarci sopra per renderlo veramente una persona equilibrata.
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Tino Gallinari
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