Riportando i risultati delle proprietà di determinati cibi in ricerche scientifiche che riguardano la nostra salute, spesso si usa il trucco di utilizzare le percentuali relative anziché quelle assolute. Il trucco delle percentuali relative è anche usato per spingere l’uso di integratori, farmaci, sostanze varie: “il farmaco X ha ridotto del 30% il rischio di metastasi al polmone”; analizzando il dato assoluto, si scopre che il rischio è sceso dal 10% al 7%, interessante, ma non certo da premio Nobel, soprattutto se il farmaco in questione ha grossi effetti collaterali. Però parlare di una riduzione del 30% (relativa) è molto più d’impatto rispetto a dire che la riduzione è stata 3% (assoluta). Vediamo un altro esempio. Una ricerca studia un programma dimagrante su un campione di 12 soggetti con sovrappeso medio di 8 kg; il programma non funziona granché, ma non si può buttar via tutto il lavoro svolto. Allora la trovata geniale: ricorriamo alle percentuali relative!
Il dimagrimento in 6 mesi è stato di soli 0,8 kg. Detto così nessuno investirebbe nell’idea. Ma proviamo a metterla in questo modo: il programma in 6 mesi ha ridotto il sovrappeso del 10%. Chi ha letto le righe precedenti può ritenere che il dato è comunque deludente. Se però riflettiamo un attimo, capiamo che chi ha ricevuto solo l’informazione del 10% rischia di “capirla male” (mentre il dimagrimento di soli 800 g lo capiscono tutti!); c’è chi penserà che si dimagrisce del 10% (peso 90 kg, in sei mesi arrivo a 81) e aderirà entusiasticamente al programma!
Come scoprire il trucco delle percentuali relative?
Supponiamo di leggere il risultato di una ricerca che afferma che il consumo regolare di una certa verdura diminuisce la percentuale di cancro alla vescica del 27%. 27% è un dato numericamente molto bello, che resta impresso nelle nostre menti e promuove la ricerca e l’alimento. Purtroppo di ricerche come queste ce ne sono a centinaia, tant’è che dovremmo mangiare ogni giorno centinaia di alimenti con il rischio di andare in netto sovrappeso e di morire prima!
Analizziamo la nostra ricerca fittizia e cerchiamo di capire il trucco. I ricercatori hanno seguito, magari per diversi anni, due gruppi, il gruppo A che non assumeva l’alimento X e il gruppo B che invece lo assumeva regolarmente. Al termine della ricerca scoprono che nel gruppo B la frequenza del cancro alla vescica è inferiore del 27%. Ammesso che non ci siano altri trucchi statistici, la trasmissione psicologica del messaggio ne risulta esageratamente amplificata. Infatti, andiamo un po’ più in dettaglio e chiediamo altri numeri. Scopriamo per esempio che entrambi i campioni erano composti da 5.000 soggetti (un numero invero significativo per una ricerca, i cui numeri di solito sono decisamente minori); nel campione A si sono verificati nel periodo della ricerca (ripeto, anni) 24 casi di tumore alla vescica, mentre nel secondo 17. È vero che 17 è il 27% in meno di 24, ma è anche vero che il rischio assoluto è passato dallo 0,48% allo 0,34%. I ricercatori avrebbero potuto usare anche le percentuali assolute, dicendo che l’alimento X diminuisce il rischio assoluto di cancro alla vescica dello 0,14%. Converrete che è una percentuale irrisoria. Sul trucco delle percentuali relative si basano gli studi sulla demonizzazione del colesterolo che hanno posto le basi per un gigantesco abbaglio salutistico.
Ma c’è di peggio. Se voglio seguire gli effetti di un alimento X sulla popolazione e mi accingo a studiare due campioni di 200 persone per diversi anni, è ovvio che ottimizzo le mie energie se mi muovo su più fronti (cancro alla vescica, allo stomaco, all’intestino ecc.), tanto i dati li ho tutti. Volete che non trovi una patologia che nel campione di controllo è diminuita almeno del 25%? Il gioco è fatto: pubblico la ricerca dicendo che l’alimento X abbassa il rischio della patologia Y del 25%.
Con questo trucco è nato il mito degli omega 3 (sicuramente utili, ma sopravvalutati) che ha sostituito quello delle vitamine: gli eschimesi muoiono meno per patologie cardiache perché gli omega 3 ne proteggono il cuore. Peccato che si sia persa l’informazione che gli eschimesi hanno una più alta mortalità per emorragia cerebrale perché gli omega 3 rendono il loro sangue troppo fluido…

Riportando i risultati delle proprietà di determinati cibi in ricerche scientifiche che riguardano la nostra salute, spesso si usa il trucco di utilizzare le percentuali relative anziché quelle assolute.
Alcuni studi comparsi su Lancet già nel 1994 dimostrano che anche i medici sono più inclini a prescrivere un farmaco i cui risultati sono mostrati in termini di percentuali relative piuttosto che assolute.
Con un’analogia, nessuno di noi si limiterebbe a giudicare buono un affare in base al risparmio relativo perché potrebbe essere minore in assoluto dei fastidi e delle spese che devo sostenere per usufruire del risparmio. Dire che è un ottimo affare il risparmio del 10% su un capo comprato all’ingrosso a Milano piuttosto che in negozio a Pavia è scorretto. Infatti se il costo del capo è di 50 euro, “guadagno” solo 5 euro, decisamente meno del costo della benzina e del mio tempo per spostarmi nel “centro di risparmio”.
Purtroppo molte fonti riportano solo le percentuali relative (continuando nella nostra analogia è come se una persona vi dicesse: “compra un paio di scarpe da me, risparmi il 10%”, ma non vi dicesse il prezzo assoluto!): imparate a diffidare di chi non vi dà dati assoluti.
Indice materie – Medicina – Ricerca scientifica – Trucco delle percentuali relative