Sintomi e segni sono due termini che sono utilizzati comunemente in ambito medico; molto spesso vengono usati indistintamente e molte volte vengono considerati addirittura come sinonimi; in realtà non sono la stessa cosa, anche se, in determinate circostanze, un sintomo può essere o “diventare” anche un segno. Cerchiamo quindi di chiarirne le differenze.
Sintomo – In medicina, con il termine sintomo si fa riferimento a un fenomeno grazie al quale si può sospettare l’eventuale presenza di uno stato morboso e che è legato a una o più alterazioni funzionali oppure a una lesione che lo determina.
La conoscenza dei sintomi può permettere al medico la formulazione di una diagnosi. Il sintomo, ed è qui che sta la principale differenza con il segno, è una manifestazione soggettiva; questa manifestazione è avvertita solo dal malato e viene riferita al medico; sta a quest’ultimo interpretare i vari sintomi e cercare di individuare il problema loro sottostante. Il sintomo, per sua natura, è un evento che non è misurabile.
Segno – A differenza del sintomo, il segno è una manifestazione oggettiva, visibile o comunque oggettivamente misurabile; il segno può essere rilevato sia dal medico che dal malato.
Segni e sintomi: come distinguerli
Alcuni esempi ci aiuteranno a distinguere meglio la differenza che c’è fra sintomi e segni.
Un sintomo comune a molte malattie è per esempio il dolore; altri esempi di sintomo, sono l’astenia o i disturbi della sensibilità (per esempio iperestesia, ipoestesia, parestesia, sensazione di intorpidimento, prurito, bruciore ecc.); queste manifestazioni sono riferite dal soggetto, ma il medico non ha la possibilità di verificarne la presenza o quantificarne l’intensità, può solo fare affidamento su ciò gli viene riferito dal paziente. Nella gran parte dei casi si ha a che fare con sintomi funzionali, ovvero con sintomi legati al disturbo funzionale dell’organo interessato dalla patologia.
Gran parte dei sintomi, non potendo essere riscontrati oggettivamente, potrebbero anche essere oggetto di simulazione (posso, per esempio, fingere di avvertire dolore o di essere astenico).
Diverso è invece il caso della febbre; la febbre “avvertita” (è quindi un sintomo) dal soggetto, ma può essere anche misurata dal soggetto stesso, o rilevata dal medico, tramite un termometro (in alcuni casi è addirittura possibile la rilevazione dell’aumento della temperatura tramite il tatto); in questo caso il sintomo febbre può essere definito anche segno. Lo stesso vale per altre manifestazioni quali, per esempio, la dispnea (ovvero la difficoltà a respirare, che teoricamente è un sintomo che può essere simulato, ma può essere “obiettivata” tramite un test di funzionalità respiratoria e diventa quindi un segno).
Sintomi: le varie tipologie
Il termine sintomi fa spesso parte di locuzioni che non sempre risultano di immediata comprensione; vediamo di chiarirle.
Una locuzione ricorrente è sintomi generali; con questa espressione si fa riferimento a sintomi che non sono legati a patologie specifiche, ma che dipendono la perdita del benessere proprio del soggetto in salute (tipici esempi sono l’astenia, la febbre e la perdita dell’appetito).
Un’altra tipica locuzione è sintomi patognomonici (anche sintomi guida); si tratta di sintomi la cui presenza indica con certezza la patologia; i sintomi patognomonici sono distinti in perfetti e imperfetti (sintomo patognomonico perfetto: la sua presenza indica la certezza della malattia e la sua assenza indica con certezza l’assenza della malattia; sintomo patognomonico imperfetto: la sua presenza indica la certezza della malattia, ma la sua assenza non indica con certezza l’assenza della malattia).
Si hanno poi i sintomi di accompagnamento; con questa espressione si fa riferimento a sintomi che non sono caratteristici del processo patologico in corso (vengono anche detti sintomi marginali o sintomi concomitanti).
I sintomi sono focali quando, da soli, consentono la localizzazione del punto interessato alla condizione morbosa in atto.
Si distinguono anche sintomi diretti e sintomi indiretti; i primi sono quelli causati direttamente dalla lesione o dalla disfunzione in essere, mentre i secondi derivano soltanto in modo secondario dalla lesione o dal disturbo funzionale (il tipico caso è quello delle affezioni cutanee legate alla patologie che interessano l’organo epatico).
Si hanno infine sintomi iniziali e sintomi finali; i primi sono quelli che fanno la loro comparsa all’insorgere del processo patologico; i secondi quando la patologia è prossima alla sua conclusione.
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