Si definisce febbre l’aumento, al di sopra dei valori considerati normali, della temperatura corporea. Sul range di normalità vi sono lievi discrepanze fra le varie fonti; a livello accademico (si veda anche quanto riportato nel sito della Harvard Medical School) il range di normalità nell’adulto è considerato 36.8° ± 0.4°C (temperatura orale); ma lo si deve considerare come un importante valore di riferimento e non come un valore corretto in assoluto per ogni persona.
Nell’uomo viene considerata come normale una temperatura corporea di 37 °C, secondo molti studi possono però definirsi come normali anche valori leggermente discostanti da tale dato (circa ±0.4 °C); questi minimi scostamenti fanno parte delle piuttosto comuni variabilità che esistono fra un individuo e un altro. Si deve inoltre ricordare che durante la giornata la temperatura del corpo ha delle fluttuazioni che toccano il punto più basso verso le 4 del mattino e quello più alto verso le ore 18.
Le variazioni fisiologiche di temperatura che si verificano nell’arco della giornata sono dovute ad alcune sostanze (per esempio il cortisolo) che il nostro organismo secerne con ritmo circadiano. La temperatura inoltre può fisiologicamente elevarsi a causa di condizioni quali la digestione, il flusso mestruale e l’attività fisica (si legga per approfondimenti il nostro articolo La febbre del dopo corsa).
Un altro dei fattori da tenere in considerazione quando si parla di range di normalità è l’età; i valori fisiologici della temperatura corporea, infatti, sono più elevati nell’infanzia (+0,5 °C) mentre sono minori nelle persone anziane.
Non è quindi sempre semplice parlare di febbre; per esempio, una temperatura corporea di 37,5° C registrata nel pomeriggio subito dopo un’intensa attività fisica può essere del tutto normale (e lo stesso discorso si può fare di una donna in fase ovulatoria), mentre potrebbe essere indicativa di un processo patologico in corso se registrata al risveglio in una persona adulta o anziana e sarebbe quindi giustificabile, in questo caso, parlare di vera e propria febbre. Insomma, il confine fra fisiologia e patologia non è sempre nettissimo.
Una precisazione importante: la febbre non è una patologia, bensì un sintomo, più precisamente un segno clinico, che rappresenta una risposta dell’organismo a un fenomeno patologico a carico dell’organismo stesso.
Febbre: quando è alta?
La febbre può essere distinta riferendosi alla temperatura corporea; si parla di febbricola (la temperatura corporea non oltrepassa i 38 °C), di febbre lieve (dai 38,1 ai 38,5 °C), di febbre moderata (da 38,6 a 39 °C), di febbre alta (da 39,1 a 39,5 °C), di iperpiressia (da 39,6 a 41 °C) e di iperpiressia estrema (temperatura corporea superiore ai 41 °C); la febbre raramente supera i 42 °C (la massima temperatura considerata compatibile con la vita, anche se, per periodi di tempo molto limitati, è possibile sopravvivere con una temperatura corporea di 43 °C). Sempre relativamente alla temperatura corporea: un’altra differenziazione fra ipertermia e febbre è che nella prima non esiste un limite superiore.
Febbre e ipertermia
Contrariamente a quanto da molti affermato, febbre non è sinonimo di ipertermia (più corretto è definire la febbre come ipertermia febbrile, distinguendola quindi da altre forme di ipertermia) e la distinzione di queste due condizioni non deve essere considerata puramente accademica dal momento che essa riveste invece una notevole importanza a livello clinico.
Febbre e ipertermia sono due forme diverse di piressia.
Si ha ipertermia nel momento in cui vi è una persistente condizione di squilibrio tra ingresso e uscita di calore che è causa di un progressivo innalzamento della temperatura corporea che raggiunge livelli patologici.
La febbre è invece provocata da un danno al centro di regolazione della temperatura, centro situato nell’ipotalamo (l’ipotalamo è una struttura del sistema nervoso centrale che esplica funzioni di controllo sul sistema nervoso autonomo e sul sistema endocrino).
Per comprendere meglio la differenza fra le due condizioni possiamo un po’ grossolanamente semplificare affermando che quando si è in una condizione di ipertermia il corpo “combatte contro il caldo cercando di raffreddarsi”, mentre quando si è in una condizione febbrile, il corpo “combatte contro il freddo provando a riscaldarsi”.
Come accennato in precedenza, la distinzione è particolarmente importante dal punto di vista clinico in quanto deve essere diverso l’approccio terapeutico; nel caso di ipertermia è necessario intervenire con terapie di tipo fisico cercando di raffreddare il corpo (è perfettamente inutile, per esempio, somministrare antipiretici a un soggetto che ha avuto un colpo di calore), mentre in caso di febbre si dovrà eventualmente intervenire farmacologicamente, cioè attraverso la somministrazione di medicinali ad azione antipiretica (un noto principio attivo antipiretico è il paracetamolo).
Il meccanismo della febbre
Quello della febbre è un meccanismo piuttosto complesso che merita un certo approfondimento.
L’organismo umano, come già riportato nel paragrafo precedente, è dotato di un sofisticato centro di termoregolazione che si trova nell’ipotalamo (si parla infatti di termostato ipotalamico); tale centro ha come scopo quello di far sì che la temperatura corporea rimanga stabilmente attorno ai 37 °C (le reazioni chimiche che avvengono all’interno dell’organismo umano possono svolgersi soltanto entro un certo intervallo di temperatura); il corpo umano è dotato di recettori termici sia centrali che periferici (tali recettori sono infatti situati sulla cute, nel midollo spinale e nell’ipotalamo) che segnalano le eventuali modificazioni della temperatura e fanno sì che vengano attivati meccanismi di contrasto alle variazioni di temperatura; tali variazioni vengono contrastate sia attraverso la termodispersione (si abbassa la temperatura) sia attraverso la termogenesi (si innalza la temperatura); in altri termini:
si ha febbre quando si innescano processi in grado di mandare in “tilt” il sofisticato sistema di termoregolazione del corpo umano;
in parole povere è come se il termostato ipotalamico venisse “regolato” su un punto più alto di quello considerato come normale.
I fattori che sono alla base dell’innalzamento della temperatura corporea vengono definiti fattori pirogeni; si distinguono fattori pirogeni esogeni (per esempio batteri, virus, endotossine ecc.) e fattori pirogeni endogeni (le cellule del sistema immunitario deputate a combattere i pirogeni esogeni).
La febbre è un sintomo?
Da un punto strettamente medico, la febbre è un segno (cioè un parametro oggettivo misurabile dal medico, non un riferimento soggettivo del paziente) che può essere associato ad altri sintomi e segni.

La febbre è definita alta quando supera i 39 °C
I sintomi
Generalmente lo sviluppo della febbre viene suddiviso in tre fasi: la prima fase viene detta fase prodromica, la seconda viene denominata fase del fastigio (anche acme febbrile), mentre la terza viene definita fase di defervescenza.
Durante la fase prodromica (anche fase di ascesa) si innescano diverse reazioni che provocano un aumento della temperatura del corpo (brividi, vasocostrizione e stimolazione della ghiandola tiroide); in questa fase il soggetto prova una sensazione di freddo. Inizia in questa fase la produzione di prostaglandine.
Durante la fase del fastigio continua la produzione delle prostaglandine; diversamente dalla fase prodromica il soggetto prova una forte sensazione di caldo, la cute si arrossa e diventa più calda; si ha un aumento dei battiti cardiaci e della frequenza respiratoria; il soggetto prova agitazione e sono comuni cefalea e dolori muscolari.
La terza e ultima fase, quella di defervescenza, inizia con l’inattivazione della produzione delle prostaglandine; si attivano i meccanismi di abbassamento della temperatura (vasodilatazione e sudorazione); questa fase può essere più o meno lunga. Si parla di defervescenza per crisi quando il calo della temperatura corporea è rapido e di defervescenza per lisi se il calo febbrile avviene con gradualità.
La febbre viene distinta anche in base al suo andamento; si parla di febbre continua quando le variazioni nell’arco di una giornata non superano 1 °C; si ha febbre remittente quando la febbre cala di circa 1 °C e si hanno picchi più elevati nelle ore serali; la febbre intermittente è caratterizzata invece da picchi preceduti da defervescenza per crisi (è tipica delle malarie); si parla di febbre ondulante quando la febbre, ciclicamente, aumenta in modo graduale per poi, sempre gradualmente, diminuire. Si definisce infine febbre ricorrente quella caratterizzata da picchi e cadute di temperatura molto rapide; la febbre ricorrente è tipica delle fasi della crescita.
Misurare la febbre
È possibile misurare la temperatura corporea con un termometro per uso medico. La temperatura può essere misurata per via ascellare, per via orale, per via rettale, per via timpanica (con termometri specifici), per via inguinale e per via vaginale; gli ultimi due metodi sono raramente utilizzati. La temperatura presa per via rettale è di circa mezzo grado centigrado più elevata rispetto a quella presa per via ascellare. Anche la temperatura presa per via orale risulta più elevata rispetto a quella presa per via ascellare (circa 0,3 °C).
Fino a pochi anni fa, i termometri utilizzati per la misurazione della febbre erano quelli a mercurio; dal 2009, vista la tossicità di tale metallo, una direttiva della Comunità Europea ne ha bandita la commercializzazione. Adesso i termometri maggiormente utilizzati in ambito domestico sono i termometri al galinstan e quelli digitali; questi ultimi danno una risposta molto rapida, ma molti continuano avere dei dubbi sulla loro affidabilità; vista l’importanza di questo argomento gli abbiamo dedicato un articolo a parte: Termometro digitale: è affidabile?.
Le condizioni patologiche che causano la febbre
Sono innumerevoli le condizioni che possono originare la febbre, si va da quelle più banali, come un semplice raffreddore, a quelle molto gravi come diversi tipi di tumore.
Le più comuni cause sono le infezioni, sia quelle batteriche che quelle virali; anche forti traumi meccanici, le ustioni e le lesioni provocate da gravi patologie come l’infarto miocardico acuto o l’ictus cerebrale possono scatenare la febbre.
Esistono poi moltissime condizioni infiammatorie, a carattere acuto e cronico, che sono associate a rialzo febbrile.
Una curiosa forma di febbre è quella da dentizione; alcuni bambini, anche se non tutti, accusano un rialzo della temperatura quando iniziano a mettere alcuni dentini. La febbre da dentizione, comunque, non supera mai i 38-38,2 °C; rialzi superiori della temperatura vanno ricondotti ad altre cause.
Un caso particolare è poi la cosiddetta febbre reumatica, una patologia infiammatoria acuta generalizzata che può interessare diversi distretti corporei.
La febbre va trattata?
Non sempre; la febbre infatti è, fatti salvi casi particolari, una risposta difensiva del nostro organismo che ha lo scopo di combattere le infezioni, siano esse virali che batteriche; l’assunzione di medicinali ad attività antipiretica potrebbe essere, in alcuni casi, controproducente.
Ovviamente deve essere il medico curante a stabilire la corretta terapia, ma, in linea generale, possiamo affermare che l’utilizzo di farmaci antipiretici (i più noti sono il paracetamolo, l’acido acetilsalicilico e l’ibuprofene) dovrebbe essere riservato a quei casi in cui la temperatura corporea supera determinati limiti; negli adulti, salvo casi particolari e indicazione medica contraria, si dovrebbe ricorrere agli antifebbrili se la temperatura sale oltre i 39 °C; nei bambini il limite si abbassa a 38,5 °C se “sani”, mentre passa a 37,5° nel caso che si tratti di bambini con problemi di tipo neurologico o che hanno avuto in precedenza episodi di convulsioni febbrili.
Febbre e bambini: quando chiamare il pediatra?
Nel caso di bambini molto piccoli è opportuno rivolgersi al pediatra qualora si verifichino le seguenti condizioni:
- bambino con età inferiore ai 3 mesi e temperatura interna >38 °C
- bambino di età compresa tra i 3 e i 12 mesi e temperatura interna >39 °C
- bambino di età inferiore ai 2 anni e presenza di febbre da più di 24 ore
- bambino di età superiore ai 2 anni e febbre che persiste da almeno tre giorni.
Per approfondire: Febbre nei bambini.
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