Con il termine prurito si fa riferimento a una particolare e fastidiosa sensazione che induce il soggetto a grattarsi la cute. Si tratta di uno dei disturbi cutanei più fastidiosi; a chi lo prova viene spontaneo grattarsi la pelle, in certi casi eccessivamente, arrivando addirittura a creare delle vere e proprie ferite, possibili cause di infezioni. Insieme al dolore, viene considerato uno stimolo nocicettivo. Sono soprattutto le malattie della pelle a essere associate a tale sgradevole sensazione, siano esse dovute a eczemi, scottature o punture di insetti.
In rari casi il prurito può non essere localizzato, ma generalizzato in tutto il corpo, come avviene durante gli stati di gravidanza o per particolari malattie, prevalentemente infantili, come la varicella o il morbillo.
Si parla di prurito acuto nel caso in cui la sua durata sia inferiore a sei settimane, mentre si definisce come cronico il prurito che persiste per più di tale periodo.
Molti autori ritengono che si tratti di una sensazione trasmessa dalle fibre amieliniche del gruppo C (il riferimento è alla classificazione di Erlanger e Gasser secondo la quale le fibre nervose vengono suddivise in tre grandi gruppi: A, B, C). Attraverso meccanismi di tipo fisico-chimico, tuttora non completamente noti, una stimolazione minima di queste fibre sarebbe alla base del prurito, mentre una stimolazione più intensa sarebbe alla base del dolore.
Va precisato che questa interpretazione non è condivisa da tutti in quanto le stimolazioni elettriche sperimentali sulla cute che sono sufficienti a indurre dolore non provocano prurito quando le stesse stimolazioni vengono gradualmente ridotte; si suppone quindi che, a livello cutaneo, possano essere presenti sottogruppi distinti di recettori e mediatori delle sensazioni di prurito e di dolore.
Di per sé, il prurito può non costituire un problema serio (e generalmente è così); in caso di una sua persistenza, però, sarebbe meglio sottoporsi a un esame medico per evidenziare o escludere la presenza di malattie. Per questo il prurito, considerato solitamente in modo negativo, può tuttavia essere apprezzato come campanello d’allarme per eventuali patologie.
Classificazioni del prurito
Una prima grande distinzione che possiamo fare è quella fra prurito fisiologico e patologico; nel primo caso si ha a che fare con una sensazione di lieve entità provocata da stimoli banali, mentre nel secondo caso si tratta di una sensazione di entità decisamente più intensa e in grado di alterare in modo significativo lo stato di benessere del soggetto.
Una delle classificazioni che vengono maggiormente utilizzate per suddividere il prurito è quella basata sui meccanismi che possono originarlo. In base a questo criterio si distinguono le seguenti forme:
- pruricettivo
- neuropatico
- neurogeno
- psicogeno.
Quello pruricettivo è un prurito che origina direttamente a livello cutaneo ed è conseguente a processi patologici quali, per esempio, gli eczemi, le dermatosi e la psoriasi.
Il prurito neuropatico è provocato da un danneggiamento delle afferenze nervose dei nervi periferici; tipico caso di prurito neuropatico è quello post-erpetico che si manifesta nella medesima zona in cui ha avuto origine il processo infettivo.
Quello neurogeno è un prurito la cui causa va ricercata nei mediatori che vengono liberati conseguentemente alla presenza di patologie del sistema nervoso centrale quali, per esempio, i tumori al cervello o gli accessi encefalici.
La quarta forma, quella psicogena, è probabilmente la più complessa e difficile da spiegare; può essere localizzato o generalizzato e fa la sua comparsa senza che siano presenti sintomi di patologia dermatologica o sistemica; spesso sono presenti ansia e/o labilità emotiva.
La classificazione sopra riportata presenta comunque dei limiti in quanto, a seconda dei casi, possono verificarsi sovrapposizioni; è per esempio il caso del prurito che si avverte in caso di dermatite atopica che è un prurito che presenta contemporaneamente più componenti; quello da dermatite atopica, infatti, è sia un prurito di tipo pruricettivo che neuropatico e può anche avere una componente psicogena.
Un’altra importante modalità di classificazione prende in esame i fattori eziologici; basandosi su tale criterio si distinguono tre forme:
- prurito associato a disturbi cutanei
- prurito dovuto a malattie internistiche
- prurito associato a condizioni di tipo fisiologico (gravidanza, menopausa e senescenza).
Di norma, il prurito legato a patologie internistiche non è associato a manifestazioni di tipo cutaneo.
Il prurito da senescenza si manifesta soprattutto nei soggetti di età superiore ai 70 anni e può essere idiopatico o secondario a terapie cui tali soggetti sono spesso sottoposti a motivo di patologie legate alletà.
Il prurito come sintomo patologico
Ogni zona del corpo può essere soggetta a prurito e per la maggior parte dei casi, come già accennato, si tratta di situazioni temporanee dovute a cause lievi, destinate comunque a scomparire in breve tempo. Tuttavia può capitare che il fastidio perduri nel tempo, senza che si giunga a una sua naturale riduzione, ma anzi a un suo peggioramento graduale. In questi casi è senz’altro opportuno rivolgersi a un medico per indagare sulle sue possibili cause.
Molto spesso gli esami evidenziano la presenza di particolari malattie della pelle (dermatiti) dovute per esempio a funghi, insetti o, nei casi più gravi, a psoriasi.
In certi casi può avere un ruolo determinante l’alimentazione per l’assunzione di cibi particolari (pesce, fragole o alimenti con sostanze artificiali come i coloranti), ma il prurito può essere associato anche all’assunzione di alcuni farmaci o a disturbi psichici complessi (ansia, stress o stati di tensione).
Tra le possibili patologie segnalate dal prurito vanno annoverate anche alcune forme di allergie, di cui l’orticaria è la più nota. Essa consiste in una lesione cutanea dovuta a trauma da sostanza tossica o a reazione di rigetto dell’organismo verso certe sostanze (come quelle iniettate da certi insetti).
In questi casi il disturbo in questione funge da segnale primario della sua insorgenza. Esistono infine alcune malattie del fegato come la cirrosi o l’epatite in grado di provocare sensazioni pruriginose a causa dell’eccessiva concentrazione dei sali biliari nel sangue.

Esistono diverse forme di prurito, legate a patologie o a stati del soggetto.
Trattamento
Per eliminare, o quantomeno ridurre, la spiacevole sensazione pruriginosa, si deve ovviamente individuare con precisione la sua causa e solo successivamente intervenire nel modo più appropriato. Se la sua origine è dovuta a cause di tipo alimentare o farmacologico è necessario astenersi dai cibi o dalle sostanze in grado di scatenarne gli effetti.
Quando si è invece in presenza di un eczema si deve ricorrere all’uso di una crema idratante, associata a risciacqui con acqua tiepida oppure a soluzioni emollienti a base di mentolo. In molti altri casi si può ricorrere all’uso di farmaci di varia natura come gli antistaminici (da prendere per via orale) o altri ancora.
Quando la zona colpita è particolarmente circoscritta (punture d’insetto o scottatura solare), si possono applicare alcuni anestetici locali in spray preparati con lidocaina e benzocaina. Tuttavia, nei casi più fastidiosi, è possibile utilizzare sostanze a base di corticosteroidi o cortisone.
Generalmente le cure farmaceutiche contro il prurito non hanno particolari effetti collaterali, se non qualche rara forma di irritazione cutanea, per la quale si dovrebbe sospendere il trattamento.
Prurito anale
Una delle forme più fastidiose è quella che colpisce la zona dell’ano. È infatti piuttosto comune che si verifichino episodi nei quali il prurito in quest’area sia così intenso da non poter fare a meno di grattarsi. Molte possono esserne le cause, ma quasi mai la colpa è da attribuire alla mancanza di igiene; in alcuni casi, peraltro, è proprio un’igiene eccessiva che può costituire un problema una volta insorto il problema.
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Prurito vulvare
Riguarda la zona genitale femminile. La causa più frequente è una vulvovaginite, di origine prevalentemente micotica, cioè causata da un fungo. In genere sono presenti anche altri sintomi come bruciore, calore, fastidio, senso di secchezza e dolore durante i rapporti sessuali (dispareunia).
In circa la metà dei casi è presente un’infezione, mentre nell’altra metà la causa è allergica, traumatica, da agenti irritanti (farmaci come antibiotici, cortisonici ecc.) oppure secondaria ad altre malattie (AIDS, lupus eritematoso sistemico, diabete, malattie ematologiche, disordini epatici, dermatosi sistemiche, disordini renali ecc.).
La vulvovaginite da Candida è una delle infezioni genitali più frequenti e va sempre tenuta in considerazione in caso di prurito vulvare (circa il 75% delle donne ha avuto almeno un episodio di candidiasi vulvovaginale nella sua vita e il 50% una recidiva).
Ovviamente il trattamento dipende dalla causa accertata, ma è possibile dare consigli generali:
- l’abolizione di indumenti sintetici (che riducono la traspirazione) e colorati;
- l’uso di deodoranti, creme o saponi che possono causare allergie.
Interessante anche l’aspetto psicologico del problema. In una percentuale non minima, il prurito è il sintomo di una forma psicogena, soprattutto se è presente un alto grado di stress o se la donna vive conflitti sessuali (frustrazioni, sensi di colpa ecc.); in quest’ultimo caso il fastidioso sintomo è associato spesso a frigidità.
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