La magnetoterapia (nota anche come elettromagnetoterapia) è una disciplina che sta a metà fra il convenzionale e l’alternativo (è stata riconosciuta a livello nazionale come terapia omeopatica e naturopatica). Questa situazione già evidenzia come risulti complesso il parlarne con cognizione di causa, senza lasciarsi andare a facili ottimismi o ad affrettate stroncature. La magnetoterapia dovrebbe agire utilizzando campi magnetici di vario genere; facile a dirsi, ma non così banale a spiegarsi. La prima difficoltà sta nel capire “cosa” agisce. Provate a chiederlo a un terapeuta e lui, sicuro, risponderà: “Un campo magnetico”. Poi provate a chiedergli che cosa sia un campo magnetico e nel 90% dei casi (per non dire il 99%) la risposta sarà piuttosto evasiva e comunque concettualmente errata. Una definizione “accettabile” di campo magnetico è, probabilmente, un buon test per un laureando in fisica; infatti è possibile utilizzare diverse definizioni che, curiosamente, ripercorrono la storia della fisica degli ultimi 200 anni. In questa sede forniremo una sintesi divulgativa, comprensibile a tutti.
Innanzitutto iniziamo con il dire che la parola campo indica semplicemente una regione dello spazio (con certe proprietà).
Un campo magnetico è una regione dello spazio dove agiscono delle particolari forze; queste forze possono essere generate da un magnete, da una corrente elettrica o da un campo elettrico che varia nel tempo.
È per esempio nota a tutti la forza attrattiva di una calamita sulla limatura di ferro. Meno noto è il fatto che una tale forza magnetica possa essere generata anche da una corrente elettrica. Storicamente il fisico inglese Maxwell riunì elettricità e magnetismo in un’unica teoria (cardine della quale erano appunto le equazioni di Maxwell) che collegava i due campi, elettrico e magnetico (elettromagnetismo). Albert Einstein dimostrò poi che, in realtà, i campi elettrico e magnetico sono due aspetti dello stesso fenomeno.
Gli effetti biologici del campo magnetico
A livello terapeutico si usano ovviamente campi magnetici a bassa intensità.
Nota – L’unità di misura del campo magnetico nel sistema cgs (centimetro, grammo, secondo) è l’oersted, ma quasi tutti gli strumenti danno l’indicazione in gauss (G); il gauss è l’unità di misura della densità del flusso magnetico nel sistema cgs, mentre nel sistema mks (metro, kilogrammo, secondo) è il tesla: 1 T=10.000 G. La confusione “fisica” è poi aumentata dal fatto che i produttori chiamano “potenza” dello strumento la densità di flusso prodotta dal loro apparecchio.
Genericamente parlando, un campo magnetico può agire sulle cellule (in particolare quelle del sistema osseo), aiutando a ristabilire la normale funzione biologica, senza particolari effetti collaterali. Esistono terapie (vedasi per esempio la tecarterapia) che associano campi magnetici ad altri fattori terapeutici, mentre la magnetoterapia classica utilizza soltanto campi magnetici.

Persino l’NCCIH (National Centre for Complementary and Integrative Health, l’agenzia americana per le medicine alternative) ha dichiarato che “non è mai stata provata l’efficacia dei magneti in nessuna condizione di salute…l’evidenza scientifica non supporta l’uso dei magneti per il controllo del dolore”
Le tipologie
Se non vi siete persi nella spiegazione della locuzione “campo magnetico”, dovrebbe essere chiaro che possono esistere diverse forme di magnetoterapia, a seconda della sorgente del campo magnetico.
Ne possiamo definire tre:
- magnetoterapia statica
- magnetoterapia a bassa frequenza
- magnetoterapia a radiofrequenza (o ad alta frequenza).
La magnetoterapia statica utilizza magneti da applicare alla parte da trattare, è la forma di magnetoterapia più semplice.
La magnetoterapia a bassa frequenza utilizza campi variabili con frequenze da 10 a 200 Hz (cicli al secondo) e densità di flusso da 50 a 300 gauss.
La magnetoterapia ad alta frequenza utilizza frequenze radio (da 18 a 900 MHz), quindi notevolmente più alte rispetto a quelle della strumentazione a bassa frequenza (1 MHz significa un milione di Hz).
La magnetoterapia ha effetti benefici?
Chi attua la magnetoterapia, che non deve essere confusa con l’elettrostimolazione, afferma che il sottoporre determinate parti del corpo a campi magnetici avrebbe effetti benefici sulla salute; i campi e le modalità di applicazione sono, sempre secondo i sostenitori di questa pratica, vari e numerosi, ma fondamentalmente la magnetoterapia agirebbe nella regolarizzazione dell’equilibrio chimico delle cellule ripristinando la corretta permeabilità della membrana circolare; ciò ne farebbe, grazie a irradiazioni mirate, la terapia ideale per trattare tutte quelle patologie che interessano muscoli e articolazioni e alcuni tessuti quali, per esempio, artrosi, borsite, cervicalgia, epicondilite, flebite, fratture, lombalgia, mialgia, osteoporosi primaria e secondaria, periartrite, stiramenti muscolari, tendinite nonché ulcerazioni di vario tipo (piaghe da decubito, ustioni, ulcere da trauma ecc.).
Ovviamente per utilizzare al meglio la terapia è necessario generare il campo in modo opportuno, facendo in modo che la sua azione sia veramente riparatrice.
Questa attenzione è sicuramente usata nella strumentazione, ma è veramente ottimistico sperare che un magnete “statico” applicato alla parte malata possa interagire con essa nel miglior modo possibile. La magnetoterapia statica deve perciò ritenersi al di fuori di una visione scientifica dell’arte medica.
Negli altri due tipi di magnetoterapia esiste un problema di fondo: la durata del trattamento. Ricerche serie dimostrano che la magnetoterapia è in grado di dimezzare i tempi di guarigione di patologie a carico del sistema scheletrico con applicazioni di diverse ore al giorno per diverse settimane.
Appare pertanto privo di spessore scientifico il tentativo di guarire una patologia con un’applicazione di 10 minuti 3 volte alla settimana (si sfrutta l’effetto tempo). Non a caso, per avere qualche risultato pratico, è ormai possibile affittare la strumentazione ed eseguire il trattamento a casa propria.
Un trattamento serio di magnetoterapia deve quindi avere queste caratteristiche:
- seduta compresa fra 30 e 90 minuti;
- due sedute al giorno (con una pausa di almeno due ore fra una e l’altra);
se non si avvertono particolari fastidi, si può utilizzare il selettore di frequenze alla massima frequenza prevista.
In ogni caso, l’efficienza della terapia non va mai oltre il 50% (cioè al più dimezza i tempi di guarigione); pertanto è consigliabile utilizzarla solo per patologie di una certa gravità con prognosi piuttosto lunghe.
Magnetoterapia: controindicazioni
La magnetoterapia è una terapia controindicata ai portatori di pacemaker o di altre apparecchiature elettroniche in quanto i campi magnetici potrebbero alternarne il funzionamento.
La magnetoterapia viene anche decisamente sconsigliata a coloro che sono affetti da malattie tumorali e in coloro che soffrono di insufficienza coronarica, disturbi ematologici, problemi vascolari, alterazioni funzionali organiche, psicopatologie, epilessia, alcune malattie infettive, micosi, iperfunzione tiroidea, sindromi endocrine e tubercolosi.
Non devono altresì sottoporsi a magnetoterapia le donne in stato interessante e quelle che stanno allattando.
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