Tachicardia è un termine che indica genericamente una frequenza cardiaca che eccede il limite superiore di normalità per la popolazione di riferimento. A differenza della bradicardia, condizione che in molti casi è priva di significato patologico, la tachicardia è frequentemente un segno legato a una condizione patologica.
La tachicardia viene definita tradizionalmente come l’aumento della frequenza del ritmo cardiaco al di sopra del valore limite considerato normale per un cuore a riposo; detto limite varia a seconda dell’età del soggetto. In un soggetto adulto, per esempio, tale limite corrisponde a 100 battiti al minuto (bpm); diverso è il caso dei bambini per cui sono da considerarsi fisiologiche frequenze cardiache decisamente più elevate (nei bambini di poche settimane per esempio, la frequenza cardiaca arriva tranquillamente ai 180 battiti al minuto).
Nella tabella sottostante sono mostrati i limiti relativi ai vari periodi dell’esistenza.
Frequenze cardiache tachicardiche a seconda dell’età
Età | FC (bpm) |
1-2 giorni | >159 |
3-6 giorni | >166 |
1-3 settimane | >182 |
1-2 mesi | >179 |
3-5 mesi | >186 |
6-11 mesi | >169 |
1-2 anni | >151 |
3-4 anni | >137 |
5-7 anni | >133 |
8-11 anni | >130 |
12-15 anni | >119 |
oltre i 15 anni | >100 |
La definizione di tachicardia soprariportata non sembra, a nostro parere, rispondere a criteri di modernità; in effetti, una visione più pratica e coerente dovrebbe legare il valore al soggetto (molti individui sono ormai bradicardici per una frequente attività sportiva aerobica) e alle sue condizioni (per esempio quelle postprandiali). Pertanto, la definizione precedente dovrebbe essere modificata modernamente nel seguente modo: la tachicardia consiste in un netto aumento della frequenza del ritmo cardiaco del soggetto al di sopra del suo normale valore a riposo.
Tachicardia “fisiologica”
Come detto nella parte iniziale dell’articolo, la tachicardia è spesso spia di una condizione patologica (non necessariamente grave e non necessariamente legata a un problema cardiaco); in molti altri casi però, il problema si manifesta anche in un soggetto perfettamente sano; in questi casi la tachicardia compare generalmente sotto sforzo, quando il cuore viene stimolato a contrarsi più rapidamente per accrescere l’afflusso di sangue ai muscoli. Il tipico esempio è quello dello sportivo impegnato in una competizione o in un allenamento di una certa intensità, ma lo stesso vale per coloro che svolgono un lavoro che impegna molto l’apparato cardiovascolare; si pensi per esempio a un traslocatore o a un taglialegna.
Una condizione non patologica che induce generalmente tachicardia è, per esempio, la gravidanza. È considerato del tutto normale, infatti, specialmente nell’ultimo periodo dello stato interessante, che nella donna gravida si registri un aumento relativamente considerevole della frequenza cardiaca (anche 20-30 battiti al minuto in più rispetto al limite di riferimento).
La tachicardia può manifestarsi anche in soggetti sani sottoposti a emozioni particolarmente forti, positive o negative che siano (non a caso, popolarmente, quando si è trepidanti per qualcosa si parla di “batticuore” per indicare un’accelerazione del ritmo cardiaco fisicamente percepita).
La tachicardia a riposo compare invece per cause diverse (talvolta patologiche, altre volte funzionali) come la febbre, l’ipertiroidismo, un elevato consumo di caffeina, la somministrazione di farmaci anticolinergici e decongestionanti o qualsiasi altra condizione che provochi uno scompenso cardiaco (condizione nota anche come insufficienza cardiaca).
Un breve cenno va anche alla cosiddetta tachicardia post-prandiale (ovvero la tachicardia che il soggetto percepisce dopo aver consumato un pasto) è spesso legata a un problema digestivo; è, per esempio, un sintomo tipico di chi soffre di reflusso gastroesofageo; la tachicardia post-prandiale può anche essere dovuta alla cosiddetta sindrome di Roemheld, locuzione con la quale si fa riferimento a disturbi cardiaci funzionali scatenati da meteorismo nell’addome superiore con eventuale sopraelevazione del diaframma.
In questi casi è necessario adottare alcuni rimedi di tipo comportamentale: mangiare lentamente, masticare a fondo, evitare le bevande gassate e altri accorgimenti di tipo dietetico. A seconda dei casi il medico potrà prescrivere dei farmaci per favorire lo svuotamento dello stomaco.

Tachicardia è un termine che deriva dal greco tachys, veloce, rapido e -cardia, secondo elemento di nomi composti che denotano una condizione del cuore
Ciclo cardiaco e tachicardia
Si definisce ciclo cardiaco il susseguirsi di due fasi note come sistole e diastole; la prima è una fase di contrazione, mentre la seconda è una fase di rilassamento. Sostanzialmente il ciclo cardiaco è composto da sei momenti; inizialmente gli atrii si riempiono di sangue, l’atrio destro di sangue venoso, l’atrio sinistro di sangue arterioso (rilasciamento); a questo punto si ha un innalzamento della pressione sanguigna negli atrii, la valvola tricuspide e la valvola mitrale si aprono e il sangue fluisce nei ventricoli che iniziano a riempirsi (riempimento); man mano che gli atrii e i ventricoli si riempiono, il flusso sanguigno diminuisce finendo per interrompersi (diastasi); gli atrii si contraggono, mentre i ventricoli pieni sono distesi (sistole atriale); i ventricoli si contraggono e si ha un aumento della pressione al loro interno che causa la chiusura delle valvole tricuspide e mitrale (sistole ventricolare); a questo punto il protrarsi della contrazione ventricolare provoca un ulteriore incremento della pressione interna che fa aprire le valvole aortica e polmonare favorendo l’accesso del sangue venoso all’arteria polmonare e l’accesso del sangue arterioso all’aorta; infine, il sangue così spinto lascia il cuore per circolare, attraverso il circuito dei vasi sanguigni, nei vari tessuti (efflusso).
La velocità con la quale si compie il ciclo cardiaco è regolata da impulsi elettrici che provengono dal sistema elettrico del muscolo cardiaco; gli impulsi elettrici si propagano in modo ordinato e successivo a tutte le fibre muscolari di atrii e ventricoli seguendo percorsi ben determinati formati da cellule capaci di trasportare detti impulsi; di fatto potremmo paragonare il tutto a un impianto elettrico particolarmente sofisticato; se si verificano problemi a questo impianto si possono avere problemi fra i quali la tachicardia a riposo; quest’ultima è una condizione che può disturbare seriamente le normali funzioni del muscolo cardiaco aumentando il rischio di subire un infarto cerebrale o un arresto cardiaco.
In caso di tachicardia, il normale apporto sanguigno ai vari distretti dell’organismo può risultare compromesso con conseguente sofferenza tissutale; tale sofferenza è alla base dei vari sintomi tipici della tachicardia come, per esempio, palpitazioni, sensazione di svenimento, dispnea, dolore toracico e vertigini. È comunque corretto precisare che alcuni soggetti affetti da tachicardia sono asintomatici (ovvero non avvertono alcun sintomo) e vengono a conoscenza di tale problema in modo causale durante i normali controlli di routine.
Un cuore tachicardico è, di fatto, un muscolo sotto sforzo e, conseguentemente, necessità di maggiore apporto di sangue, ossigeno e nutrienti rispetto a un cuore sottoposto a uno sforzo di minore intensità; è quindi possibile che le cellule cardiache soffrano per l’eccessivo carico di lavoro e l’insufficiente apporto di ossigeno, in particolar modo se l’apporto di sangue è ridotto dalla presenza di condizioni di tipo patologico quali l’ateromasia coronarica (restringimento delle arterie coronarie provocato dalla deposizione di grassi).
Le varie forme
Esistono molte forme di tachicardia, queste vengono distinte in base alla causa scatenante e alle condizioni con cui la condizione si manifesta, ma si possono sommariamente distinguere alcune importanti tipologie: tachicardia sinusale, tachicardia eterotopa (sopraventricolare e ventricolare) e tachicardia atriale. I sintomi della tachicardia variano in rapporto alla rapidità del battito cardiaco e all’efficacia dell’azione di pompa del cuore e possono consistere in palpitazioni, affanno e altre manifestazioni di varia gravità. Nei successivi paragrafi l’analisi di alcune delle più importanti forme di tachicardia.
Tachicardia sinusale e cardiopalmo
L’aumento dell’attività del nodo senoatriale (anche nodo seno-atriale o nodo di Keith-Flack) può portare a un’eccessiva stimolazione della contrazione cardiaca (in questo caso si parla di tachicardia sinusale o tachicardia normotopa), che può però derivare anche dall’attività elettrica di cellule presenti al di fuori del normale marcatempo fisiologico.
Le cause principali che portano alla tachicardia sinusale possono essere identificate in eccessivi sforzi, emozioni intense, digestione difficile, rapido passaggio dallo stato supino a quello eretto, stati febbrili, gravidanza, anemie, intossicazioni, stato di shock o cardiopatie.
La tachicardia sinusale si presenta solitamente con frequenza cardiaca rapida (al massimo 170 bpm), ma regolare, non comportando nessun disturbo particolare.
Una forma particolare di tachicardia sinusale è il cardiopalmo, la spiacevole sensazione definita comunemente come “cuore in gola”, ossia la percezione chiara e intensa del proprio battito cardiaco. In questi casi si ha la sensazione di un eccessivo rallentamento o, al contrario, di una forte accelerazione o irregolarità del battito cardiaco, ma nella maggior parte dei casi il problema è associato a semplici disturbi come le extrasistole o all’uso di tabacco, alcol o caffè. Inoltre è presente prevalentemente in persone con forti problemi psichici e squilibri del sistema nervoso con effetti di notevole disturbo nonostante in certi stati il battito sia assolutamente normale.
Tachicardia sopraventricolare e ventricolare
Si parla di tachicardia eterotopa quando una zona del cuore induce improvvisamente stimoli elettrici di frequenza elevata e superiore a quella del nodo senoatriale, sostituendosi a esso nel controllo del battito, con il conseguente aumento della contrazione cardiaca. A seconda della sede in cui ciò avviene si possono distinguere due forme di tachicardia: tachicardia sopraventricolare (forma diffusa soprattutto tra i soggetti più giovani) e tachicardia ventricolare (più frequente negli anziani). La tachicardia sopraventricolare si manifesta con una frequenza cardiaca rapida, ma regolare, compresa tra 140 e 180 bpm (in rari casi di aritmia si arriva però anche ai 300 bpm), che assume la forma di episodi intermittenti della durata di varie ore o giorni.
I sintomi della tachicardia eterotopa consistono in palpitazioni, affanno, dolore toracico e svenimento, mentre la diagnosi viene effettuata tramite l’ECG. Talvolta, un attacco di questo tipo di tachicardia può essere bloccato con una particolare tecnica (la manovra di Valsalva) oppure bevendo acqua fredda, ma se gli attacchi sono ricorrenti si deve ricorrere alla somministrazione di farmaci antiaritmici. Le forme più note di tachicardia sopraventricolare sono le cosiddette tachicardie parossistiche che verranno trattate più avanti.
La tachicardia ventricolare è invece una grave forma di aritmia cardiaca in cui ogni battito cardiaco viene avviato da un’attività elettrica presente nei ventricoli, determinando così una frequenza cardiaca abnormemente rapida, compresa tra 140 e 220 bpm.
La tachicardia ventricolare è causata da una grave cardiopatia come un infarto miocardico o una cardiomiopatia e può avere una durata variabile da alcuni secondi a vari giorni. Anche questa forma di tachicardia è riscontrabile tramite un ECG che presenta ampie onde anomale regolari. La terapia di urgenza consiste nella cardioversione o nell’iniezione di un antiaritmico come la lidocaina. Una tachicardia ventricolare non trattata può indurre scompenso cardiaco e può portare addirittura alla morte.
Tachicardia parossistica
La tachicardia parossistica si manifesta con crisi improvvise che possono durare da pochi minuti ad alcuni giorni fino ad arrestarsi di colpo senza un’apparente motivazione. Colpisce soprattutto, ma non esclusivamente, soggetti giovani, e può dare origine a frequenze elevate dei battiti (anche 250 bpm nei casi peggiori), ma i sintomi non sono sempre gli stessi. Generalmente il primo sintomo della tachicardia parossistica consiste in una sensazione di “tuffo al cuore”, poi, a seconda delle condizioni del cuore e della sua capacità di regolare la spinta di sangue ossigenato, può portare a un intenso dolore o a un senso di costrizione toracica che si riflette sull’organismo con sensazioni di stordimento, vertigini, sudori freddi, nausea e difficoltà a respirare.
In certi casi è possibile ricorrere ad alcune tecniche per bloccare queste crisi: una delle più note consiste nello schiacciamento dei bulbi oculari, rimanendo in posizione coricata; utile in alcuni soggetti anche la stimolazione del riflesso del vomito o la contrazione dei muscoli addominali atti alla spinta intestinale oppure la deglutizione di piccoli sorsi d’acqua senza respirare. Infine si può ricorrere a una manovra molto particolare, ossia la compressione del seno carotideo, lungo il collo, all’altezza della cartilagine tiroidea, smettendo una volta raggiunto uno stato di normalità, altrimenti si corre il rischio di rallentare eccessivamente il battito cardiaco.
Tachicardia atriale
La tachicardia atriale, nota anche come fibrillazione atriale, consiste in un’irregolarità del battito cardiaco in cui gli atrii (le cavità superiori del cuore) pulsano in modo molto rapido (300-600 bpm) e anomalo. Poiché non tutti i battiti passano attraverso il nodo atrioventricolare (ossia il regolatore degli impulsi tra atrii e ventricoli), i ventricoli finiscono per pulsare in modo irregolare a una velocità di 80-160 bpm.
La fibrillazione atriale si può manifestare in quasi tutte le forme di malattia cardiaca di vecchia data in cui esista un ingrossamento degli atrii, come per esempio nella cardiopatia reumatica e aterosclerotica e nella tireotossicosi (condizione tossica conseguente a ipertiroidismo).
I sintomi tipici di questa forma di tachicardia consistono in palpitazioni, dolori toracici provocati dal ridotto afflusso di sangue e scompenso cardiaco dovuto all’inefficiente azione di spinta del cuore che può ridurre del 30% la spinta di sangue nella circolazione. Per la diagnosi viene considerata la notevole irregolarità della velocità e della forza delle pulsazioni, confermata comunque da un elettrocardiogramma (ECG), che rivela e registra l’attività elettrica del cuore.
Per approfondimenti su questa forma si faccia riferimento al nostro articolo Fibrillazione atriale che la tratta molto dettagliatamente.
Indice materie – Medicina – Sintomi – Tachicardia