Tumore al seno è un’espressione generica con la quale si fa riferimento a varie tipologie di tumori che colpiscono la mammella.
Esistono varie tipologie di tumore al seno e la loro classificazione può essere particolarmente complessa. Semplificando molto possiamo distinguere i tumori al seno in due grandi categorie: tumori del seno stromali e tumori del seno epiteliali.
Gli stromali (meno frequenti di quelli epiteliali) possono essere benigni (per esempio i fibroadenomi e i tumori filloidi di tipo benigno) oppure maligni (per esempio i tumori filloidi di tipo maligno o i sarcomi).
Anche i tumori del seno epiteliali, decisamente più frequenti di quelli stromali, possono essere benigni (per esempio l’adenoma del capezzolo o il papilloma intraduttale) oppure maligni.
I tumori epiteliali di tipo maligno possono essere a loro volta suddivisi in due grandi categorie: carcinomi in situ (carcinomi duttali in situ e carcinomi lobulari in situ; quest’ultima forma, più che una neoplasia è considerata come un’alterazione displastica) e carcinomi invasivi (per esempio i carcinomi duttali infiltranti non altrimenti specificati, i carcinomi lobulari invasivi, carcinomi mucinosi, carcinomi midollari ecc.).
Gli istotipi di tumore al seno più frequenti sono i carcinomi duttali e quelli lobulari; invero la terminologia non è del tutto propria, essa risale, infatti, ad alcuni decenni fa, quando si riteneva che alcune forme di carcinoma derivassero dai dotti principali e altre dai lobuli; in realtà, con il passare del tempo si è successivamente constatato che la gran parte dei carcinomi del seno insorgono nelle unità terminali dotto-lobulari e in seguito, a causa di meccanismi non ancora del tutto conosciuti, danno luogo a tumori di vario tipo che differiscono non solo morfologicamente, ma anche dal punto di vista del loro comportamento biologico.
Si stima che il tumore al seno colpisca una donna su otto nell’arco della vita; ciò lo rende la forma di cancro più frequente nelle donne rappresentando poco meno del 30% di tutte le neoplasie che interessano i soggetti di sesso femminile.
La gran parte dei tumori al seno è rappresentata dai carcinomi invasivi.
Cause e fattori di rischio del tumore al seno
Come nel caso di molti altri tipi di neoplasie, le cause del tumore al seno non sono note. Sono noti però diversi fattori di rischio; infatti, le moltissime ricerche effettuate su questa tipologia di cancro hanno messo in evidenza che la presenza di determinati fattori aumenta le sue probabilità di sviluppo.
Fra i vari fattori di rischio va senz’altro segnalata l’età; si è visto, infatti, che le probabilità di sviluppare un tumore al seno aumentano con l’avanzare dell’età (la maggior parte delle neoplasie della mammella si manifestano in soggetti che hanno oltrepassato i 50-55 anni); corrono un maggior rischio di contrarre un tumore al seno le donne che in passato hanno già contratto la malattia e quelle che la cui storia familiare presenta casi di tumore al seno; il rischio è inoltre maggiore se uno dei familiari ha sviluppato un tumore al seno in età inferiore ai 40 anni.
Un altro fattore di rischio è rappresentato dalla presenza nel seno di iperplasia atipica e carcinoma lobulare in sito.
Altro importante fattore di rischio è rappresentato dalla presenza di una mutazione a carico dei geni BRCA1 e BRCA2 (le donne con questa mutazione hanno un rischio di sviluppare un tumore al seno che va dal 60 all’87% circa).
Un leggero aumento del rischio di contrarre un tumore al seno lo si riscontra nelle donne che non hanno avuto figli e in quelle che li hanno avuti in età superiore ai 30 anni. Alcune ricerche mostrano che l’avere avuto diverse gravidanze ed essere rimaste incinta in giovane età può ridurre i rischi di tumore al seno.
Rientra fra i fattori di rischio anche l’andare in menopausa dopo i 55 anni di età.
Anche la razza sembra avere la sua importanza; il tumore al seno viene infatti più frequentemente riscontrato nelle donne di pelle bianca piuttosto che in quelle asiatiche o afro-americane.
Corrono un maggior rischio di contrarre un tumore al seno anche quelle donne che si sono sottoposte a sedute radioterapiche al torace; stesso discorso per tutte coloro che hanno effettuato un trattamento radioterapico per curare il linfoma di Hodgkin.
Altri fattori di rischio sono rappresentati dalla maggiore densità del seno (i seni femminili possono essere più densi o più adiposi), dal sovrappeso, dall’obesità, dal consumo di bevande alcoliche, dal vizio del fumo, dal non aver allattato al seno ecc.
Segni, sintomi, diagnosi e cure del tumore al seno
La scoperta di un tumore al seno avviene attraverso la rilevazione di masse palpabili (molte delle quali sono fortunatamente benigne) o di cambiamenti del seno (ispessimenti, gonfiori, increspature, secrezione, problemi ai capezzoli ecc.); la diagnosi viene fatta normalmente avvalendosi di una mammografia, un esame che se fatto periodicamente (anche in assenza di sintomi) può ridurre la mortalità del tumore di un 30%, permettendo un intervento in una fase precoce della patologia.
La cura più efficace resta la via chirurgica (mastectomia: totale nei casi più gravi con l’asportazione di tutta la mammella o parziale con l’asportazione delle zone interessate), la terapia radiante (per evitare recidive), la chemioterapia (per controllare le metastasi o per far regredire il tumore prima dell’intervento chirurgico), il blocco degli estrogeni (per evitare l’alimentazione del tumore da parte degli ormoni sessuali); relativamente ai farmaci estrogenici: queste molecole bloccano il legame tra gli estrogeni e i recettori presenti sulle cellule neoplastiche, evitando quindi la stimolazione del tumore. Le molecole principalmente utilizzate sono il tamoxifene, il raloxifene e il toremifene che peraltro sono in grado di esercitare un effetto protettivo sull’osso.

Ogni anno in Italia sono diagnosticati 55.500 nuovi casi di tumore al seno (55.000 nelle donne e 500 negli uomini).
La terapia con tamoxifene ha una durata di 5 anni perché non sembra che un prolungamento della cura possa fornire benefici ulteriori. Gli effetti sfavorevoli di questa terapia sono legati a un aumento dei rischi di sviluppare un tumore dell’endometrio e di trombo-embolia.
Prevenzione del tumore al seno
La prevenzione del tumore al seno si basa su un insieme di regole e indicazioni che hanno come scopo la riduzione della mortalità dovuta a questa malattia; grazie a una diagnosi precoce, è possibile identificare il tumore al seno nelle prime fasi della sua esistenza, in modo da applicare le cure oggi possibili e aumentare la percentuale di guarigione.
Considerando il dato relativo alla popolazione femminile (come si è detto, il tumore al seno colpisce, pur in percentuali bassissime, anche gli uomini), si scopre che il tumore al seno è il più diffuso tra tutti quelli che colpiscono le donne.
Come ha fatto notare la stessa WHO, le strategie di prevenzione per il tumore al seno sono decisamente meno efficaci rispetto a quelle (pap-test) per il tumore dell’utero, in quanto l’esame istologico del pap-test è in grado di identificare le cellule di forme pre-tumorali e quindi risulta efficace per identificare il tumore addirittura prima che si evolva nella forma maligna.
Per il tumore al seno invece, la prevenzione si basa sull’identificazione del tumore già presente, e quindi la sua efficacia è condizionata dai tempi della diagnosi e dalla sua tempestività.
Per quel che riguarda la prevenzione, inoltre, le varie organizzazioni della sanità dei vari Paesi e le fondazioni di ricerca danno indicazioni diverse, a volte anche contrastanti. Ecco le indicazioni principali che ogni donna dovrebbe tenere presente per costruire un piano di prevenzione personale:
- valutazione dei fattori di rischio
- fattori di diminuzione del rischio (protezione dal tumore al seno)
- esame di auto-palpazione
- esami clinici.
Analizziamo sinteticamente i sopracitati quattro punti.
Valutazione dei fattori di rischio – Come si può facilmente intuire dalla lettura del paragrafo Cause e fattori di rischio del tumore al seno, i fattori di rischio si dividono in fattori non modificabili e modificabili: tra i primi vi sono l’età (l’80% dei casi di tumore al seno sono relativi a donne con età superiore ai 50 anni) e la familiarità (presenza in famiglia di casi di tumore al seno).
Vale la pena ricordare che mentre la WHO intende per familiarità solo i parenti di primo grado (madre o sorella) la Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori (LILT) invece indica come familiarità anche i parenti di secondo grado (nonne, zie).
Altri fattori di rischio sono alcuni tipi di alterazioni genetiche (in particolare le modificazioni genetiche BRCA1 e BRCA2).
Tra i fattori di rischio modificabili ci sono sicuramente l’obesità (specie in età giovanile), il fumo e il periodo prolungato di fertilità (prima mestruazione precoce, menopausa tardiva, assenza di contraccezione ormonale).
Ogni donna dovrebbe conoscere i propri fattori di rischio non modificabili e ridurre o eliminare quelli modificabili (per esempio, smettere di fumare o controllare il peso corporeo).
Fattori di diminuzione del rischio (protezione dal tumore al seno) – Una gravidanza prima dei 30 anni di età è citata dalla LILT come un fattore in grado di ridurre il rischio di contrarre il tumore al seno. Uno studio di alcuni anni fa [1] citato anche dall’associazione internazionale Susan Komen Breast Cancer Foundation indica che l’esercizio fisico, anche blando (lo studio specifica 1,3 ore alla settimana!) riduce del 20% il rischio di contrarre il tumore al seno. La LILT indica addirittura una diminuzione del 40% del rischio (probabilmente associato a un esercizio fisico maggiore e/o più intenso?).
Lo studio di riferimento citato nel Journal of the National Cancer Institute [1] mette in evidenza però due aspetti: il guadagno è indipendente da altri fattori, quindi significa che è comunque presente, a prescindere dalla razza (è uno dei pochi studi che separa le statistiche per le donne di colore), dall’età, dall’indice IMC, dalla situazione ormonale (menopausa, terapia sostitutiva), dall’uso di contraccettivi orali, mentre tale guadagno si annulla nel caso di presenza di familiarità (di primo grado).
Esame di auto-palpazione – A partire dai 16-18 anni di età ogni donna dovrebbe effettuare l’auto-palpazione del seno una volta al mese, al termine del ciclo; questa semplice strategia consente di identificare noduli anomali da sottoporre a ulteriori analisi.
Questo esame, benché suggerito nella letteratura medica a partire dagli anni ’50 del XX secolo, si è affermato nelle campagne di prevenzione a partire dal 1990; purtroppo la percentuale delle donne sembra essere ancora piuttosto limitata. Peraltro, non basta effettuare l’analisi, ma occorre farlo in modo corretto (in due posizioni, sia in piedi sia sdraiate, secondo le indicazioni ampiamente standardizzate). La WHO indica, infatti, che alcuni studi suggerirebbero un’efficacia limitata dell’auto-palpazione, se condotta in modo non completo.
Uno studio cinese citato dalla WHO avrebbe addirittura dimostrato l’inefficacia di tale metodo. La discrepanza di tali studi è però legata ai differenti campioni di donne (variano molto da Paese a Paese) e all’impossibilità di avere un riscontro oggettivo dell’accuratezza dell’esame.
Pertanto risulta fondamentale praticare questa indagine in modo corretto, anche con l’aiuto di un controllo periodico di un medico specialista (ginecologo o senologo).
Esami clinici – I principali esami clinici sono: l’ecografia e la mammografia. La più evidente discrepanza tra le istruzioni di prevenzione fornite dai vari organismi che si occupano dell’argomento riguarda la frequenza con cui effettuare questi controlli.
Sono due esami complementari, nel senso che danno indicazioni diverse: l’ecografia evidenzia noduli solidi o liquidi (cisti) e permette di controllare i linfonodi, mentre lo scopo della mammografia è evidenziare le microcalcificazioni, primo indizio possibile di un tumore al seno (anche se, è doveroso precisarlo, esistono microcalcificazioni benigne).
La WHO dà indicazioni leggermente diverse rispetto a quelle che comunemente si trovano nelle campagne di prevenzione italiane e sulla stampa. In particolare, la WHO indica come frequenza ottimale per massimizzare i benefici, un controllo ogni due-tre anni, specificando che esiste un’efficacia limitata di prevenzione nella fascia di età tra i 40 e i 49 anni, mentre risulta importante (fino a una riduzione del 70% della mortalità) nella fascia d’età tra i 50 e i 59 anni.
Uno studio citato dalle indicazioni del WHO per la prevenzione (Shapiro, 1997) ha indicato una bassa capacità della mammografia di rilevare i tumori prima dei 50 anni, mentre uno studio canadese del 2000 (Miller et al.) ha addirittura affermato che la mammografia non ha aggiunto alcun vantaggio alla diagnosi precoce del tumore al seno.
Le indicazioni della LILT sono invece quelle di effettuare una mammografia ogni anno, a partire dai 40 anni di età. La WHO evidenzia però come possibile rischio indotto l’esposizione alle radiazioni della mammografia, specialmente in alcune popolazioni a rischio (donne già esposte a radiazioni per motivi terapeutici o a esplosioni radioattive). Inoltre sottolinea, paradossalmente, che l’efficacia del riscontro diagnostico della mammografia risulta più basso per le donne considerate a rischio per familiarità o alterazioni genetiche.
Ulteriori informazioni sono disponibili nel nostro articolo: Mammografia.
Un esame poco utilizzato è la risonanza magnetica), anche se alcuni studi sembrano aver messo in luce una maggior capacità di evidenziare i tumori rispetto alla mammografia. Tuttavia tali ricerche sono condotte su un numero troppo limitato di donne e non citano le ricadute degli effetti dell’uso della risonanza magnetica sugli indici di mortalità.
In caso di riscontro dubbio dell’ecografia e della mammografia, si può procedere a un prelievo del tessuto con un ago apposito (sotto la guida eventualmente dell’ecografo nel caso in cui il nodulo non sia palpabile e identificabile al tatto) e al successivo esame citologico, cioè l’indagine al microscopio per identificare il tipo di cellule.
Da notare che nel caso di ecografia e mammografia, risulta fondamentale rivolgersi a personale preparato e competente, non solo per evitare di trascurare indizi importanti ai fini di una diagnosi il più possibile precoce, ma anche per evitare che il medico prescriva ulteriori indagini inutili e invasive per ovviare alla mancanza di esperienza nella capacità di interpretare le immagini mediche.
Uomini e tumore al seno
Per quanto l’evenienza sia piuttosto rara, il tumore al seno può interessare anche il sesso maschile; anche negli uomini, infatti, sono presenti piccole quantità di tessuto mammario ed è appunto da quest’ultimo che si possono sviluppare processi neoplastici.
Il tumore al seno nei maschi colpisce generalmente soggetti di età superiore ai 60 anni circa, per quanto in letteratura esistano casi di soggetti in età molto giovane colpiti da questo tipo di neoplasia.
Cause e fattori di rischio – Come nel caso del tumore al seno nelle donne, le cause del tumore al seno negli uomini non sono note, ma sono stati identificati però vari fattori di rischio che possono contribuire alla comparsa della malattia e che sono legati a una maggiore esposizione a estrogeni; fra questi si ricordano:
- trattamento ormonale per la cura del tumore alla prostata
- operazioni per il cambiamento di sesso
- sindrome di Klinefelter (una patologia genetica che si caratterizza per la presenza di un cromosoma sessuale X in più nei soggetti di sesso maschile)
- obesità.
Un altro fattore di rischio per l’insorgenza di tumore al seno è rappresentato dal lavorare in ambienti particolarmente caldi (acciaierie, altiforni, alcune fabbriche metallurgiche ecc.). Sembra infatti che la permanenza continuativa in ambienti in cui la temperatura è costantemente elevata produca a lungo termine un danno testicolare che ha come conseguenza un aumento della produzione di estrogeni.
Stadiazione – La stadiazione del tumore al seno maschile va dallo stadio 1 allo stadio 4; al primo stadio la massa tumorale non supera i 2 cm di diametro e non si registra diffusione nei linfonodi ascellari; allo stadio 2 il tumore ha un diametro compreso tra i 2 e i 5 cm e può esserci diffusione ai linfonodi ascellari; allo stadio 3 le dimensioni del tumore hanno superato i 5 cm e si registra un interessamento linfonodale e dei tessuti circostanti; allo stadio più avanzato la neoplasia ha dato luogo a metastasi.
Un tumore al seno diagnosticato quando ancora si trova agli stadi iniziali presenta elevate possibilità di guarigione, mentre nel caso di un tumore al quarto stadio tali possibilità sono decisamente inferiori.
Clinica – Per quanto riguarda le manifestazioni cliniche, il segno più evidente di un tumore al seno nei maschi è rappresentato dalla presenza di un nodulo; altri segni e sintomi sono rappresentati da ulcerazione del capezzolo interessato, secrezioni liquide dal capezzolo e capezzolo che si ritrae. Nelle fasi più avanzate si osservano anche ingrossamento dei linfonodi del petto e di quelli ascellari, dolore al petto e dolori ossei (generalmente provocati dalle metastasi).
Accertamenti diagnostici – Nel caso si sospetti la presenza di un tumore al seno, oltre all’esame obiettivo sarà necessario eseguire altri accertamenti diagnostici (mammografia, ecografia, biopsia ecc.).
È importante, una volta diagnosticata la presenza del tumore, accertare determinate caratteristiche delle cellule neoplastiche (presenza o assenza di recettori ormonali, livelli della proteina HER2neu ecc.) allo scopo di scegliere la terapia più opportuna.
Trattamento – Le modalità di intervento sono diverse: chirurgia (l’intervento chirurgico – la mastectomia – consiste nella rimozione di seno e linfonodi ascellari), radioterapia (questa opzione viene utilizzata sia dopo l’esecuzione della mastectomia sia nel caso che il tumore sia inoperabile), terapia ormonale (si ricorre alla terapia ormonale nel caso in cui gli esami clinici abbiano evidenziato la presenza di recettori ormonali sulle pareti delle cellule neoplastiche).
Nel caso in cui sulle pareti cellulari non siano presenti i recettori per gli estrogeni si ricorre alla chemioterapia, opzione che può essere utilizzata anche dopo l’intervento chirurgico o nel caso di neoplasie inoperabili.
Dopo l’intervento chirurgico (o nel caso il tumore al seno sia inoperabile), in molti casi viene prescritta una terapia farmacologica; il farmaco attualmente più utilizzato è il tamoxifene, anche se esistono farmaci alternativi che vengono di solito prescritti se il soggetto non sopporta gli effetti collaterali del tamoxifene o se quest’ultimo non produce gli effetti sperati.
I tassi di sopravvivenza a cinque anni nel caso di tumore al seno maschile sono piuttosto elevati (vicini al 100% nel caso il tumore sia diagnosticato nelle sue fasi iniziali), mentre scendono drasticamente se il tumore ha dato origine a processi metastatici.
NOTA – In questo articolo si parla di prevenzione del tumore al seno perché questa è la terminologia correntemente usata. Si deve però rilevare la non razionalità dell’espressione “prevenzione del tumore al seno” correlato a una serie di tecniche e/o strategie che si limitano a ricercare il tumore nella sua fase iniziale (quindi non si può parlare di prevenzione perché il tumore c’è già). Sarebbe più corretto utilizzare la frase “prevenzione dei danni del tumore al seno”.
[1] Bernstein L, Patel AV, Ursin G et al. Lifetime Recreational Exercise Activity and Breast Cancer Risk Among Black Women and White Women. Journal of the National Cancer Institute. 2005;97:1671-9.
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