Il tumore alla tiroide è una patologia non particolarmente comune (1-2% di tutti i tumori)*; un tumore alla tiroide può essere benigno o maligno.
I tumori tiroidei benigni sono nella stragrande maggioranza dei casi degli adenomi che possono provocare ipertiroidismo o problemi da compressione meccanica a carico della trachea o dell’esofago.
Esistono molteplici classificazioni dei tumori alla tiroide, non tutte sovrapponibili; una molto pratica, relativa ai tumori tiroidei maligni è la seguente:
- carcinoma papillare
- carcinoma follicolare
- carcinoma a cellule di Hurthle
- carcinoma midollare
- carcinoma anaplastico.
Tumore alla tiroide – Cause
Non sono note le cause dell’insorgenza di un tumore alla tiroide; esistono però diversi fattori di rischio; tra questi si ricordano:
- radiazioni ionizzanti: l’esposizione a radiazioni ionizzanti, in particolar modo durante l’infanzia (il tipico caso è rappresentato dalla radioterapia alla testa o al collo) aumenta il rischio di contrarre un tumore alla tiroide; lo stesso può dirsi per l’esposizione accidentale (l’esplosione del reattore nucleare di Chernobyl del 1986 sembra confermare il dato).
- Carenza di iodio: questo argomento non convince tutti gli autori; tuttavia, sembra che l’incidenza del tumore alla tiroide sia più elevata nelle zone in cui si ha carenza di iodio.
- Familiarità: la familiarità sembra essere particolarmente importante solo in un tipo di tumore alla tiroide, il carcinoma midollare.
- Patologie autoimmuni della tiroide: esiste un’importante associazione fra la tiroidite di Hashimoto e il linfoma della tiroide.
La stragrande maggioranza dei tumori alla tiroide sono carcinomi papillari (dal 60 al 70% dei casi); questo tipo di neoplasia dà luogo, per lunghi periodi di tempo, a metastasi linfonodali a localizzazione limitata (generalmente ai soli linfonodi del collo); solo dopo molto tempo la neoplasia dà luogo a metastasi più lontane; la prognosi di questa forma di tumore alla tiroide è abbastanza buona, in particolar modo se al momento della diagnosi non vi è presenza di processi metastatici.
I carcinomi follicolari rappresentano circa il 15-20% dei tumori alla tiroide; le metastasi si diffondono generalmente per via ematica; le zone di metastatizzazione più interessate sono i polmoni, le ossa e il cervello. Di norma si manifestano come noduli solitari spesso dimensionalmente superiori rispetto ai carcinomi papillari.
I carcinomi a cellule di Hurthle sono considerati dalla stragrande maggioranza degli autori come una variante più aggressiva dei carcinomi follicolari; altri autori li considerano invece come patologie a sé stanti.
I carcinomi midollari originano dalle cellule parafollicolari della tiroide (anche cellule C); rappresentano circa il 3-5% dei tumori alla tiroide; possono metastatizzare sia per via ematica che per via linfatica (le sedi preferenziali di localizzazione delle metastasi sono i polmoni, le ossa e il fegato). Questa forma di tumore alla tiroide è generalmente di tipo sporadico (si parla appunto di carcinoma midollare sporadico), ma può anche avere carattere familiare; i casi a carattere familiare rappresentano le cosiddetta neoplasie endocrine multiple di tipo 2 (anche MEN 2, Multiple Endocrine Neoplasia).
I carcinomi midollari si presentano solitamente come noduli a sé stanti; in caso di metastasi diffuse possono verificarsi crisi vasomotorie, diarrea ecc. La prognosi varia a seconda che il carcinoma sia di tipo sporadico o di tipo familiare. I casi familiari rappresentano circa il 20% dei carcinomi midollari; nel caso venga diagnosticato un carcinoma di questo tipo è opportuno compiere accertamenti diagnostici anche sui familiari del paziente.
I carcinomi anaplastici costituiscono meno del 5% dei tumori tiroidei. Sono più frequenti in soggetti di età avanzata; fra le varie forme di tumore alla tiroide, il carcinoma anaplastico è quello che presenta la maggiore aggressività; cresce rapidamente e tende a invadere le strutture vicine (trachea, esofago e mediastino) provocando disfagia, disfonia, dispnea ed emorragie. La prognosi è spesso infausta, nella stragrande maggioranza dei casi la morte sopraggiunge dopo 6 mesi dalla diagnosi; i casi di sopravvivenza a 5 anni non arrivano al 5%.
Tumore alla tiroide – Sintomi e segni
La stragrande maggioranza dei tumori alla tiroide è priva di sintomi; spesso la scoperta di un tumore alla tiroide avviene casualmente durante l’esecuzione di esami tesi ad accertare l’eventuale presenza di altre patologie (TAC o RMN della colonna vertebrale o del torace, ecodoppler dei vasi carotidei ecc.); in altri casi il soggetto si accorge della presenza di una tumefazione a livello della regione anteriore del collo che si muove quando si deglutisce; in altri casi ancora si avverte la sensazione di oppressione a livello del collo.
Se il tumore alla tiroide è in fase avanzata i segni clinici possono essere più importanti (disfonia, disfagia e dispnea). All’analisi obiettiva il nodulo può avere una certa consistenza e margini irregolari; raramente dà dolore e generalmente è poco mobile rispetto ai piani sottostanti.
Diagnosi
La presenza di noduli tiroidei deve sempre essere approfondita dal momento che l’esame obiettivo non può fornire indicazione sulla loro benignità o malignità.
Il dosaggio del TSH e quello degli ormoni tiroidei non sono di aiuto perché essi, molto spesso, anche in presenza di un tumore alla tiroide, risultano nella norma.
Nemmeno il dosaggio degli autoanticorpi anti-tiroide e quello della tireoglobulina sono particolarmente utili. Un test spesso utilizzato, ma controverso, è il dosaggio della calcitonina, il marker del carcinoma midollare della tiroide; la concentrazione plasmatica della calcitonina è direttamente proporzionale alla massa del tumore alla tiroide; sfortunatamente è un test che presenta un alto numero di falsi positivi e molti autori lo considerano responsabile di numerose tiroidectomie non necessarie. Talvolta, con valori di calcitonina >10 pg/ml viene richiesta l’esecuzione di un ulteriore esame, il test di stimolo con pentagastrina.
Dal momento che gli esami di laboratorio non risultano essere particolarmente utili, gli esami più importanti per diagnosticare l’eventuale presenza di un tumore alla tiroide sono quelli strumentali, ovvero l’ecografia della tiroide e l’ago aspirato tiroideo.
L’ecografia della tiroide consente sia di evidenziare la presenza di noduli anche di dimensioni molto piccole sia le loro caratteristiche; tuttavia l’ecografia da sola non è in grado di discriminare fra benignità o malignità del nodulo e quindi, affinché si abbia la certezza della diagnosi, è necessario ricorrere all’esecuzione dell’ago aspirato tiroideo (anche FNA, Fine Needle Aspiration).
Tumore alla tiroide – Cura
In linea generale, la cura di un tumore alla tiroide consiste nell’asportazione totale dell’organo tiroideo (tiroidectomia totale). L’asportazione parziale (un solo lobo tiroideo) o la sola rimozione del nodulo tumorale non è mai consigliabile, questo perché la presenza di un residuo di tessuto tiroideo può:
- impedire la visualizzazione di focolai metastatici con la scintigrafia post-operatoria
- impedire l’utilizzo di tireoglobulina quale marker tumorale
- favorire l’espressione di focolai tumorali occulti.
A seconda dei casi può essere opportuna la somministrazione di radioiodio (terapia radiometabolica) allo scopo di eliminare sia l’eventuale tessuto residuo sia gli eventuali focolai metastatici. La terapia radiometabolica viene effettuata con lo iodio-131; tale terapia consiste nell’assunzione orale di una capsula. Questo tipo di trattamento è generalmente ben tollerato e, se necesario, può essere ripetuto più volte nel tempo. Gli effetti collaterali, ancorché rari, consistono in alterazione del gusto, infiammazione delle ghiandole salivari, disturbi di tipo gastrointestinale, lievi edemi loco-regionali ecc. In molti casi il trattamento provoca ipotiroidismo che viene generalmente trattato attraverso l’assunzione di levotiroxina.
Le forme più gravi di tumore alla tiroide -i carcinomi anaplastici- richiedono sia l’intervento chirurgico sia la terapia radiante. Queste tipologie di tumore alla tiroide, infatti, non rispondono né alla terapia radiometabolica né alla chemioterapia.
In linea generale i tumori tiroidei recidivano in circa un terzo dei casi; un terzo circa delle recidive tumorali si verifica entro dieci anni dall’intervento e di norma si tratta di recidive locali. Esistono però casi di recidive verificatisi decenni dopo (addirittura 40 anni dopo l’intervento), motivo per cui il follow up di un tumore alla tiroide dovrebbe durare per tutta la vita.
* Si stima che circa un terzo delle tiroidi esaminate in corso di autopsia presentino una forma neoplastica tiroidea non diagnosticata quando il soggetto era in vita. Ciò fa ritenere diversi autori che il tumore alla tiroide sia più frequente di quanto comunemente si pensa. Il motivo della mancata diagnosi potrebbe essere ascritto al fatto che moltissimi carcinomi tiroidei hanno una crescita lentissima e scarsa aggressività; essi quindi rimangono silenti e non danno alcun segno della loro presenza (carcinomi tiroidei occulti). Con ogni probabilità, visto il progressivo miglioramento delle tecniche diagnostiche, nei prossimi anni si assisterà a un aumento del numero di diagnosi di tumore alla tiroide.
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